Letto: 1625 volte | Inserita: giovedì 14 aprile 2022 | Visitatore: Davide

In caso di separazione quali sono i criteri per determinare l'assegno di mantenimento dei figli?

La crisi del matrimonio tra i genitori provoca delle conseguenze nei confronti dei figli.
In generale, ogni figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle proprie capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni (articolo 315 bis del codice civile).

Per quanto riguarda gli aspetti economici, l’obbligo di mantenere i figli è previsto dall’articolo 30 della nostra Costituzione, il quale stabilisce che tutti i genitori, anche non coniugati, devono mantenere i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

In costanza di matrimonio, il mantenimento dei figli non è sottoposto a regole stringenti, bensì è rimesso alle possibilità economiche del singolo genitore.

Pertanto, in caso di scioglimento del nucleo familiare, la prassi più diffusa è che ciascun genitore provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Quindi, il genitore non collocatario (cioè colui che non abita con i figli) è tenuto a versare un assegno periodico per il mantenimento dei figli al genitore che li terrà, in via prevalente, presso di sé.

L’ammontare dell’assegno di mantenimento dei figli, se non c’è un accordo tra i genitori, viene quantificato dal Giudice nel rispetto del principio di proporzionalità e altresì considerando:
 
  1. le attuali esigenze del figlio;
  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori;
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Nell’importo dell’assegno di mantenimento si intendono comprese le spese ordinarie, cioè quelle spese destinate a soddisfare i bisogni quotidiani dei figli.

A queste spese, si aggiungono, poi, le spese straordinarie, la ripartizione delle quali viene determinata dal Giudice, in via percentuale, tenendo conto dei redditi delle parti. Quindi, laddove non ci sia eccessiva sproporzione tra i redditi dei coniugi e vi sia parità di tempi di frequentazione dei figli, queste spese vanno ripartite tra i coniugi nella misura del 50% ciascuno.

Il legislatore, tuttavia, non si è occupato di individuare i criteri per distinguere, oltre ogni ragionevole dubbio, le spese ordinarie dalle spese straordinarie, limitandosi a prevedere, in via generale, l’obbligo a carico dei genitori di mantenere i propri figli. Per questo, al fine di dirimere i contrasti sulla esatta definizione, si è reso necessario e indispensabile l’intervento della Corte di Cassazione (es. Cass. 17 gennaio 2018 n. 1070), secondo la quale sono spese straordinarie le spese caratterizzate da occasionalità, sporadicità, imprevedibilità, gravosità o voluttuarietà e che esulano dall’ordinario regime di vita dei figli.

Pertanto, nel silenzio del legislatore, il compito di dover sopperire ad alcune lacune normative è della giurisprudenza prima e dei Protocolli siglati dai vari Tribunali d’Italia dopo, nonché rimesso al buon senso e all’onestà delle parti nell’affrontare temi così delicati.
 

Risponde

DANIELA CAPUTO - Avvocato specializzato nel settore del diritto civile e in particolare nel diritto della persona e della famiglia.

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