Garriti, nidi giganti, danni alle colture: in Puglia è invasione di parrocchetti
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giovedì 27 novembre 2025
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di Isabella Dentamaro
Difficile del resto non accorgersi di loro, per via dei giganti nidi che costruiscono sulle conifere e per il loro “garrito”: il verso acuto e stridulo che li caratterizza. (Vedi video)
La loro presenza è diventata così massiccia da rendere necessaria un’attenta osservazione da parte degli esperti, anche perché questi uccelli, sempre più numerosi, hanno cominciato ad assaltare mandorli e alberi da frutto, causando ingenti danni alle coltivazioni del territorio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ne abbiamo parlato con il 40enne biologo Lorenzo Gaudiano, coordinatore tecnico scientifico del progetto “Strategie di monitoraggio e gestione del parrocchetto monaco” nato dalla collaborazione tra l’Università di Bari e la Regione Puglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Partiamo dall’inizio: che ci fanno i pappagalli in Puglia?
I parrocchetti sono da sempre tra le specie più richieste sul mercato degli animali da compagnia. Il loro successo nacque negli anni 70/80 con la seguitissima trasmissione “Portobello” di Enzo Tortora e negli anni in tanti hanno acquistato questi colorati volatili esotici capaci anche di imitare il suono della voce umana. Sono però uccelli che hanno parecchie esigenze e soprattutto emettono un verso non propriamente “musicale”: questo nel tempo ha portato diverse persone a disfarsene, lasciandoli volare liberi. I “liberati” così si sono aggiunti ai “fuggitivi” che in qualche modo avevano trovato il modo di scappare dalle gabbie dei salotti. Conclusione: i pappagalli hanno creato delle insediamenti naturali cominciando a colonizzare le aree verdi delle città pugliesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 2013 avevamo segnalato la presenza di parrocchetti sulle palme dei quartieri baresi di Palese e Santo Spirito. Negli ultimi dieci anni però questi uccelli si sono notevolmente diffusi. Pur non essendo autoctoni hanno quindi trovato nella Puglia un luogo adatto alla loro riproduzione?
Direi di sì. Anche se non è provato scientificamente, la sensazione è che gli inverni sempre meno rigidi abbiano reso più semplice la sopravvivenza di una specie abituata a temperature calde. A questo si aggiunge l’elevata capacità riproduttiva, superiore a quella di molti altri volatili, visto che i pappagalli possono procreare più volte durante l’anno. Tutti questi fattori hanno determinato una crescita esponenziale nei contesti urbani dove il cibo é facilmente disponibile grazie alla presenza dell’uomo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il vostro progetto di monitoraggio riguarda solo il parrocchetto monaco?
In realtà no. Le specie che stiamo studiando sono il parrocchetto monaco e il parrocchetto dal collare. Il primo è quello che comunque si è diffuso maggiormente. È originario del Sud America (Brasile, Argentina, Bolivia) e ha nidificato soprattutto nella Bassa Murgia e lungo la costa adriatica: da Manfredonia fino al Brindisino. L’altro proviene invece dall’Africa sud-sahariana e dal subcontinente indiano ed è presente solo in poche aree tra Bari, Brindisi e Taranto. Entrambi prediligono nidificare su pini e in generale conifere, che garantiscono maggiore stabilità e offrono protezione da eventuali predatori grazie all’altezza e alla chioma fitta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In che modo è possibile distinguere le due specie?
Il “monaco” ha un piumaggio verde chiaro, una zona grigia su petto e gola, è molto gregario e costruisce grandi nidi intrecciati di rami e cespugli. Quello “dal collare” ha invece un corpo e una coda più lunghi, è di color verde brillante e ha un sottile collarino nero. È meno gregario, sfrutta fori naturali o nidi di altre specie ed è più legato agli ambienti boschivi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Parlavamo di cibo: che cosa mangiano?
Si nutrono soprattutto di frutti, semi e germogli e apprezzano in modo particolare mandorle, melograni, fichi, albicocche e uva. E questa loro predilizione è un problema, visto che crescendo di numero hanno cominciato a depredare mandorleti e alberi da frutta causando ingenti danni ai produttori locali. Stanno anche creando problemi agli alberi in cui nidificano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In che modo?
Costruiscono nidi enormi, pesanti fino a 100 chili, in cui trovano spazio molte famiglie. Queste “dimore” imponenti possono però danneggiare gli alberi, causando un cedimento dei rami e l’indebolimento della pianta, con possibili rischi per la sicurezza. Anche i vivaisti si stanno lamentando della presenza dei parrocchetti: i rami delle loro conifere vengono spezzati per costruire i nidi o danneggiati dagli escrementi molto acidi e corrosivi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È vero che i pappagalli stanno “cacciando” gli altri uccelli dagli alberi?
I parrocchetti, molto gregari, occupano in grandi gruppi i siti di nidificazione e in alcuni casi sottraggono cibo a verdoni, passeri, cardellini e altri uccelli, costringendo i piccoli passeriformi a spostarsi per cercare luoghi più sicuri. Questo fenomeno potrebbe essere particormente problematico qualora i pappagalli si insediassero nei parchi nazionali del Gargano e della Murgia, dove la loro presenza rischierebbe di alterare gli equilibri naturali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma l’apparenza inganna: i parrocchetti sono tanto belli quanto invadenti. C’è un modo per limitare la loro presenza?
Diciamo subito che i parrocchetti non essendo specie autoctone non sono inserite nella catena alimentare, quindi non devono temere predatori naturali. Una strategia di contenimento potrebbe prevedere il “controllo numerico” con catture tramite reti (magari destinando alcuni esemplari agli zoo) e la rimozione dei nidi, così da limitare la nascita di nuovi esemplari e il mantenimento di una soglia di popolazione accettabile che non comprometta agricoltura e fauna autoctona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per segnalare i nidi dei parrocchetti si può compilare un modulo online.
(Vedi galleria fotografica)
Nel video i parrocchetti e i loro nidi sparsi per il territorio barese:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



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