di Giancarlo Liuzzi - foto Rafael La Perna

Menorah, catacombe, scritte sulla pietra: i resti della millenaria presenza ebraica a Bari
BARI – Sei lastre tombali, due ipogei ormai sepolti e un’iscrizione all’interno di un’abitazione privata. Queste sono le poche tracce rimaste della presenza ebraica a Bari, popolo che abitò il capoluogo pugliese per oltre un millennio fino alla sua espulsione avvenuta nel 1541. (Vedi foto galleria)

Di certo si sa che i giudei giunsero in Puglia come schiavi dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. ad opera dell’imperatore romano Tito e nel corso dei secoli trovarono casa a Otranto, Taranto, Trani e anche a Bari. Nel V secolo una loro comunità era stanziata nei pressi del cosiddetto Mons Iudeorum (Monte dei Giudei): una collinetta utilizzata a scopo funerario già in età romana posta nell’attuale quartiere Carrassi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1922 e nel 1923, durante gli scavi per la costruzione dei Villini postelegrafonici, furono scoperte due catacombe (che furono poco dopo interrate). La prima era situata all’incrocio tra le odierne corso Benedetto Croce e via Bottalico/via Volta e conteneva 13 tombe del VI-VII secolo scavate nella roccia con all’interno alcuni scheletri privi di corredi funebri. Qui fu recuperato un sepolcro a lastroni con una decorazione a “ramo stilizzato”, tutt’ora conservato nel Castello Normanno Svevo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Soltanto negli anni Ottanta lo studioso Cesare Colafemmina riuscì ad attribuire quelle sepolture al popolo ebraico riconoscendo nell’incisione in pietr la raffigurazione della menorah, il tradizionale candelabro a sette braccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’altro ipogeo fu rivenuto ad angolo tra le odierne via Meucci e via Re David. Grazie a una fotografia dell’epoca e alla relazione dell’ingegnere Pietro Giorgio (direttore dei lavori dell’impresa di costruzione) possiamo riuscire a descriverne l’interno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di forma quadrangolare e volta a botte, vi si accedeva dal fondo di un pozzo a campana. Sui muri erano presenti 11 arcosoli dove furono rinvenuti dei teschi e il corpo di una donna con una lunga veste fermata da una cintura, che si polverizzò non appena venne toccata. Sul pavimento invece si trovavano numerose tombe rettangolari che occupavano circa metà dell’ambiente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è in questo scavo, o in altri realizzati nello stesso periodo in quella zona, che vennero ritrovate anche alcune epigrafi funerarie esposte (dal 27 gennaio al 3 marzo 2024) all’interno di palazzo Simi in occasione della mostra “Frammenti di storia ebraica” organizzata dalla Sovrintendenza di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le lastre, datate tra l’VIII e il IX secolo e realizzate in calcare e argilla, riportano i nomi di personaggi importanti della comunità ebraica: Moseh ben Eliyyah (Mosè figlio di Elia), maestro della legge e poeta sinagogale, Eliyyah ben Moseh (Elia figlio di Mosè), “stratego” forse con competenza amministrativa e civile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutte presentano frasi commemorative e alcune la raffigurazione della menorah con piccoli puntini che rappresentano la Luce. Una di queste ha alla base due shofar, corni di ariete usati durante alcune celebrazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ultima, del VII secolo, è stata rinvenuta invece nel 1988 in via Foscolo, tra Ceglie del Campo e Carbonara, in un sepolcreto comprendente 21 tombe: è dedicata a un uomo As(ter) o una donna Ester.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra l’VIII e il IX secolo la comunità ebraica trovò alloggio nel centro storico: risiedeva in un ghetto che sorgeva tra l’attuale Cattedrale e la Basilica di San Nicola. Una “città nella città” dove vissero e operarono Elia ben Shemaiah, tra i maggiori poeti sinagogali dell'Italia meridionale e Mosè Kalfo, i cui insegnamenti sono riportanti nello Sefer he-‘Aruk, uno dei più importanti testi religiosi giudaici. Le principali scuole rabbiniche in Egitto, nel Magreb e in Spagna vantavano di avere avuto come maestri dei dotti ebrei baresi.


A questo periodo risale anche la costruzione di una sinagoga. Sorgeva alle spalle della Cattedrale, nell’area oggi occupata dal palazzo De Angelis Efrem, sul quale è affissa una lastra commemorativa che ne ricorda la posizione. Venne però demolita alla fine dell’XI secolo probabilmente da Sikelgaita, moglie del normanno Roberto il Guiscardo, che vi edificò al suo posto una chiesa dedicata ai santi Leone e Silvestro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nella seconda metà del 1200, sotto il dominio angioino, gli ebrei baresi subirono però una pesante persecuzione che costrinse molti di loro a convertirsi alla fede cattolica. Situazione che si placò soltanto nel 1309, con l’avvento al trono di Roberto d’Angiò detto il Saggio, che permise il ritorno al loro credo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In quegli anni venne anche restaurata la nuova sinagoga, costruita alla fine del 1200 a poca distanza dalla precedente. Sorgeva infatti tra le attuali strada San Gaetano e strada san Sabino dove, fino a qualche decennio fa, era ancora visibile il nome del tempio insieme a quello del santo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dell’edificio di culto, ormai scomparso, resterebbe soltanto un’iscrizione su un architrave, all’interno di in un palazzo situato in questo isolato, rinvenuta durante il restauro dell’edificio nel 1994. La scritta sulla lastra, che non siamo riusciti ancora a individuare, ricorderebbe proprio l’apertura di una finestra, avvenuta tra il 1313 e il 1314, durante i lavori di rifacimento della sinagoga.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Su strada san Sabino vi è anche un piccolo bassorilievo in pietra, posto su di un portone, raffigurante la Madonna tra due santi. Uno di questi è San Giovanni Battista, spesso rappresentato in luoghi frequentati da ebrei come monito a convertirsi mediante il battesimo e sarebbe, secondo alcuni storici, un ulteriore ricordo dell’antica giudecca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra il XIV e il XV secolo la comunità crebbe notevolmente con l’arrivo a Bari di ebrei da Francia, Germania e Spagna. Si dedicavano al commercio di tessuti, olio, frumento, mandorle e animali, oltre a svolgere attività di prestito di denaro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La conquista del regno di Napoli da parte degli spagnoli segnò però la fine del giudaismo nell'Italia meridionale. Nel 1510 Ferdinando il Cattolico ordinò una prima espulsione degli ebrei da tutte le province alla quale fece seguito, nel 1541, quella definitiva dell’imperatore Carlo V.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I giudei lasciarono così Bari e il loro quartiere venne demolito e occupato dal popolo barese nel corso dei secoli. Alcuni di loro si rifugiarono nelle campagne, nei pressi nel Mons Iudeorum, dove vissero almeno fino alla Seconda guerra mondiale. E, assieme a molti sfollati baresi, raggiunsero la periferia per sfuggire ai bombardamenti e alle persecuzioni trovando protezione in masserie e casali di ricchi possedienti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di questa millenaria storia non ci restano quindi che le lastre funerarie visibili quest’anno a Palazzo Simi. «Ma la nostra intenzione è quella di adibire un intero spazio dove poter esporre permanentemente questi reperti - promette Caterina Annese, funzionaria archeologa della Sovrintendenza -: perché l’importante passato ebraico di Bari non può essere dimenticato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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