di Marianna Colasanto

Dal liberty di Madonnella al grigiore di Enziteto: la storia delle case popolari di Bari
BARI – Ci sono quelle in stile liberty, altre che racchiudono degli accoglienti giardini e persino alcune che in passato sono state oggetto dei capricci di Mussolini. Parliamo delle case popolari di Bari, 36mila alloggi realizzati dagli inizi del 900 ad oggi: edifici che hanno caratterizzano profondamente la fisionomia dei quartieri della città.

La loro costruzione si deve allo Iacp, l'Istituto autonomo case popolari, l’ente pubblico creato nel 1903 con la legge Luzzati e attivato poi nel capoluogo pugliese tre anni dopo su impulso del sindaco Paolo Lembo. Prima di allora infatti l'emergenza abitativa nei confronti dei ceti meno abbienti era stata fronteggiata solo da alcune iniziative private e filantropiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma ecco la storia dei principali alloggi popolari del capoluogo pugliese, ripercorsa grazie alla pubblicazione “Cento anni IACP di Bari 1906-2006”. (Vedi anche foto galleria)

Dal 1906 al 1929 - Il primo gruppo a essere eretto in città fu il "Duca degli Abruzzi", ancora esistente  in piazza Diaz, nel quartiere Madonnella, di fronte alla “rotonda”. Il complesso, edificato tra il 1909 e il 1914, è costituito da una serie di palazzi a tre piani a cui ne verrà aggiunto un quarto nel Dopoguerra. Si tratta di immobili eleganti, concepiti in stile liberty, tanto che del loro ultimo restauro se n'è occupata la Soprintendenza. Sul tenue rosa delle sue pareti spiccano balconi in pietra e finestre sormontate da timpani grigi decorati: insomma qui di "popolare" sembra esserci solo il nome.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Arriviamo agli anni 20, quando a vedere la luce è il “gruppo Alluvionati”, pensato per offrire un riparo ai cittadini rimasti senza casa dopo la tragica alluvione del 6 novembre. Prese corpo nel rione Libertà, nell’attuale zona del Redentore, tra via Nicolai, via Martiri d'Otranto, via Don Bosco e e via Libertà, di fronte alla Manifattura Tabacchi. Sopra ciascun portale d'ingresso del quadrilatero un'iscrizione ricorda il disastroso evento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio accanto agli “alluvionati”, negli stessi anni, viene poi innalzato il gruppo Garibaldi. Si presenta composto da due palazzi gemelli, entrambi "divisi" architettonicamente a metà: i primi due livelli, di colore marrone, rispettano i dettami dell'architettura fascista e gli ultimi tre, dipinti di rosa, presentano chiari tratti liberty.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine un complesso praticamente uguale al Garibaldi viene aperto nel 1928 al quartiere San Pasquale: è il gruppo Toti, massiccio edificio di cinque piani "incastrato" tra via dei Mille, via de Deo, via Nizza e via Lattanzio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli anni 30 – In questo decennio lo stile liberty viene abbandonato. Nella zona del Tribunale del rione Libertà, nasce tra il 1932 e il 1934 il gruppo Crispi, insieme di fabbricati dalla forma curva e dai colori giallo e rosso che si affacciano sull'omonima via. Come si evince dalla scritta presente sulle strutture, qui ha anche avuto sede lo Iacp.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1936 invece in via Buozzi, nell’attuale rione Stanic, si inaugura il gruppo Gondar, contraddistinto dalla presenza al suo interno di alberi secolari, seguito l'anno dopo dallo squadrato gruppo San Nicola, ubicato a Bari Vecchia di fronte all’entrata del porto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli anni 40 – All’inizio degli anni 40 in viale Orazio Flacco spunta il gruppo Ciano, quello dalla genesi più strampalata. Viste dall'alto, le costruzioni che lo compongono comprese tra via Flacco, via Zuccaro, via Petrera e via Gorjux, formano la scritta "Cian", senza la "o" finale. Il Duce infatti ordinò che la conformazione del complesso dovesse comporre la scritta "Ciano", ovvero il cognome del genero Galeazzo, ma i rapporti tra i due si incrinarono prima del completamento delle case. Ecco spiegata la mancanza dell'ultima vocale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Nel 1947 sorge poi il gruppo Petroni, mucchio di piccole palazzine senza balconi adagiate sull'omonima via, tra il quartiere Picone e il rione Carrassi. Lo stesso anno in cui a Mungivacca viene approntato il gruppo Borgata operai, sequenza di bassi edifici a due piani progettati per fornire un alloggio ai dipendenti di alcune aziende.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli anni 50 e 60 Negli anni del “boom” l'opera dello Iacp prosegue per colmare il deficit abitativo, badando però sempre meno all'estetica. Alla fine degli anni 50 viene avviata l’urbanizzazione di San Girolamo, rione affacciato sul mare e fino ad allora frequentato perlopiù da pescatori. A sorgere sono una serie di colorate ma molto semplici costruzioni a quattro livelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nello stesso periodo viene aperto in via Giustino Fortunato, di fronte al Campus universitario, il “villaggio” della zona di San Marcello, attualmente interessata da un Pirp che porterà si spera alla sua riqualificazione. Poco più a sud, all'altezza di via Fanelli, vedrà invece la sua realizzazione il gruppo Vigna Laura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi il grande quartiere San Paolo. La nascita del Cep fu decisa alla fine degli anni 50, anche se le prime case videro la luce solo negli anni 60. Da quel momento si ebbe un grande sviluppo di quest’area della città, che però già all’epoca si presentò come avulsa dal contesto cittadino e priva di molti servizi essenziali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un destino altrettanto difficile per gli occupanti della "zona 45" realizzata all’inizio degli anni 70 in un’area del quartiere Japigia che diventerà nei decenni successivi la principale piazza di spaccio di eroina del Mezzogiorno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fanno eccezione al grigiore generale gli immobili posizionati a Poggiofranco, dalle parti della piazzetta dei Papi, tra via Concilio Vaticano II e via Saverio Lioce. Da queste parti l'aspetto cromatico è decisamente più curato, con facciate vivaci che insistono su giardini curatissimi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anni 70 e anni 80 - Con il passare degli anni la ricerca dell’”inclusione” che aveva caratterizzato le prime abitazioni popolari viene definitivamente abbandonata. Vedono la luce complessi periferici completamente estranei rispetto al centro urbano, come gli alti e grigi casermoni senza balconi di Loseto o i palazzi di Carbonara 2 (poi ribattezzato “quartiere Santa Rita"), situato a ridosso della Cava di Maso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli anni 80 sono anche il decennio della nascita di Enziteto, poi chiamato San Pio, zona dormitorio e feudo della malavita: un luogo così staccato dalla vita barese da far dimenticare ai residenti stessi di essere a Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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