di Ilaria Palumbo

Bari, l'antica e desolata strada Deserto: rifiuti e siringhe tra chiese e masserie
BARI – Antiche vie puntellate da ipogei, masserie e chiese rurali, ma che oggi si distinguono solo per degrado e abbandono. È il triste destino delle strade vicinali di Bari, importanti e tortuose arterie che attraversando la campagna collegano la periferia al centro cittadino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ne è un esempio strada San Giorgio Martire, invasa dai rifiuti nonostante ospiti al suo interno una splendida chiesetta medievale purtroppo anch’essa vilipesa e dimenticata. E non è da meno per spreco di cultura e storia l’adiacente strada privata Deserto, lì dove sopravvivono i resti di un’omonima cappella e di una masseria fortificata, diventati però nel tempo ritrovo di tossicodipendenti, vagabondi e assassini. (Vedi video)

Il nome “deserto” deriva dal fatto che agli inizi dell’anno Mille (quando fu aperta l’arteria) l’ambiente che la circondava assomigliava a una vera e propria landa desolata. Anche se in realtà dopo dieci secoli la zona sembra aver addirittura peggiorato la sua condizione e quindi il termine appare oggi, purtroppo, ancora ben calzante. 

Siamo andati a visitare questa vecchia via che si distende nelle campagne del quartiere Stanic, correndo parallela al Canale Lamasinata per poi sfociare dopo un chilometro in strada San Giorgio Martire. (Vedi foto galleria)

Per raggiungerla basta imboccare via Bruno Buozzi: dirigendosi in direzione Modugno la strada appare sulla sinistra, quasi nascosta da un’officina gialla. Il primo tratto, dominato da grandi capannoni, appare in buone condizioni: tra l’altro dopo 150 metri devia costeggiando mandorli in fiore e uliveti curati da un anziano contadino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma proseguendo la via si restinge e viene delimitata da alti muri, curvando attorno ad un’enorme azienda di autotrasporti. Poco dopo però ritrova respiro e approda nei pressi di un grande terreno inselvatichito, proprio lì dove si erge la chiesa di Santa Maria del Deserto.

Si tratta di una delle sette antiche chiese rurali di Bari, la cui esistenza è attestata da un documento del 1256. Oggi però la sua conformazione è cambiata ed è il risultato di un ampliamento del corpo di fabbrica avvenuto nel XVII secolo. All’epoca l’edificio religioso fu inglobato in una masseria residenziale, perdendo così quasi del tutto le evidenti fattezze di una cappella, il cui ricordo è mantenuto esclusivamente dall’abside semicircolare che fa capolino sul retro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La struttura si presenta a pianta rettangolare, in pietra tufacea color ocra, completamente circondata da un’alta e salda recinzione che ne impedisce l’accesso. L’ingresso risulta murato. «E’ da due anni che masseria e chiesa sono inaccessibili – ci spiega l’esperto del territorio Nicola De Toma -, da quando Carletto, un vagabondo che viveva all’interno, fu ritrovato morto per overdose. Da allora i proprietari hanno deciso di chiudere tutte le entrate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Sappiamo comunque (attraverso il libro e le foto di Antonella Calderazzi “L’architettura rurale in Puglia: le masserie”) che la cappella è a navata unica e che nella cavità del transetto è custodito un affresco greco-bizantino raffigurante la Vergine con Bambino, avvolta da un mantello azzurro e dipinta su uno sfondo rosso scuro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un peccato non riuscire ad ammirare gli interni della chiesa, anche se probabilmente viste le condizioni in cui si trova la zona, non si poteva far altro che murare il tutto. La strada infatti appare come una vera e propria discarica a cielo aperto, con l’asfalto e il terreno circostanti interamente ricoperti da rifiuti di ogni genere. Sul campo alle spalle della chiesa compaiono tra l’altro una grande sfilza di frigoriferi e, paradossalmente, dei bidoni dell’indifferenziata ribaltati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«E questo è niente – avverte De Toma -. Tempo fa qui fu abbandonato il cadavere di un ragazzo ucciso a Enziteto. E persino l’ipogeo che si trova di fronte alla chiesa, oggi nascosto e ricoperto dall’erba selvatica e sommerso dall’immondizia, in passato è stato usato per la macellazione clandestina degli animali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ciò che più colpisce è sicuramente la montagna di scaffali in legno e la fila di pneumatici che si dilunga dalla chiesetta per parecchi metri, bloccando la strada proprio nel punto in cui dovrebbe sfociare in via San Giorgio Martire. Qui tra l’altro si trova un altro edificio storico: una settecentesca masseria fortificata, ormai ridotta a rudere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Facendo attenzione a dove mettiamo i piedi tentiamo di raggiungere la struttura a base rettangolare che si sviluppa su due piani. Approdiamo sul retro e ci ritroviamo in un piccolo giardino decadente invaso da un groviglio di rami secchi, un tempo forse un cortile o un agrumeto. Tutt’attorno sopravvivono  i resti di un muro di cinta che si apre con un pericolante arco a tutto sesto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Riusciamo a entrare nella masseria, visto che il portone in legno che proteggeva l’interno da ospiti indesiderati è stato spazzato via. Il piano inferiore, che ricorda una stalla, è abbandonato e visibilmente vandalizzato e non proseguiamo oltre, visto il preoccupante e pericoloso tappeto di siringhe che ricopre il pavimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In alto la struttura è coronata da una massiccia torre fortificata su cui tuttavia è impossibile salire. Da giù però notiamo una feritoia presente al livello superiore, attraverso cui si intravede un alto albero. Una maestosa pianta è quindi riuscita a crescere fra queste mura, unico sprazzo di vita nel “deserto” che la circonda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)

Nel video (di Gianni De Bartolo) il nostro viaggio nell’abbandonata strada privata Deserto:


 


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Ilaria Palumbo
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