di Salvatore Schirone

La chiesa di San Vito a Torre Tresca: lì dove per anni sorse la "baraccopoli" di Bari
BARI - Chiunque arrivi a Bari percorrendo la tangenziale in direzione sud, dopo aver superato l’uscita per Picone, non può fare a meno di scorgerla, isolata e ben visibile in mezzo al vasto e desolato campo incolto ricoperto da detriti e rifiuti. Parliamo della bianca chiesetta chiamata da molti con il nome di “chiesa di San Vito”, ultimo ricordo di una zona, quella di Torre Tresca, che ha visto negli anni ospitare campi di prigionia, profughi e gente senza una casa. (Vedi foto galleria)

Attualmente l'unico modo per raggiungere l'area della chiesetta è percorrere in auto fino in fondo strada Torre Tresca, la via che costeggia la chiesa di Santa Fara. Giunti al ponticello che scavalca il Canale Picone, anziché proseguire verso lo Stadio di San Nicola, imbocchiamo la stradina a sinistra che affianca la tratta sopraelevata della Ferrovia Bari-Bitritto: una via oggi senza uscita ma che un tempo arrivava fino a Carbonara. È a metà strada che scorgiamo la nostra chiesa. (Vedi video)

Lasciamo l'auto e ci avventuriamo a piedi per un sentiero impervio, coperto da folta vegetazione, tra detriti edili e grossi pannelli di amianto, tentando di avvicinarci il più possibile alla facciata della chiesa. Ci rendiamo subito conto infatti che l'edificio è abbracciato interamente da un alto muro perimetrale che comprende buona parte del terreno circostante. Questa recinzione è stata costruita nel 2007 dopo l'acquisto dell'area da parte dal Corpo Forestale dello Stato, che avrebbe dovuto edificarvi la sua nuova sede unica provinciale e sulla quale sarebbe pure dovuto sorgere il Cnr. Progetti che sono rimasti solo sulla carta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La recinzione è l'ultimo atto di un processo inesorabile di oblìo di un importante luogo della memoria barese. «Torre Tresca nasce come campo di prigionia fascista nel maggio 1941, per diventare dopo il 1943 campo di transito per profughi e accogliere infine dal 1948 fino alla fine degli anni Sessanta le baracche di sfollati baresi, soprattutto abitanti della città vecchia che avevano perso la casa». Con queste poche battute, Vito Antonio Leuzzi, storico dell'antifascismo ci fornisce le coordinate temporali che racchiudono la nascita e lo sviluppo di questo triangolo di terra compresa tra la tangenziale e l'asse nord-sud di via Tatarella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci fermiamo allora ad ascoltare le pietre che calpestiamo. Raccontano storie di dolori e sangue: come quella di una fuga finita male. Era il 30 novembre 1941. Torre Tresca era la sede del campo di prigionia n. 075 del IX corpo d'Armata del Regio Esercito. Due ufficiali inglesi, il capitano George Playne e il tenente Roy Roston Cooke, cercano di evadere, ma vengono fermati. I due ufficiali tentano di nuovo la fuga, ma questa volta il generale Nicola Bellomo, comandante del campo, ordina il fuoco. Il capitano viene ucciso, mentre il tenente rimane ferito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una storia che costerà all’italiano la fucilazione, l'11 settembre del 1945. Una morte che lascerà sgomenti italiani e alleati che nei giorni immediatamente successivi all'armistizio avevano esaltato Bellomo come un grande eroe per aver salvato Bari e il suo porto dai tedeschi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dopo l’armistizio, le forze alleate, dismesso il campo di prigionia che aveva accolto oltre 4mila soldati, lo trasformarono in campo di transito per migliaia di internati e profughi rientrati dai vari fronti in guerra. «Questo fu uno dei primi campi di transito del capoluogo pugliese - ci assicura Leuzzi - prima che tutto fosse trasferito nell’enorme campo di Palese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma la migrazione verso Torre Tresca non si fermò neanche dopo il 1948. Con il tacito consenso del ministero dell’Interno, la zona si andò pian piano popolando di nuovi "deportati": i cittadini di Bari vecchia rimasti senza casa per via delle guerra migrarono infatti proprio lì. I trasferimenti cessarono solamente con la nascita, negli anni Sessanta, del nuovo quartiere periferico di San Paolo. Tutti allora abbandonarono le baracche fatiscenti di Torre Tresca per trasferirsi nei più accoglienti e moderni appartamenti delle case popolari del “Cep”. 

Poi arrivarono le ruspe che cancellarono definitivamente la baraccopoli di Torre Tresca, in vista  dei lavori di allargamento della tangenziale. La chiesetta fu però lasciata lì.  Ma da chi fu fatta erigere la chiesa e quando? Ce lo spiega padre Lorenzo Invidia, un frate cappuccino che opera ora a Santa Fara.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ero ancora diacono nel 1959 – ricorda - quando accettai di iniziare la mia esperienza pastorale proprio a Torre Tresca, tra la gente più povera di Bari. Ricordo la gioiosa accoglienza riservataci da persone bisognose di tutto. All'epoca non c'era nessuna chiesa, celebravamo in una baracca». La prima comunità cristiana di Torre Tresca fu affidata prima a don Carlo Fasano e poi a padre Ambrogio da Giovinazzo. «Fu proprio padre Ambrogio a volere dare ai baraccati una chiesa dignitosa - continua don Lorenzo -: riuscì a ottenere il permesso e l'aiuto economico dal Comune e nel 1960 l’edificio fu costruito».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una chiesetta semplice, composta da un unico vano rettangolare a volta piana, senza decorazioni: solo l'altare e l'essenziale per celebrare. Fu attiva fino al 1967: l'anno successivo il quartiere fu cancellato e la chiesa abbandonata. Oggi ci appare come un guscio vuoto: il portale e le finestre privi di infissi, sembrano occhi di un fantasma che si libra nel vuoto di una terra desolata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci rimettiamo in auto e andiamo via. Ripercorriamo strada Torre Tresca, poi svoltiamo su via Bellomo. Appunto "via Generale Bellomo": c’è solo una briciola toponomastica a rievocare la grande storia di questo angolo della città che la frenetica urbanizzazione va lentamente ingoiando. Ma per il momento la chiesetta di San Vito (continuiamo a chiamarla così, benché non sia stata mai definitivamente consacrata e dedicata), resiste nel tempo, testimone silenzioso di una triste pagina dello sviluppo storico di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Il video (di Carlo Gelardi) della nostra escursione a Torre Tresca con vista in 3D (con Mappe di Apple) della chiesetta di San Vito:


 


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  • Carmelo Piccolo - Leggervi è un piacere: sempre documentati e precisi! Con le nuove tecnologie state continuando a scrivere la storia di Bari.
  • BARINEDITA - Grazie Carmelo. Ci stiamo provando! Saluti


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