Bitritto, la storia dell'82enne Peppino: il "fabbro artista" che crea sculture in ferro battuto
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martedì 7 giugno 2022
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di Mattia Petrosino - foto Francesco De Leo
Quando entriamo veniamo avvolti in uno scuro ambiente dal forte odore di metallo che trasuda di storia e tradizione. Notiamo antichi banchi da lavoro, pareti su cui vi sono appesi cacciaviti, pinze e lime di ogni tipo e scaffali da cui pendono martelli di svariate dimensioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ed è proprio qui che ci accoglie il baffuto Peppino, in camicia e pantaloncini, circondato dai suoi affascinanti manufatti, tra i quali riconosciamo subito un cactus e un pappagallo. «Loro sono i più anzianotti – esordisce l’82enne –: li ho prodotti all’inizio della mia carriera da “fabbro artista”, nel lontano 1966».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il signore afferma di aver ereditato la sua passione dal padre Paolo. «Devo tutto a lui – spiega –. Faceva il maniscalco e mi ha insegnato la lavorazione del ferro e non solo, visto che oltre a realizzare i rivestimenti degli zoccoli dei cavalli, si dilettava in piccole creazioni. E io, dopo aver intrapreso il mestiere del fabbro, ho deciso di seguire le sue orme, andando anche oltre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sì perché le opere di Peppino possono definirsi vere e proprie sculture che l’uomo è riuscito anche a esporre in giro per l’Italia. Impossibile non notare ad esempio gli splendidi pavoni, uno con la coda chiusa e l’altro con la coda aperta a ruota. «Li ho concepiti in due momenti diversi – dichiara –: il primo è stato forgiato negli anni 60, quando non avevo mai visto l’animale dal vivo ma soltanto su un’enciclopedia. Il secondo invece l’ho fatto nel 1980 e mi ha permesso di togliermi parecchie soddisfazioni, tra cui quella di essere invitato a una mostra a Firenze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quattro anni fa il suo paese gli ha poi reso omaggio con un’esposizione all’interno del Castello. De Filippis ci fa vedere la locandina dell’evento assieme alle foto di lui all’interno del museo. Tra i pezzi presentati, anche il pappagallo ammirato prima. «Ho avuto grosse difficoltà nel finirlo – ammette –. Ci ho messo settimane e settimane perché ogni penna necessitava di centinaia di martellate. Il risultato però mi rende ancora oggi orgoglioso».
Il maestro ci mostra anche la testa di un cane che raffigura Stella, la sua amica a quattro zampe, oltre a una serie di rappresentazioni di piante, tra cui un fico d’india e un albero di limone. «Ma quella a cui sono più legato è sicuramente il carrubo – sottolinea – perché mia madre, durante il povero periodo della guerra, lo utilizzava come dolce da preparare a noi bambini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tutti manufatti questi, che ha forgiato solo avvalendosi di incudine, martello e tenaglia: strumenti antichissimi risalenti a secoli fa, tramandati di generazione in generazione. «È tutto ciò che serve – ci spiega –. Una volta accesa una fucina, faccio arroventare il ferro a una temperatura di 1800 gradi circa. Non appena la lamiera inizia a essere malleabile, con l’aiuto della tenaglia la sposto sull’incudine per poi battere con il martello sino alla forma desiderata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un lavoro tutto manuale. Notiamo infatti i neri polpastrelli delle dita consumate di Peppino, quelle che da 75 anni non si sono mai fermate. «In realtà dai primi del 2000 sono in pensione – ci svela –, ma solo come fabbro, perché un vero scultore non smette mai di sorprendere il pubblico con la sua arte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
Foto di
Francesco De Leo
Francesco De Leo
I commenti
- Diego Molinari - Complimenti ! Maestro, l'"oggi" vive grazie a Voi.