La storia della scuola Corridoni: dal 1939 punto di riferimento per la comunità di Bari Vecchia
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venerdì 19 dicembre 2025
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di Giancarlo Liuzzi - foto Paola Grimaldi
La scuola (dell’infanzia e primaria), fa parte dell’Istituto Comprensivo Umberto I-San Nicola che include anche la Piccinni in via Carducci e la San Nicola in Largo Papa Urbano II, per un totale di circa 650 alunni. Siamo andati a visitarla (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo dunque in largo San Sabino, alle spalle della Cattedrale di Bari: un piazzale da tempo adibito a parcheggio e occupato da strabordanti bidoni dell’immondizia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oltre le auto si staglia il bianco prospetto della Corridoni, il cui aspetto imperioso rimanda subito alla sua epoca di costruzione. Fu infatti innalzata durante il Fascismo, nel vivo dei lavori di risanamento di Bari vecchia. E tra le opere da realizzare, all’epoca fu prevista anche una scuola che potesse accogliere tutti i tantissimi bambini del quartiere, sparsi in diversi istituti della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 1932 il Comune di Bari affidò il progetto all’architetto Pietro Maria Favia ma l’edificio fu completato soltanto nel 1938. Per costruirlo infatti si dovette prima demolire un intero isolato di palazzine che sorgevano nell’area.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Durante le distruzioni furono però rase al suolo antiche abitazioni medievali, forse una parte dell’antica Sinagoga del Ghetto ebraico e la chiesa e conservatorio Madonna della Pietà, di cui resta soltanto un arco alle spalle dell’edificio scolastico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’istituto, inaugurato il 10 settembre del 1939, fu intitolato al giornalista e politico interventista Filippo Corridoni, morto giovanissimo nel 1915 durante la terza battaglia dell'Isonzo della Prima guerra mondiale. E da quel giorno è diventato tappa obbligatoria per l’istruzione dei tanti bambini del centro storico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il mio primo giorno alla Corridoni è stato il 1° ottobre del 1962 – ci racconta l’oggi 69enne Giuseppe Lorusso -. Io e i miei compagni avevamo tutti il grembiule nero, il fiocco blu e la cartellina di cartone». «C'era anche la mensa e la distribuzione delle scarpe alle famiglie più bisognose», ricorda il coetaneo Giuseppe Petruzzelli.
Ma eccoci ai piedi dell’edificio. Si innalza su due livelli più un seminterrato contraddistinto da uno zoccolo basamentale a bugne. Sulla destra della facciata è presente un doppio ordine di arcate a sesto pieno, strombate al pianterreno. Chiude il prospetto un cornicione sorretto da mensole e un torrino con loggia ad archi che reinterpreta le forme classiche e romaniche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Su questo lato si trova anche la lapide a Filippo Corridoni. «Il ritratto bronzeo è firmato dallo scultore molfettese Giulio Cozzoli, allievo di Filippo Cifariello – spiega l’architetto Simone De Bartolo -. Raffigura Corridoni a mezzorilievo con accanto l’epigrafe che ricorda il suo eroismo in guerra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Originariamente sulla lapide vi erano anche tre fasci littori (come possiamo osservare in una foto d’epoca): furono rimossi nel periodo postbellico, quando fu abrasa anche la scure del massiccio fascio ancora presente a ridosso dell’ingresso dell’edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo ora sul lato sinistro e poi alle spalle dell’immobile, dove ritroviamo finestre ad arco al primo livello e squadrate su quello superiore. Dopo qualche passo giungiamo ai piedi di un alto arco, con sovrastante costruzione, che “collega” la Corridoni all’adiacente biblioteca De Gemmis. Si tratta dell’unico elemento salvatosi dalla distruzione del conservatorio Madonna di Pietà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Su di esso notiamo una finestra dentellata, con architrave a bugne diamantate, contraddistinta da una fine colonnina. Costeggiando il perimetro della scuola torniamo in largo San Sabino e raggiungiamo il portone in legno di ingresso dell’edificio, introdotto da una piccola scalinata circolare. Più in alto invece, oltre il nome della scuola, scorgiamo sei portafiaccole in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Accedendo all’androne veniamo subito attratti da alcuni colorati dipinti che emergono sui muri laterali, al di sotto dell’intonaco ocra. Si tratta di disegni realizzati durante la costruzione dell’edificio dal pittore Guido Prayer che rimandano all’antica Roma e al Fascismo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Rappresentano carte geografiche: a destra riconosciamo infatti la Turchia, l’Arabia, l’Oceano Indiano e il continente Africano. «È la raffigurazione dell’Impero romano al tempo di Traiano, come recita la legenda affiancata da tre fasci littori – sottolinea De Bartolo -. Sul muro di sinistra doveva esserci invece l’Impero di Mussolini, come intuibile dalle poche tracce visibili: su questo lato infatti si vedono soltanto Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, e una parte dell’Oceano Indiano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I decori furono portati alla luce dalla Soprintendenza circa 20 anni fa. I lavori non proseguirono, ma è lecito pensare che tutto l’androne un tempo doveva essere dipinto, così come altri ambienti dell’edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Vorremmo restaurare questi dipinti che andrebbero a impreziosire la nostra scuola e, chissà, scoprirne altri nascosti», dichiara la preside Antonella Accettura. «Mio padre, che ha frequentato questo istituto da piccolo, ricorda ad esempio l’immagine di un uomo con un giavellotto, non più visibile», sottolinea Rossella Mauro, esperta di Bari Vecchia che da tempo si occupa di progetti didattici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Accediamo ora all’atrio dell’istituto, proseguendo a sinistra su un corridoio dove vi sono ancora le originali porte in legno, sovrastate da targhette dorate. Sulle pareti invece notiamo vari cartelloni con foto d’epoca, testi e disegni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Li hanno realizzati i bambini durante alcuni progetti di ricerca – spiega Rossella -. Abbiamo consultato l’Archivio di Stato di Bari e quello della scuola per ricostruire la storia di Corridoni e dell’istituto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Leggendo le didascalie apprendiamo che nel 1943 l’edificio fu requisito dalle forze anglo-americane come alloggio per 250 manovali del porto. La scuola tornò attiva soltanto nel gennaio del 1946, a conflitto concluso. Nel 1956 invece, data la numerosa affluenza di alunni, fu progettata una sopraelevazione della struttura che non fu però realizzata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo qualche passo entriamo in un vano scala sulla destra dove scoviamo un altro dipinto raffigurante una muratura grigia. In alto intravediamo la scritta “ORTE”, certamente parte di una frase più lunga.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo sui nostri passi e, tramite una scala, scendiamo al piano inferiore. Visitiamo delle stanze che conservano l’originale pavimento d’epoca, dove sono accatastati decine di banchi e antiche lavagne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una porta in metallo dà accesso invece a un lungo corridoio: le pareti dell’ambiente, e dei vani adiacenti, sono interamente occupate da lunghi scaffali con centinaia di faldoni. Le cartelle conservano testi, statistiche, registri scolastici e soprattutto i nomi delle migliaia di bambini che hanno studiato tra queste mura. Preziosi documenti che raccontano la lunga storia della “barivecchiana” Filippo Corridoni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita

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