di Giancarlo Liuzzi - foto Francesco De Leo

Sinuose balconate, antiche edicole, affreschi nascosti: è il sorprendente Palazzo d'Amelj
BARI – La sua elegante balconata barocca e l’imponente edicola religiosa presente sulla facciata balzano agli occhi di tutti i passanti, ma sono i particolari interni a rivelare numerosi e sorprendenti tesori nascosti. È questo il ritratto del settecentesco Palazzo D’Amelj, imponente immobile che sorge all’inizio di strada Palazzo di Città, nel cuore di Bari vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’antica struttura custodisce infatti una piccola cappella adornata, colorati affreschi che sbucano da strati di intonaco, archi in pietra e androni con eleganti stucchi. Il tutto però, purtroppo, in precario stato di conservazione generale. (Vedi foto galleria)

Per raggiungere l’edificio partiamo dalla centrale piazza Mercantile svoltiamo a destra e da qui ci incamminiamo su strada Palazzo di Città, via in cui si trovano la maggior parte dei palazzi nobiliari del centro storico. Dopo 50 metri ci imbattiamo in un piccolo slargo dove notiamo, di fronte a noi, la sinuosa balconata laterale di palazzo D’Amelj che condivide la visuale con l’adiacente prospetto della chiesa di Sant’Anna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il particolare ballatoio è sorretto da massicci mensoloni al secondo dei tre livelli che compongono la bianca facciata. Si contraddistingue per l’andamento curvilineo e per la ringhiera in ferro con eleganti decorazioni geometriche, vegetali e floreali, che lo rendendo unico in tutta Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora sulla sinistra dove svetta il prospetto principale del massiccio immobile, lungo oltre 30 metri, caratterizzato al piano terra da vari locali commerciali. Alzando lo sguardo, sui due livelli sovrastanti, i muri scrostati e malconci e i cavi elettrici sparsi qua e là non rendono certo giustizia alla secolare bellezza dello stabile. 

Sulla facciata si possono però individuare i segni del suo lontano passato. Sul paramento in pietra a vista si riconoscono archi ribassati e finestre tompagnati su comparti murari di diverse epoche. Il palazzo, oggi suddiviso in differenti appartamenti, sorge infatti sui resti di antichi edifici medievali uniti nel corso dei secoli che hanno assunto l’attuale aspetto soltanto nel Settecento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In quegli anni divenne proprietà della famiglia D’Amelj, casata di origine francese giunta nel Regno di Napoli nel XIII secolo e stanziatasi successivamente a Bari. Fu il capostipite Salvatore D’Amelj a comprare lo stabile acquisendo successivamente anche il sontuoso maniero di Binetto che ancora oggi ne porta il nome.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’immobile barese fu così restaurato con l’aggiunta dei decori “barocchi” tra cui l’elegante balconata laterale e la sontuosa edicola della Madonna del Lume, opera del pittore Nicola De Filippis, trasportata qui nel 1767 dalla vicina chiesa del Gesù a seguito dello scioglimento dell’ordine dei gesuiti. Questa fa tutt’oggi bella mostra di sé, protetta da una catena in ferro e da una vetrata, sul lato sinistro dell’ingresso del palazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


L’imponente tabernacolo, di circa 3 metri di lunghezza, si trova addossato al prospetto del palazzo con il quale è raccordato tramite una cornice modanata sovrastata da un frontone triangolare con una croce in ferro. Il dipinto raffigura la Vergine circondata da angeli tra i quali uno in ginocchio alla sua destra che, tenendo in mano un cestino pieno di cuori, li porge a Gesù bambino sorretto in braccio dalla madre.

Ci spostiamo infine davanti all’ingresso costituito da un ampio portone in legno circoscritto in un portale ad arco centinato con paraste e doppia fascia di bugne. In alto notiamo una sbiadita scritta nera che riporta le vecchie suddivisioni catastali della città.

Non ci resta che entrare. L’accoglienza non è delle migliori: ci ritroviamo infatti in un cupo e malconcio androne a volta con muri scrostati e differenti strati di intonaci grigi, ocra e azzurri. Alla nostra destra è presente un varco laterale murato, sulla sinistra invece un arco tufaceo sorretto da colonnine doriche con basamenti decorati conduce al vano scala.

Superati i primi gradini e alzando lo sguardo possiamo scoprire la prima meraviglia del palazzo: un ampio finestrone illumina lo stupefacente soffitto rettangolare impreziosito da stucchi e delimitato da una cornice perimetrale. Degli archetti speculari presenti negli angoli formano un elegante comparto decorativo che si completa al centro con una successione concentrica di modanature.

Continuiamo a salire le scale e, superata una variopinta serie di cassette postali, raggiungiamo il primo piano, ritrovandoci in uno spazioso ambiente con varie porte e finestre dal quale si snodano scale e corridoi che conducono ai differenti appartamenti.

Ed è proprio qui che scoviamo la vera chicca nascosta dell’edificio. Il nostro sguardo viene infatti catturato da un cancelletto marrone in legno che dà accesso a una piccola cappella votiva anticamente dedicata alla Madonna della Neve per via dell’immagine un tempo presente all’interno.

Il tempietto è introdotto da un frontone in tufo curvilineo finemente decorato purtroppo sbriciolato in più parti. Al centro è riconoscibile un cartiglio in pietra raffigurante due fronde con in mezzo un libro con una fiamma in copertina. L’interno del piccolo vano, illuminato da due finestre ovali e da una lampadina, presenta gravi segni di deterioramento e necessiterebbe di un urgente restauro. I pesanti strati di vernice bianca mostrano comunque gli antichi e ricchissimi decori che ci lasciano incantati: ripetute cornici con intricati fregi geometrici e vegetali sono presenti nelle minute arcate laterale che poggiano su fini colonnine squadrate e sul soffitto.
 
Al centro il grazioso altare in legno, ricco di immaginette sacre e vasetti di fiori, esibisce nella base eleganti elementi ricolorati nel tempo con toni rosso, verde e dorato coperti da una bianca tovaglia ricamata. Sovrasta l’altare un dipinto della Madonna del Rosario il quale, seppur rovinato in più punti, conserva un particolare e misterioso fascino.

Lasciandoci la cappella sulla destra e spostandoci sulla sinistra, notiamo in alto due antichi archetti in pietra, resti dei secolari edifici che compongono il fabbricato.

Mentre percorrendo un corridoio, tra brutali scritte sui muri e parti sverniciate, riusciamo a scorgere con stupore gli originali affreschi che abbellivano i vani dell’edificio. Fasce floreali, cornici e colorati mazzi di fiori dipinti a tempera sbucano di tanto in tanto lungo tutto l’ambiente. Questo fa supporre che al di sotto dei numerosi strati di intonaco siano ancora conservati intatti gli originali decori.

Infine attraverso un portoncino in ferro saliamo una ripida scala che ci porta al secondo piano, lì dove attraverso una finestra riusciamo a godere di un’inedita visuale di Sant’Anna, chiesa che da secoli vive in simbiosi con il sorprendente, imponente e malridotto palazzo D’Amelj.

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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