di Armando Moncelli - foto Francesco De Leo

La storia di Palo del Colle, dalle origini greche alla pittoresca piazza Santa Croce
PALO DEL COLLE – Un paese che si erge su un'altura di 177 metri, custode di chiese, palazzi nobiliari e leggendarie reliquie. È Palo del Colle, millenaria cittadina situata tra i comuni di Bitonto e Bitetto le cui origini vengono fatte risalire nientemeno che agli eredi dell’eroe Ercole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Indiscusso fulcro del centro storico è piazza Santa Croce, che sorge sul punto più alto della collina e deve il suo nome al patrono locale: la reliquia conosciuta come Santissimo Crocifisso di Auricarro. Il pittoresco slargo, dalla forma di un trapezio e il pavimento ricoperto di chianche bianche, è circondato da antichi edifici, tranne sul lato meridionale dove si apre su una piccola scalinata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sul suo perimetro si affacciano i monumenti più importanti di Palo. Partendo da sinistra vediamo la medievale chiesa matrice, il Palazzo del Principe, la barocca chiesa del Purgatorio e il Palazzo della Mura. (Vedi foto galleria)

È qui che facciamo la conoscenza di Gaetano Racanelli e Franco Bari, rispettivamente membro del direttivo e presidente della Pro Loco, nonché del 24enne Pasquale Catacchio, nostro cicerone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cominciamo la visita dalla chiesa matrice intitolata a Santa Maria la Porta, precedente patrona del paese, il cui nome è legato a una tavola bizantina un tempo posta appunto su una delle porte d’ingresso del centro. La struttura fu realizzata nel XII secolo, mentre nel Cinquecento venne rimaneggiata per volere della regina Bona Sforza, duchessa di Palo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dalla nostra posizione è possibile ammirare il campanile, alto 49 metri, simpaticamente chiamato dai palesi “u spiàun” perché dalla sua sommità “spia” tutto il paese e il territorio circostante. Per raggiungere l’ingresso del tempio camminiamo per pochi passi su via della Minerva raggiungendo la vicina piazza omonima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La bianca facciata di stile romanico pugliese presenta un grande rosone centrale sul quale campeggia la scultura di Giuditta con la testa di Oloferne. Sotto, invece, una scultura di Ercole si batte con un mostro marino e un leone, simboli delle 12 fatiche. «Secondo la leggenda Palo è stata fondata da coloni greci, tant’è che il suo motto è Herculea proles, ovvero “la stirpe di Ercole”», evidenzia Catacchio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nella fascia inferiore, sul portale trionfale, troneggia infine la statua della Madonna della Porta affiancata da due angeli. Entriamo e ci dirigiamo verso la navata sinistra dove una teca ospita un grande manichino ligneo della Madonna scolpito nell’800 da Francesco Citarelli, realizzatore di molte opere disseminate tra i grandi beni culturali di Napoli.

Più in fondo, in una cappella, è invece conservato il Ss. Crocifisso di Auricarro, portato in processione il 3 maggio di ogni anno. Si tramanda infatti che proprio in quel giorno di molti secoli fa il manufatto, ritrovato da due contadini, abbia messo fine a una lunga siccità provocando un acquazzone miracoloso.

Ci spostiamo quindi verso il presbiterio, dove sorge un grande altare marmoreo donato nel 1787 dal principe Gianbattista Filomarino della Rocca, signore del paese, il cui stemma nobiliare fu posto sotto l’arco che divide la navata centrale da quella di destra. Sopra la cattedra sono poggiati la tavola ritraente la Madonna della Porta (forse la stessa citata precedentemente) e un dipinto sei-settecentesco raffigurante il medesimo soggetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La cripta, attualmente chiusa al pubblico per lavori, conserva un altare laminato in oro e argento, alcune reliquie dei martiri d’Otranto e le spoglie di Santa Damaride provenienti dalle catacombe di Sant’Ippolito a Roma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo sulla piazza, questa volta per ammirare il maestoso “Palazzo del Principe”, ovvero la dimora del già citato Filomarino della Rocca. La facciata neoclassica incorpora i resti di un vecchio castello costruito nel 1255 per volere dall’imperatore Federico II di Svevia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il suo nome è però legato al signore di Palo, che nel 1774 avviò la trasformazione della fortezza nell’edificio che vediamo oggi. I lavori vennero portati avanti anche dal figlio Giacomo ma mai del tutto completati a causa dell’abolizione del feudalesimo agli inizi dell’800.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una linea marcapiano divide il palazzo in due parti mentre le lesene lo scandiscono in cinque sezioni. Sul grande portone è affisso lo stemma dei Filomarino sormontato da un angelo che regge un cartiglio con su scritto sat unus. Immediatamente sotto, un altro elemento decorativo sembra rappresentare una clessidra con i simboli dello zodiaco. Oggi il palazzo è chiuso al pubblico, i suoi spazi interni sono utilizzati come abitazioni, locali privati e sedi di attività commerciali e ricreative.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E nonostante i resti dell’antico castello non siano più visibili dall’esterno, all’interno della sede della Pro Loco, situata in una delle due strutture adiacenti al palazzo, è ancora possibile ammirare una piccola parte delle mura così come dovevano presentarsi prima del rifacimento settecentesco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Lasciando l’edificio alla nostra sinistra ci poniamo verso l’altro lato della piazza, dove si erge la Chiesa del Purgatorio. Costruita tra il 1669 e i primi anni del Settecento, sulla facciata di colore giallo presenta macabri decori e iscrizioni che richiamano altri templi simili del barese come quelli di Modugno e Bitonto e Monopoli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sopra il portone una scultura raffigura delle anime purganti e l’Arcangelo Michele che le conduce in Paradiso. Poco più su trova posto una meridiana del 1880. Nella fascia superiore San Rocco, la Madonna Immacolata e San Vito occupano ciascuno una nicchia, mentre sulla sommità è inserito un orologio del 1962. Sul lato sinistro si innalza il campanile del 1754.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proseguiamo la nostra visita all’interno. Sull’altare maggiore campeggia una raffigurazione della Vergine Maria, ma il “pezzo forte” si scopre guardando il soffitto, che sfoggia un affresco della “Gloria di Cristo” opera di Vitantonio De Filippis attorniata da statue dei quattro angeli dell’Apocalisse che rendono la visione più spettacolare. «La scenaci informa il nostro ciceronericorda una porzione del dipinto di Carlo Rosa nella Basilica di San Nicola di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In una saletta troviamo poi una statua dell’Immacolata in cartapesta leccese, realizzata da Giuseppe Manzo nel 1893 e restaurata nel 1950. La vergine è rappresentata con lo sguardo assorto, circondata da due angeli. Ai suoi piedi sono ritratti il serpente schiacciato e una falce di luna, simboli legati alla Madonna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciamo dalla stanza e ci dirigiamo verso il portale centrale, che sui pannelli di legno conserva i contorni a motivi dorati di un disegno ormai sbiadito. Attraverso una stretta e polverosa scala a chiocciola saliamo quindi sulla cantoria che lo sovrasta, dove è ospitato un imponente organo settecentesco in attesa di restauro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Concludiamo il nostro viaggio portandoci verso il quattrocentesco Palazzo della Mura, chiamato così perché un tempo proprietà della ricca famiglia omonima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La facciata presenta quattro ingressi sormontati da altrettante finestre con balconi mentre al centro della fascia superiore due archetti sono divisi da una colonnina. L’ingresso principale sfoggia un bassorilievo con un leone, simbolo della famiglia De Leone a cui l’edificio è appartenuto. La struttura non è visitabile, ma da qualche anno è stata affidata al centro parrocchiale.

Salutiamo così la piazza di Palo, centro nevralgico di una cittadina che, dall’alto del proprio Colle, continua a raccontare la sua storia millenaria.

(Vedi galleria fotografica)


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