Antiche lanterne e meravigliosi panorami: visita al Faro di Bari, il "guardiano del mare"
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giovedì 27 maggio 2021
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di Giancarlo Liuzzi e Marco Montrone - foto Antonio Caradonna
Siamo andati a visitare questo simbolo della città “sul mare” e il nostro viaggio si è trasformato in una vera e propria esperienza. Con entusiasmo siamo saliti sulla sua cima, scalando i 380 gradini che ci hanno condotto prima al cospetto della fiera lanterna e poi davanti a un panorama che è lecito definire unico. (Vedi foto galleria)
L’ingresso del Faro San Cataldo è situato in via Tripoli 19. Qui si apre un cancello in ferro che conduce in un cortile su cui si staglia una palazzina bianca a due piani che regge la torre ottagonale. Con il naso all’insù ne ammiriamo la leggiadra elevatezza, scandita da un serie di finestrelle poste verticalmente: ce ne sono sei dal lato terra e sei dalla parte del mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A coronare l’edificio si trova un piccolo terrazzino che circonda l’alloggio della lanterna. Quest’ultimo è protetto da uno spesso vetro di cristallo e sovrastato da un tetto che comprende sculture di teste di leone che fungono da scoli per l’acqua piovana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La gestione e manutenzione del San Cataldo è responsabilità del Marifari di Taranto, che controlla non solo la Puglia ma anche l’Abruzzo, il Molise, la Basilicata e la Calabria. «Il servizio dei fari e del segnalamento marittimo è affidato dal 1911 alla Marina Militare – spiega Tommaso Dangelico, responsabile dell’ente -. Le sei strutture territoriali presenti in Italia fanno capo direttamente al comando logistico che si trova a Napoli, il quale è retto da un capitano di vascello».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alla base della torre è infatti affissa una targa della Marina, che ci dà il benvenuto all’interno della costruzione. Superato un ingresso dove trovano posto fotografie e bandiere, ci dirigiamo nell’ufficio di Gaetano Serafino, il guardiano del faro che in questo luogo non solo lavora ma vive assieme alla sua famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La stanza pare un vero museo, con immagini, articoli di giornale, manuali, strumenti d’epoca e antiche lampade di segnalazione. Sorridente e seduto alla sua scrivania, l’uomo ci racconta la sua vita da “farista” (vedi video).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«L’esatta dicitura adesso è “assistente tecnico nautico” – afferma -: io lo sono diventato nel 1978 e nel 1987 ho preso il posto di mio padre a Bari, che era qui dal 1970. L’anno prossimo però andrò in pensione e verrò sostituito da un’altra persona. Anche se ormai è tutto automatizzato c’è infatti sempre la necessità di una presenza fisica che controlli e intervenga in caso di malfunzionamenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Serafino ci fornisce una notizia di cui non eravamo a conoscenza. Poco tempo fa, dopo attente misurazioni, è stato scoperto che il faro del capoluogo pugliese è il terzo per altezza in Italia (e non il quarto come si pensava). Viene dopo quello di Genova e Trieste, ma prima della torre di Vasto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma è ora arrivato il momento di salire. Attraverso un piccolo arco abbiamo accesso alle scale a chiocciola che conducono alla cima. Ci facciamo coraggio e iniziamo ad “arrampicarci” sui 380 gradini della torre, segnalati di 50 in 50 da una serie di numerini scritti sulle pareti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un tempo i guardiani dovevano fare questo viaggio ogni giorno. «Fino al 1980 – spiega Gaetano - la lampada superiore ruotava grazie a un meccanismo che, come l’ingranaggio di un orologio a pendolo, faceva scendere il peso lungo la colonna fino al pavimento del piano terra. Era poi il farista a dover riavvolgere manualmente il cavo per farlo ripartire il giorno seguente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Finite le scale, ci ritroviamo proprio davanti al contrappeso, ormai bloccato, attaccato a un gancio. Ci inerpichiamo ora su una scala verticale in metallo: porta all’interno di un secondo ambiente. Ospita il meccanismo a ruote dentate che, azionato oggi da un piccolo motore, serve ancora per la rotazione della luce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La nostra salita non finisce però qui: ci attende un’altra scaletta che conduce nel vano dove si trova l’affascinante lanterna. Ci guardiamo intorno: siamo circondati da vetri di cristallo che ci isolano completamente dall’esterno. Nonostante il vento e l’altezza non entra un filo d’aria e fa anche parecchio caldo.
Ed eccola la lampada, cuore pulsante del faro. Un impianto in ottone e bronzo verde costruito dalla ditta francese Barbier Benard et Turenne e composto da grandi “lenti di Fresnel” frazionate in anelli concentrici. Tale sistema permette di trasformare la luce continua ed omnidirezionale della sorgente in segnali intermittenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le lenti custodiscono al centro una lampadina alogena da 1000 watt da cui tutto nasce. Sembra paradossale che sia questo minuto oggetto a dar vita al bagliore che si estende per decine di chilometri verso il mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Prima del 1987 la lanterna era alimentata a gas: almeno una volta l'anno si doveva portare su una bombola di acetilene del peso di 60 chili», aggiunge Gaetano, mentre eccezionalmente accende per noi il faro in anticipo azionando con una leva il meccanismo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La struttura inizia così lentamente a ruotare. Restiamo ansiosi in attesa del primo bagliore: ma dopo qualche minuto finalmente parte la frequenza luminosa. Dura in tutto 20 secondi: tre lampi da 0,2 secondi, intervallati da un doppio periodo di buio di 3,8 e un terzo più lungo di 11,8. È questa la segnalazione che scorgono i naviganti fino a 24 miglia nautiche (circa 45 chilometri) nel buio del loro viaggio mentre giungono in città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma le meraviglie non finiscono qui: è arrivato il momento di assistere allo spettacolo che si gode da qui su. Una porticina conduce infatti al terrazzino che circonda la torre, dal quale possiamo ammirare Bari e il suo mare, quasi fossimo in volo su di essi.
A sud lo sguardo si posa sui palazzi del quartiere Marconi, l’Arena della Vittoria e le ciminiere delle antiche industrie. A est ecco che si allarga il grande Porto, con le sue navi, i suoi moli, il Cus con le barche attraccate, l’ansa di Marisabella e sullo sfondo lo skyline del centro storico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A nord c’è solo l’Adriatico, con il suo blu intenso, che ritroviamo spostandoci verso ovest. Qui gli occhi si perdono sulla sottostante penisola di San Cataldo, che poi via via lascia spazio alla Fiera, alla spiaggia di San Francesco, al waterfront di San Girolamo, sino ad arrivare alla punta estrema rappresentata dalla città di Giovinazzo. E in fondo, verso sud-ovest, si riesce persino a scorgere Castel del Monte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il tutto mentre il sole volge al tramonto, lasciando così spazio al bagliore del faro, l’indiscusso guardiano del mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Nel video (di Gianni De Bartolo) la nostra visita al Faro San Cataldo di Bari:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- fiorella - Grazie per questo bellissimo articolo. Ho invidiato molto il redattore e chi ha potuto ammirare questa meraviglia, che esercita sempre un grande fascino in chi lo guarda da lontano. Immagino come sarà stato bello ammirarlo da vicino e soprattutto dall'interno. Pur abitando a Bari non ho mai avuto questa possibilità. Spero di riuscire a visitarlo almeno dall'esterno. Complimenti per questo spettacolo inedito.
- Vito Petino - L'OCCHIO ROSSO Era l'anno 49 quando zio Angelo e zia Marietta ebbero casa popolare alla II traversa Orazio Flacco, oggi via Petrera; la prima è quella che costeggia il Villaggio del fanciullo, a quel tempo ancora da edificare, dunque la veduta verso il mare non era impedita, affacciandosi alle finestre dei piani alti di quelle case. E quante masserie che contornavano le campagne nei dintorni, dove ogni mattina all'alba con zia Marietta andavamo a comprare latte appena munto. In pratica via Orazio Flacco finiva alle case popolari come zona residenziale. Ci dormivo ogni tanto dagli zii. Abitavano nell'ultima palazzina chiusa a ferro di cavallo, quella che nelle intenzioni dei maledetti fascisti doveva essere la n (enne) vista dall'alto, nell'ultimo portone, all'ultimo piano. Ricordo con profondo dispiacere proprio una notte di agosto del 49. Non avevo ancora 5 anni ed era nata da qualche giorno la nostra unica sorella. Zia Marietta era a casa a dare una mano. Poiché casa nostra di via Carulli era piccolina, la sera zia tornava a casa sua. Una sera che feci più del solito i capricci, mia madre chiese alla cognata se mi portava a dormire con lei. Mia madre aveva già da badare alla piccola e a mio fratello di 3 anni e mezzo. Ogni volta che sentivo casa degli zii in via Orazio Flacco ero contentissimo di andarci, ma non ero in condizione di capire che ci ero sempre andato di giorno e con mio fratello, compagno inseparabile di giochi. Così quella notte non riuscii a prendere sonno e cominciai a piangere perchè volevo tornare a casa. Dopo diversi tentativi inutili, zia Marietta, tenendomi in braccio, mi portò vicino la finestra della stanza da letto, spalancata per il caldo. "Vitin, vedi alla zia chi sta là?" E nel buio fitto della notte vidi all'improvviso comparire e scomparire subito un gran cerchio rosso. Fenomeno che si ripeté più volte a distanza di secondi. "Hai visto alla zia? Quello è l'occhio rosso. Se non dormi, viene a prenderti. Oh madò, chiudi subito gli occhi alla zia". E fra l'immagine aliena e la voce grave di mia zia, ebbi tanta paura da non aprire più gli occhi. Solo così mi calmai e mi addormentai. Un po' più grande scoprii l'arcano. "Zia Marietta, ma voi non avete paura a dormire con la finestra aperta? E se entra l'occhio rosso a prendervi!" E zia mi spiegò che quella era la luce del faro di San Cataldo, che io avevo già visto altre volte da casa di campagna di un'altra zia, a San Francesco alla Rena. La visione panoramica dalla finestra che s'affacciava sul Villaggio di baracche belliche e su piazza Giulio Cesare, col Policlinico ancora da ultimare, spaziava su tutta la città e sino al mare a quei tempi, quando palazzi alti non ve n'erano per niente. Quella era la mia Bari rasoterra, la Bari guardata amorevolmente ogni notte da tre occhi luminosi. Le due cupole, della Gazzetta del Mezzogiorno in piazza Roma e di Mincuzzi in via Sparano, e per ultimo ma più in alto a far l'occhietto il Faro di San Cataldo...