di Katia Moro

Il quartiere fieristico, quell'antico "rione" che vive solo una settimana all'anno
BARI – E’ uno dei più antichi quartieri di Bari, inaugurato nel lontano 1930. Ed  è formato da piazze, vie, fontane ed edifici, proprio come un normale rione, solo che è popolato giusto qualche giorno all’anno, in occasione di preordinati eventi. Per gli altri mesi, questa grande area cittadina rimane una zona fantasma, un “non luogo” dove tutto tace.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Stiamo parlando ovviamente del quartiere Fieristico, un quadrilatero di 33 ettari situato nel rione Marconi tra  via Pinto, via Giordano, via Verdi e viale Lepanto, progettato nel 1926 dall’architetto Corradini e inaugurato il 6 settembre 1930 dal re Vittorio Emanuele III, che diede il via alla prima edizione della Fiera del Levante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da quel giorno (escludendo una pausa settennale imposta dalla guerra) nel settembre di ogni anno questo spazio si riempie di oggetti, colori, stand e migliaia di persone. Ma solo per una settimana, perché poi a parte altre sporadiche e brevi rassegne, la “città per le esposizioni” rimane praticamente inutilizzata per tutto il resto del tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ora attraverso l’aiuto dell’ente Fiera di Bologna si vorrebbe trasformare l’intera zona in un permanente “polo delle arti e della cultura”, comprendente un museo del cinema e un grande multisala, ma si tratta solo di progetti che chissà quando vedranno la luce. Ciò che è certo è che i gloriosi padiglioni che ospitano da sempre merce proveniente da tutto il mondo per la maggior parte dei giorni rimangono al buio: silenziosi e abbandonati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo andati a farci un giro in questo storico quartiere (vedi foto galleria), comunque uno dei più amati dai baresi, che pur facendo a gara per non pagare mai il biglietto d’entrata, hanno lasciato qui tanti ricordi legati a profumi di merendine e wurstel e acquisti di ogni genere. Anche se è bene sottolinearlo, oggi la Fiera ha perso quella “magia” legata al passato e molte di quelle sensazioni non sono più avvertibili durante i giorni della campionaria, per la definitiva chiusura di numerosi stand.  
 
Decidiamo di entrare dall’ingresso monumentale, quello che si affaccia su viale Paolo Pinto. E’ chiamato così perché è stato disegnato in stile romanico pugliese, con tanto di torri, finestre polifore e arco al centro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superato l’arco ci troviamo di fronte al padiglione dell’Acquedotto Pugliese, l’unico edificio originario sopravvissuto fino ai giorni nostri. Durante la Guerra infatti l’intera superficie fieristica venne utilizzata come immenso deposito di bombe e carri militari, prima dall’esercito italiano e poi dagli Alleati. Alla riapertura, che avvenne nel 1947, lo spettacolo che si presentò ai cittadini fu quello di viali distrutti, edifici scoperchiati, aiuole scomparse e buche profonde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A salvarsi fu solo l’edificio dell’Acquedotto. Di forma circolare, venne realizzato nel 1930 e presenta sull’alto tamburo cilindrico il disegno leggermente a rilievo di stilizzati archi: riproducono il segno grafico che ricorre come marchio in tutti i decori, gli arredi e il mobilio del palazzo di via Cognetti. Oggi viene utilizzato per mostre d’arte anche oltre i giorni della campionaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Attorno a questo padiglione sono presenti le uniche attività aperte permanentemente durante tutto l’anno, che rendono questa zona, dall’ingresso monumentale alla fontana centrale, l’unica mai spenta del quartiere fieristico. C’è la bassa e lunga costruzione scura del Cineporto, il rotondeggiante tendone del Planetario e il colosso enogastronomico di Eataly, che occupa l’intera ala affiancata all’entrata. Infine alle spalle del Planetario è visibile l’Impact Hub, spazio destinato a giovani professionisti autonomi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non si deve pensare però che sia un’area che pulluli di vita. «Qui da noi si vede gente solo se c’è qualche proiezione o evento e lo stesso accade per gli altri contenitori culturali che ci affiancano – afferma la 28enne Maria, che lavora nel Cineporto -. E poi a parte Eataly le altre zone non vengono neanche illuminate e tantomeno pulite».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Non ci resta ora che inoltrarci all’interno della cittadella, lì dove domina il silenzio più assoluto. Alle spalle del dell’Acquedotto si erge la fontana monumentale, ricostruita subito dopo la guerra. L’impianto del quartiere espositivo venne progettato in forma radiale: dallo spiazzale circolare centrale (il piazzale Roma che accoglie la fontana), si diramano a raggiera tutti i viali destinati ad accogliere i padiglioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anfore, conchiglie, pesci e onde poste a decoro della fontana, zampillano d’acqua e di luci però solo a settembre, quando durante la campionaria i visitatori cercano una sosta refrigerante dove scattare l’immancabile fotografia ricordo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superando il piazzale e attraversando viale Volga raggiungiamo viale Tirreno, lì dove iniziano a susseguirsi gli ampi spazi adibiti ai padiglioni per le esposizioni, che ora appaiono come vuoti stanzoni nudi, carichi di polvere e rifiuti all’esterno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sbuchiamo così sulla grande arteria del viale Mediterraneo su cui si affaccia l’ex stand della birra Peroni, oramai dismesso e ceduto a un’altra ditta. Rimane indelebile nella memoria collettiva la sosta in questo stand che seguiva l’immancabile degustazione del panino tedesco con wurstel e crauti, mentre nell’area si espandeva il fragrante profumo delle merendine Aida appena sfornate. Tutti nostalgici punti di riferimento oggi scomparsi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dalla terrazza di uno degli edifici è possibile dominare dall’alto l’intero viale Orientale, quello che porta al varco principale della Fiera, che esce sul lungomare Starita, di fronte al Porto e accanto alla penisola di San Cataldo. E’ stato recentemente restaurato con il rifacimento di pavimentazione e spartitraffico e trasformato in una vera e propria “rambla” alberata, così vuota e abbacinante che si fatica a immaginarla accalcata da visitatori nel corso della campionaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Arriviamo nuovamente sull’ampio e vuoto viale Mediterraneo e sulla destra ci appare l’imponente mole dell’avveniristico “Nuovo Padiglione”, il cui bianco tetto aerodinamico pare simulare una navicella spaziale. La struttura modulare tecnologicamente avanzata, che si estende per 18mila mq (e costata 25 milioni di euro), rientra nel progetto di riqualificazione del 2011 quando si decise di rinnovare e reimpiegare i vecchi stand.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lo stesso accadde per la struttura realizzata per restaurare e innovare la storica sede della Galleria delle Nazioni: il Centro Polifunzionale Congressi, costituito da otto ampie e funzionali sale e costato 3 milioni di euro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma se la Fiera negli anni si è svuotata di contenuti, non mancano certo i contenitori, sempre più nuovi e grandi. E’ in fase di ristrutturazione anche un altro padiglione storico, quel Palazzo del Mezzogiorno che si trova sul viale Orientale, realizzato nel 1951 dall’architetto Piero Maria Favia. Qui dovrebbe aver sede l’Apulia Film House, un museo del cinema che riporterà in vita l’ampia sala con palcoscenico non più esistente e le vetrate e raffinati materiali che caratterizzavano l’edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro sguardo si ferma infine sull’ammasso di foglie secche che si accumula contro i cancelli serrati dello svettante ingresso orientale, i cui imponenti piloni, destinati generalmente a sorreggere cartelloni pubblicitari, furono realizzati nel 1933 dall’architetto Dioguardi. Qui sono solo i colombi a dominare indisturbati, in attesa che a settembre, come ogni anno, i battenti si riaprano per la Campionaria, per andarsi poi a chiudere inesorabilmente per le tristi 51 settimane successive.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • Mariano Argentieri - Il padiglione noto come Ente Autonomo Acquedotto Pugliese non è del 1930, infatti, su quel suolo esisteva il padiglione delle Assicurazioni Triestine Generali. Questo aveva uno stile neogotico e venne demolito per poi edificare una sede al passo con l'architettura dei tempi. In seguito l'edificio divenne dell'EAAP (venne caratterizzato con l'aggiunta di fontane laterali con rocce ed elementi decorativi di stile Brunetti-Cambellotti che invece nel 1930 aveva un padiglione su viale Tirreno.
  • Mariano Argentieri - Il padiglione riconosciuto come sede dell'EAAP venne progettato da Vito Sangirardi nel 1958 circa per conto delle Assicurazioni Triestine Generali per le quali aveva realizzato nel 1956 il palazzo in piazza Carabellese nel quartiere Madonella.


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