di Gaia Agnelli e Gianmarco Di Carlo - foto Antonio Caradonna

Fatiscente e ultramoderna: viaggio nella contrastante "zona del ponte Adriatico" di Bari
BARI – Possiamo definirla la “zona del ponte Adriatico” o “del cimitero” ed è un’area di Bari caratterizzata da un evidente contrasto: quello tra fatiscente e ultramoderno. Stiamo parlando del quadrilatero posto fra i rioni Libertà e Marconi, compreso tra via Napoli, via Nazariantz, via Crispi e via Brigata Regina. Qui, accanto a imponenti palazzoni, grandi cavalcavia e skate park, convivono officine abbandonate, tribunali in disuso e discariche a cielo aperto, ma anche edifici di inizio secolo, marmerie funerarie e “orti urbani”. (Vedi foto galleria)

Per visitare il quartiere “scendiamo” proprio dal nuovo ponte Adriatico, enorme struttura inaugurata nel 2016 per collegare il Sud e il Nord di Bari. Ci ritroviamo così davanti a una rotonda con una zampillante fontana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di fronte a noi si ergono gli alti edifici situati tra via Napoli, via Tommaso Fiore e corso della Carboneria, tra i quali si nasconde anche la sede del Tribunale dei Minorenni. Si tratta di fabbricati sorti tra gli anni 60 e 70 al posto della “Pazzarìdde”, prolungamento della “Guaragnedde” di cui rappresentava la zona più malfamata, caratterizzata da case occupate da prostitute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro viaggio comincia però dalla parte opposta. Imbocchiamo infatti via Nazariantz, strada che si sviluppa ai lati del ponte. E ci imbattiamo subito nello skate park e nel campo da basket creati nel 2020 tra i pilastri dell’Adriatico, sotto l’opera ingegneristica. Sulla destra si profila il camposanto cittadino, di cui scorgiamo alcuni loculi nascosti tra gli alti cipressi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A sinistra a dominare è invece la carcassa grigia dell’ex Tribunale, protagonista di una storia travagliata iniziata nel 1998 e conclusasi con il suo abbandono vent’anni dopo. Il Palazzo di Giustizia fu sistemato in questo edificio nato per altri scopi, ma nel 2010 in seguito a carenze igieniche e strutturali fu dichiarato inagibile e chiuse così i battenti nel 2018.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci avviciniamo e sbirciamo tra le grate del cancello, sul quale sono affissi cartelli che riportano la dicitura “rischio crollo”. La facciata, dalle ampie vetrate, appare rovinata e la desolazione regna tra le aiuole. «Per un po’ di tempo lo stabile è stato la casa di rom e abusivi – dichiara un anziano passante -. Oggi è talmente pericolante che sono andati via anche loro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proseguendo notiamo sulla sinistra una rampa in discesa: è quella che conduce nella stretta “via delle lapidi” Nicola De Crescenzio, famosa per le sue marmerie specializzate in cappelle funerarie e sepolcri. Segnata però anche da un notevole degrado fatto di edifici decadenti e discariche a cielo aperto, ai quali fanno però da contrasto colorati palazzotti di inizio secolo e vitali murales.  

Tra questi ultimi il disegno di una Madonna con su scritto “Santa Maria proteggi il rione. Amen”. Del resto questa strada è diventata nota anche per il suo particolare lato religioso. Qui infatti, in un locale ricolmo di statue e santini, prega e riceve i fedeli il 44enne Nino, “miracolato” che parla con Gesù.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Torniamo ora indietro per riapprodare su via Nazariantz. Camminiamo sin dove, a destra, si apre il viale che conduce all’entrata in stile tempio greco del Cimitero Monumentale, ottocentesca area della necropoli che accoglie vere e proprie opere d’arte funerarie.


Sulla nostra testa invece si erge il bianco pilone a “y capovolta” che incorona il punto più alto del ponte Adriatico, da cui si irradiano gli stralli ad arpa di sostegno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Via Nazariantz si conclude con il sottopasso che porta in via Bruno Buozzi, sul quale sfrecciano i treni del Nord Barese. Noi giriamo quindi a sinistra, dove si trova un incrocio che divide via Pagano da via Crispi.

Sulla prima è possibile notare il profilo dell’ex Filanda Costantino, rosso monumento all’archeologia industriale che pare quasi una cattedrale romanica, con tanto di rosone, facciata a capanna e finestre monofore. Costruita nell’ottocento, ha ospitato in seguito anche il deposito della Birra Dreher. Ora giace abbandonata. Su via Crispi invece si alternano altre marmerie, basse palazzine di inizio secolo dai colori sbiaditi, imponenti palazzi e note pizzerie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le due strade sbucano entrambe su via Brigata Regina, trafficata arteria segnata da enormi condomini intervallati da garage e supermercati. Noi la percorriamo sino all’incrocio con corso Mazzini e viale della Carboneria. La prima, a destra, conduce nel cuore del rione Libertà, la seconda ci riporta al nostro punto di partenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Corso della Carboneria merita un’attenzione particolare, visto che rappresenta un po’ il simbolo della zona. Se sul lato destro si ergono alti e moderni edifici impreziositi da palme, sulla sinistra si susseguono basse e vecchie costruzioni che un tempo ospitavano stalle e locali di artigiani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Serrande chiuse, catapecchie fatiscenti, tetti decadenti e cancelli arrugginiti: è ciò che rimane dell’antica Pazzarìdde. «Si tratta di attività di inizio secolo riuscite a sopravvivere alla modernizzazione del quartiere, stroncate poi però dalla crisi economica del nuovo millennio», spiega l’82enne Luigi, residente del quartiere. 

Al civico 34 notiamo ad esempio un portone logorato dal tempo e una saracinesca abbassata. «Era l’officina di un ferraio ed è in disuso da una decina di anni», ci dice il 60enne Antonio, proprietario di un locale in zona. A pochi passi vi è invece un’inferriata consunta “incoronata” da uno pneumatico che chiude l’accesso a un giardino incolto. Vi lavorava un gommista, ma oggi è una discarica a cielo aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Più avanti spiccano sulle pareti delle colorate piastrelle, alcune delle quali compongono la figura di “Ciao”, la mascotte di Italia 90. «Era un negozio di ceramiche – ci dice sempre Antonio -. È chiuso però da 20 anni e fino a poco tempo fa vi si rifugiavano i barboni. È come se questa via fosse invisibile: tutto intorno cambia e si modernizza, mentre qui dobbiamo convivere con il degrado».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alla fine dell’isolato vi è addirittura una vecchia stalla completamente smembrata. Qui alloggiavano i cavalli ai tempi della Pazzarìdde: trainavano i carri che portavano nei paesi vicini la frutta e la verdura provenienti dal vicino porto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ultima tappa del nostro viaggio è però ad angolo con via Tommaso Fiore. Sulla sinistra infatti si apre un sorprendente “orto urbano”: un grande appezzamento di terreno adibito alla coltura di finocchi, cavoli, rape e cicorie. Uno spazio verde che giace all’ombra di ponti, ex tribunali e palazzoni: ennesimo contrasto di un’area “irrisolta” della città di Bari. 

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