di Cassandra Capriati

Il fascino del cimitero monumentale di Bari: triste ma raffinata "città nella città"
BARI – Inaugurato il 3 dicembre del 1842, da 174 anni il cimitero di Bari accoglie i defunti del capoluogo. Stretto tra via Crispi, via Nazariantz e la ferrovia, il “camposanto” rappresenta una vera e propria “città nella città”, con i suoi silenzi, il suo verde e le sue lapidi: un luogo triste ma anche molto affascinante e in alcuni tratti addirittura bello. Sì perché tra le migliaia di tombe qui presenti ce ne sono alcune che non è avventato definire vere e proprie opere d’arte: antiche e raffinate sculture messe in piedi per onorare i principali esponenti della ricca borghesia della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Seguendo le indicazioni del libro “Il cimitero monumentale di Bari” di Sergio Chiaffarata e Giulia Perrino, ci siamo così avventurati nel camposanto alla ricerca delle tombe più particolari. (Vedi foto galleria)

Per raggiungere più facilmente la zona monunentale è necessario varcare l’ingresso (che ricorda un tempio greco) posto di fronte alla stazione della Bari Nord. Superato il forno crematorio e dopo aver percorso un viale alberato, ci si trova davanti a un secondo portale in pietra bianca sulla quale è incisa un'epigrafe dello storico Giulio Petroni. Recita: “Alle ceneri dei trapassati ed alle lagrime dei superstiti”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo ora nel cimitero monumentale. La nostra prima tappa è il campo n.6, lì dove si trovano alcune delle tombe più antiche. Tra queste alcune dalla strana forma piramidale, rimando all’orientamento massonico della famiglie qui sepolte. Ne sono esempi il mausoleo della famiglia Losacco-Triggiani e quello dei Cognetti-De Martiis.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In questa zona troviamo la prima vera opera d’arte del camposanto: l’elegante cappella riccamente decorata in stile liberty della famiglia De Nicolò, realizzata da Giuseppe Favia nel 1902. La colonna posta all'entrata, con su la raffigurazione in bronzo del membro più illustre della famiglia, l'avvocato e poeta Vito Nicola De Nicolò, è avvolta da piante rampicanti che sembrano ormai tutt'uno con la costruzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Altra opera degna di nota è il sarcofago dedicato a Giuseppe Cencini, opera dello scultore Raffaello Romanelli. La base della tomba è decorata da quattro angeli in preghiera, uno per ogni lato, al centro invece il si trova medaglione con il ritratto del defunto. Sopra invece si staglia un'imponente scultura che raffigura un uomo quasi completamente nudo inginocchiato davanti a Cristo. Ai loro piedi l'iscrizione Fides tua te salvum fecit.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Lasciamo questa zona per recarci nel vicinissimo campo monumentale 7, dove non si può fare a meno di notare il complesso funerario di Francesco Saverio Abbrescia. Il monumento è composto da quattro figure femminili posizionate intorno a un piedistallo sul quale è collocato il busto del defunto. Le quattro donne non sono altro che le rappresentazioni allegoriche della fede cattolica e delle tre virtù teologali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo sul viale principale, dove al centro si erge una grande scultura bronzea posta su un blocco di pietre poste a gradoni: si tratta della Croce con angelo dolente forgiata da Gaetano Fiore nel 1899. Imbocchiamo a questo punto la via che si trova alla destra della statua e camminiamo fino al primo incrocio, dove ci troviamo di fronte a quattro tra le cappelle più belle del cimitero, quelle delle famiglie Buonvino, Manzari, Maffia e Germinario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le cappelle dei Buonvino e dei Manzari, realizzate da Giovanni Laricchia, sono entrambe a pianta esagonale e decorate con colonne, capitelli, bassorilievi. La prima, con la sua alternanza di animali mitologici e in particolare con i dragoni e grifoni che sembrano quasi pronti a spiccare il volo, è un chiaro rimando allo stile gotico. La Manzari invece si cottradistingue per uno stile neo-rinascimentale, decisamente più sobrio e elegante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I lavori delle cappelle Maffia e Germinario sono stati invece eseguiti dal decoratore Giuseppe Favia, anche se si pensa che il progetto sia dell'architetto Ettore Bernich. Sembrano quasi delle mini chiesette e sono state realizzate in stile neo-romanico pugliese. La Maffia, a pianta rettangolare, presenta un portale riccamente decorato, la cui facciata è arricchita inoltre da due colonne di marmo nero che contrastano con il candore del resto dell'edificio. La Germinario invece, come sottolineano gli autori del libro che ci fa da guida è «un blocco unico a pianta quadrata con copertura piramidale che ospita un portale decorato con motivi floreali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ arrivato il momento di andare via. Sulla strada del ritorno facciamo però visita al Monumento ossario dei caduti della Prima guerra mondiale progettato da Saverio Dioguardi. Il monumento è semplice e solenne allo stesso tempo e si compone di due parti distinte. La parte inferiore costituisce l’ossario: ospita i loculi contenenti le spoglie dei soldati. La parte superiore presenta un arco sul quale l’architetto volle fosse scritto “vivono e vivranno” su ciascun lato. E a sorvegliare i morti nel loro eterno riposo, due statue, poste lì a rappresentare la vittoria alata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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