di Giulia Mele - foto Valentina Rosati

Alla scoperta dell'ottocentesco Palazzo Diana: l'edificio con l'androne "più bello di Bari"
BARI – Il suo androne è stato votato come il più bello di Bari e da 182 anni si staglia con il suo color rosso mattone all’interno di uno degli angoli più monumentali della città. Parliamo di Palazzo Diana, edificio risalente al 1838 situato all’incrocio tra piazza Massari e corso Vittorio Emanuele. (Vedi foto galleria)

Si tratta di uno dei “sopravvissuti” dell’antico murattiano, quartiere che nel corso dei decenni è stato vittima di numerosi abbattimenti di fabbricati storici che ne hanno trasformato completamente il volto. Palazzo Diana è pero riuscito a “resistere”, creando con il Palazzo del Governo, il Teatro Piccinni e la statua del compositore, un’ “isola” ottocentesca che dona lustro ed eleganza al capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Costruito su progetto dell’architetto Vincenzo Capirri, nei primi anni della sua vita ospitò la residenza del conte Massenzio Filo della Torre, sindaco di Bari, per poi essere acquistato nel 1851 da Giuseppe Diana. Quest’ultimo era il figlio di Don Vito, ricco banchiere di origini piemontesi che aveva fondato a Bari una “casa commerciale” per porsi in diretta comunicazione con la Dalmazia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giuseppe però cedette dopo un paio d’anni l’edificio al fratello Giovanni, il quale una volta acquisitone il possesso fece innalzare un piano in più, donandogli così l’aspetto attuale a tre livelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per quasi quarant’anni il palazzo ospitò anche la sede della banca della famiglia, fino al fallimento di quest’ultima, avvenuto nel 1889. I Diana furono così costretti a vendere lo stabile, che passò nel 1915 nelle mani dei Di Cagno Abbrescia, famiglia che tuttora ne detiene la proprietà e che dal 1973 lo ha affittato al  Tar, il Tribunale Amministrativo Regionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’edificio come detto si trova in piazza Massari, compreso tra corso Vittorio Emanuele II e via Villari. Il suo aspetto rispecchia i classici canoni neoclassici ottocenteschi, anche se colpisce sia la sua grandezza che lo sfavillante rosso mattone che lo contraddistingue.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Altro particolare sono le due diverse facciate che si mostrano sulla piazza divise da un corpo di fabbrica angolare. Quella principale presenta tre fasce orizzontali che vanno a delimitare i tre piani, scanditi dalle cornici e dai decori in corrispondenza delle paraste, con i tre ordini dorico, ionico e corinzio. Le ultime due fasce presentano ciascuna una serie di cinque finestre, di cui quelle laterali architravate, mentre quella centrale centinata e ornata da un balcone. Un fregio di testata in cui si alternano motivi floreali e maschere leonine va infine a coronare l’edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al centro del piano inferiore (occupato da alcuni esercizi commerciali) si apre il portale d’ingresso con un arco a tutto sesto realizzato in pietra bianca, stesso materiale di cui sono fatte le quattro colonne di media altezza che lo affiancano e che sostengono il balcone del piano nobile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Non ci resta dunque che varcare il portone per entrare nel palazzo, calpestando un pavimento in marmo composto da mattonelle alternate di colore bianco e nero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il corridoio d’entrata si presenta elegante e spazioso, dalle pareti di colore bianco e marrone fango, con ampi archi a tutto sesto. Alzando gli occhi possiamo notare la magnifica volta su cui si alternano figure geometriche ottagonali e circolari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superate due colonne situate all’interno di altrettante nicchie ci ritroviamo all’interno della vera meraviglia del luogo: lo splendido androne, votato nel 2019 da una commissione di esperti come “il più bello di Bari”.

È illuminato completamente dalla luce del sole: in alto infatti non vi è un soffitto in muratura a chiudere l’ambiente, bensì un lucernario trasparente da cui filtrano i raggi. Di pianta perfettamente rettangolare, conserva gli stessi colori bianco e fango dell’ingresso.

Dai livelli superiori si aprono poi molteplici finestre: sul primo piano le più grandi sono incorniciate con arco a tutto sesto e sorrette da piccole colonne, le più piccole sono invece architravate. Le finestre del secondo piano sono invece più piccole e impreziosite da fini ringhiere in ferro, tutte recanti lo stemma araldico della famiglia Diana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dai muri pendono stupendi lampadari in ferro battuto decorato con foglie e fiori, mentre sulla parete destra è collocata una panchina in marmo bianco sorretta da due figure dall’aspetto femminile dotate di prosperosi seni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sul pianterreno si affacciano quattro porte che conducono a locali destinati prevalentemente ad uso commerciale. Una di queste porta al piano interrato avente la funzione di archivio del Tar. Ed è qui che si rivela custodito un elemento inaspettato: lo stemma araldico della famiglia Diana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È costituito da uno scudo sannitico inquartato, di cui il primo e quarto riquadro presentano tre stelle a sei raggi, mentre il secondo e il terzo un leone a grandezza naturale con la testa rivoltata. Lo stemma è sormontato dalla corona araldica del titolo di marchese, cimata da quattro fioroni (di cui tre visibili) alternati da dodici perle disposte in gruppi di tre e strutturate a piramide.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Risaliamo per andare a porci davanti all’accesso alle scalinate che portano ai piani superiori, ornato da un loggiato comprendente tre archi a tutto sesto sostenuti da piccole colonne. Prendendo la scala di destra si giunge in un pianerottolo su cui si sviluppano numerose rampe di scale che permettono l’accesso agli uffici del Tar.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La scala di sinistra conduce invece al piano nobile, ora destinato ad uso privato e residenziale. Qui si trova una nicchia ad arco protetta da una cancellata in ferro e una porta in legno sopra la quale ricorre una citazione in latino presa dalla Bibbia: Sapientia aedificatur domus, et prudentia roborabitur (con la sapienza si costruisce la casa e con la prudenza la si rende salda).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio quella sapienza e prudenza che hanno permesso a questo magnifico palazzo di sopravvivere giungendo sino a noi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • Emanuele Zambetta - Bellissimo articolo. Beh, un gioiello barese! Un palazzo antico ed elegante che mi riporta alla mente le tante schifezze commesse a Bari in epoca repubblicana (per l'appunto gli assurdi abbattimenti di non pochi edifici storici). Che Bari non sia più vittima di certi ferimenti!


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