di Federica Calabrese

Bari, Santa Scolastica al Porto: la chiesa sopravvissuta a incendi, guerre e uragani
BARI – Anni fa tracciammo un percorso tra le vie di Bari Vecchia per scoprire le numerose e antiche chiesette che punteggiano il centro storico. Ne individuammo 24 (oltre alle celebri Basilica di San Nicola e Cattedrale di San Sabino): edifici purtroppo spesso chiusi al pubblico e aperti solo per la messa domenicale o durante eventi prestabiliti. Per questo abbiamo deciso di ritornare nella città millenaria per visitare questi gioielli, così da fornire una compiuta testimonianza delle loro storie e dei tesori celati agli occhi di tanti baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi è la volta di Santa Scolastica al Porto, tempio che sorge alla fine della Muraglia, nella zona più antica di Bari: quella di San Pietro. Non è un caso infatti che il convento annesso al luogo di culto sia stato adibito a Museo Archeologico, proprio accanto a un’area di scavo in cui è possibile ammirare resti di strutture millenarie, tra cui l’antica chiesa di San Pietro Maggiore.  

Ma se il monastero è accessibile ogni giorno grazie alla nuova funzione museale, la cappella rimane sempre chiusa, aperta solo di domenica per la breve messa settimanale. Vale però una visita, anche perché si tratta di un edificio riuscito miracolosamente ad arrivare ai giorni nostri, dopo aver subito danni causati da incendi, uragani e guerre.

Il nostro viaggio parte dalla fine della Muraglia, lì dove si staglia il muro perimetrale del complesso, con la particolare balaustra superiore ad arcate. E’ necessario però spostarsi su piazza San Pietro per ammirare l’alto campanile a pianta rettangolare completamente ricostruito dopo i bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Tra la Muraglia e piazza San Pietro si apre una stretta via: è strada di Santa Scolastica, quella che ospita l’entrata della chiesa dedicata alla santa benedettina. (Vedi foto galleria)

Il tempio si presenta con un aspetto settecentesco, pur essendo la sua struttura originaria risalente all’XI-XII secolo. La facciata ripartita da lesene, appare con i suoi grandi mattoni marroni, quasi incavata all'interno di una larga cornice sagomata. Il portale in legno è sormontato da un lunettone liscio con ai lati due cherubini, alla cui sommità posa la statua di San Benedetto. Al centro del frontone si trova una finestra barocca di forma rettangolare e il prospetto è concluso da un fastigio in cui si apre una finestrella ovale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La storia di questa chiesa inizia tra il 1068-1071, quando le “Benedettine Negre” per sfuggire all'assedio da parte del normanno Roberto il Guiscardo abbandonarono il convento della Trinità fuori le mura. Decisero così di fondare un nuovo monastero dedicato a Santa Scolastica sfruttando un sito già esistente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La posizione privilegiata vicino al mare e la presenza di un ormeggio per le barche (da qui il nome di Santa Scolastica “al porto”), garantì alle suore l'arrivo di proventi e donazioni, grazie alle quali poterono avviare la un prima grande ristrutturazione a partire dal 1120. Il tutto fu organizzato dalla badessa Guisanda Sebaste, il cui sarcofago è oggi esposto nelle gallerie del museo. Ella provvide all’edificazione di una chiesa a tre navate, coperta da una semplice carpenteria in legno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


I lenti lavori furono completati finalmente nel 1579, anno in cui però il complesso fu colpito da un grande incendio che distrusse un terzo della struttura. Nei decenni che seguirono la comunità religiosa dovette affrontare povertà e carestie e nel 1680 un uragano abbattè il braccio dell’edificio posto verso oriente. Alle soglie del XVIII secolo, quando si rischiava un imminente crollo, intervenne finalmente l'arcivescovo Michele d'Althan che diede via a una serie di restauri, che regalarono l’attuale aspetto barocco alla chiesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I resti del rimaneggiamento settecentesco e di quello più invasivo compiuto tra il 1837 e il 1839 sono evidenti all’interno dell’edificio. Entrando ci ritroviamo in un ambiente a tre navate absidali divise da quattro pilastri su cui sono impostati archi a tutto sesto. E le false volte, il soffitto a lacunari, gli altari di marmo, il lampadario di cristallo, appartengono proprio all'architettura e agli arredi tardo-barocchi. Anche il pavimento su cui camminiamo risale a questo periodo, con mattonelle ocra a motivi floreali che seguono piccoli tasselli bianchi e neri a formare delle greche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quei lavori però, seppur necessari, andarono a coprire tutta una serie di preziosi elementi medievali – ci spiega Marco, il 75enne diacono della chiesa -. Per fortuna cinque anni fa, durante l’ultimo restauro, sono stati svelati antichi tesori, quali i due mosaici con le raffigurazioni di due angioletti dalle vesti colorate. Risalgono al XII secolo e sono stati riscoperti rimuovendo lo strato di intonaco dai muri». Al 400 appartiene invece un crocifisso ligneo di ambito meridionale presente nella navata di sinistra, anch'esso rinvenuto durante il 2014.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’altare in marmo è invece più recente: realizzato nell’800, è chiuso da una balaustrata ed è sormontato da un’opera seicentesca di Carlo Rosa raffigurante la Madonna col Bambino fra i Santi Benedetto, Scolastica e Mattia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora nella navata di destra, dove balzano subito all’occhio due dipinti. Il primo, cinquecentesco, raffigura l'Annunciazione, il secondo, del 600, un San Paolo in abiti color porpora. Alla Madonna di Costantinopoli,  rivestita di "riza" d'argento, è dedicato un altarino, così come a Santa Lucia, sul quale campeggia un “occhio della provvidenza” realizzato in marmo. 

Ma l'oggetto di maggior pregio è un rivestimento d'altare di XVIII secolo che, proveniente dalla chiesa di Santa Teresa dei Maschi, rappresenta la santa carmelitana in una cornice prospettica. E' realizzato con una mistura di gesso alabastrino, pigmenti e colla animale, posta poi su un supporto armato di cannucce che consentiva di riprodurre un effetto simile al marmo ma usando materiali poveri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prima di uscire dal tempio poniamo lo sguardo in alto, notando come tutta la navata centrale sia circondata da curiose grate bombate: sono quelle dietro le quali si nascondevano le suore di clausura mentre assistevano alla messa. Un’altra particolarità di questa chiesa dal passato travagliato, posta lì dove il centro storico si affaccia sul mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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