di Marianna Colasanto - foto Antonio Caradonna

Bari, la storia di Paolo e del ''Bar candela'': ritrovo di tossici, matti e vagabondi
BARI – Uno spazio aperto da un hippie che accoglie vagabondi, “matti”, tossicodipendenti e altri "ultimi" della società, per dirla alla De Andrè. È la singolare realtà del "Bar candela" di Bari, locale di 20 metri quadri allestito da un paio di mesi dal 62enne Paolo al civico 19 di via Principessa Iolanda, una traversa di Viale Unità d’Italia, nel quartiere Carrassi. (Vedi foto galleria)

A dispetto del nome non si tratta di un'attività commerciale, ma di un vano al piano terra di un palazzo dove gli occupanti cercano di coabitare in totale autogestione, imitando insomma i modelli di convivenza tipici delle comuni. La denominazione ironizza invece sul fatto che nell'angusto ambiente manca la corrente elettrica: l'illuminazione è affidata alla presenza costante delle candele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Avvicinandosi all'ingresso si ha subito l'impressione di osservare un luogo insolito. Sulla soglia è adagiata un'insegna in legno con su scritto in rosso "Bar candela pro reduci" e in bianco un suggestivo auspicio: “Possa chi porta fiori questa notte avere la luce della luna”. E subito dietro l'uscio, mentre mantiene la sua fedele bicicletta rossa, c'è proprio il barbuto Paolo. (Vedi video)

«Venite, qui si fa poesia - ci accoglie calorosamente il signore, che indossa semplici abiti scuri -. Potete trovare riparo nelle serate piovose, dormire nei sacchi a pelo, strimpellare uno strumento musicale, ubriacarvi. E soprattutto ci si parla: c'è chi non rivolge più la parola ai propri genitori e viene in questo posto a confidarsi. Alcuni mi prendono in giro dicendo che il Sessantotto sia morto, ma io ne sto ricreando un pezzo tra queste pareti».

Dal suo modo di parlare traspare un marcato accento di Roma: è infatti originario della Capitale, dove da giovane cominciò a lavorare come magazziniere e prese il via la sua rocambolesca esistenza. Dopo essere stato licenziato decise infatti di vagare per l'Italia alla scoperta dei vari spazi autogestiti sorti negli anni 70, in particolare tra Toscana ed Emilia Romagna. Per un periodo si unì agli "Zappatori senza padrone", collettivo di ragazzi nato per realizzare una comunità agricola autosufficiente nei dintorni di Forlì.

Nel suo peregrinare approdò infine a Bari nel 1978. Nel capoluogo pugliese si innamorò di una donna da cui ebbe due figli e si stabilì nel centro storico convivendo con altri sei "figli dei fiori". Per sostenere la sua famiglia aprì nel borgo antico "Argilla e vecchi merletti", una bottega di prodotti artigianali che tuttavia non risolse le sue difficoltà economiche, anche perchè con il passare degli anni si aggiunsero altri due bambini da sfamare, nati dalla relazione con tre nuove compagne.

Nel 1993 finalmente le ristrettezze sembrarono aver fine: fu assunto come impiegato all'Autombile club d'Italia. Allo stesso tempo però emerse la sua insofferenza alla vita d'ufficio. «Non ho mai amato quel mestiere - spiega -. Alzarsi tutte le mattine per timbrare il cartellino e mantenere le mie ex è stato terribile, o come lo chiamo io: uno stato di coma autoindotto. Per la disperazione ho cominciato ad assumere eroina, cosa che ho smesso di fare solo recentemente grazie all'aiuto del Sert».

“L'incubo lavorativo” è finito solo due mesi fa: l'azienda lo ha messo in aspettativa dopo che gli è stata diagnosticata l'epatite C. E da allora Paolo ha lasciato la casa dove abitava con la sua ultima moglie per trasferirsi nell’amato "bar", il luogo in cui ora vive stabilmente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Pago un affitto di 300 euro al mese - evidenzia il 62enne -. Qui dopo tanti anni mi sento finalmente "risvegliato" e offro un riparo a tutti i viandanti che passano a trovarmi. Per loro le porte sono sempre aperte, l'importante è che rispettino il regolamento che ho stilato: per esempio, chi si ferma a dormire qui il giorno dopo deve pulire lo spazio che ha occupato durante la notte».



E in effetti su una sedia del locale notiamo poggiato un cartellone che riassume la sua filosofia: c'è scritto "Rispetto e autogestione è già rivoluzione". Tutto attorno però le direttive sull'igiene e l'ordine non sembrano essere rispettate alla lettera. Per terra spicca per esempio il giaciglio di fortuna su cui riposa Paolo, un tappeto con sopra diverse coperte per difendersi dall'inverno che bussa alle porte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La stanza pullula caoticamente di piccole opere d'arte da lui realizzate.
Si trova anche un tavolino colmo di pennelli, colori, pezzi di legno, sassi e altri oggetti utili per dar sfogo alla sua vena creativa. Al centro notiamo un altro tavolino coperto da una tovaglia gialla sbiadita. Su di essa adocchiamo alcune delle candele vitali per combattere l'oscurità della sera, inserite in bottiglie di Peroni vuote.

Ma più che gli oggetti ad affascinarci sono le storie dei vagabondi che vanno e vengono dal bar. «Ce n'è uno che vive quasi stabilmente assieme a me - sottolinea Paolo, scorrendo sul suo telefono le foto di alcuni ospiti -, si chiama Vitto ed è bulgaro. Spesso vengono a trovarmi anche Stretto e Timoner, due suoi amici connazionali. E poi ci sono l'omosessuale Peter, altra mia cara conoscenza e persino un orefice: si chiama Francesco e gestisce un negozietto nei paraggi».

«Sono affezionato anche ad Andrea - prosegue il canuto signore - un 29enne in cura in un centro psichiatrico di Carbonara. Dicono sia pazzo ma a me non importa: quando perde l'autobus per tornare nella struttura ospedaliera viene qui a dormire, si rilassa e scrive poesie. E una volta ha portato con sè persino un'amica russa, la 28enne Vika, per festeggiare il suo compleanno».

«Molti dei miei visitatori si drogano e soffrono la fame - continua il "rivoluzionario" -. Provo a risolvere il primo problema tentando di deviare la loro attenzione dalle sostanze stupefacenti in qualcosa di più costruttivo, come l'arte o meglio ancora un nuovo lavoro. Per il secondo punto critico cerco di offrire quel poco che ho, oltre a far affidamento sulla beneficenza. Nei dintorni poi c'è una polleria che mi fa credito: i gestori sono veramente dei "santi"».

Mentre discutiamo arriva proprio uno degli habituè del posto. È il 58enne Pippo, barese, finito in mezzo alla strada dopo il divorzio con l'ex moglie: ora dorme nella stazione centrale, nei dormitori pubblici, sotto i ponti o per l'appunto nel bar. Ha una felpa nera e indossa una gran quantità di bracciali.

«Mi piace venire qui per fare due chiacchiere - dice Pippo -: del resto conosco Paolo da 40 anni. Un giorno mi riscatterò e nel frattempo faccio in modo di apprezzare la modestia e la semplicità di chi vive per strada. Mando di proposito mio figlio di 10 anni a mendicare: in questo modo imparerà il valore dell'umiltà. Ovviamente spero che in futuro lui non sia costretto a fare altrettanto».

Paolo nel suo piccolo spera di poter contribuire alla riscossa del vecchio amico, così come a quella dei suoi tanti inquilini temporanei. Un giorno vorrebbe dividere la spesa per l'affitto con altri compagni, dando vita così a una comunità simile a quelle che frequentava da giovane. È sulla soglia della vecchiaia, ma quell'animo da adolescente sessantottino non glielo toglierà mai nessuno.

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita al “Bar Candela”:


 


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  • Nicola - Complimenti, bella esperienza leggere di questo "viaggio". Credo ancora più bello sarà stato viverlo. Rappresentate un pezzo della città che mi piace e che mi manca. Continuate così!
  • Viktoryia - A parte che l'articolo è soltanto OFFENSIVO. Paolo è un mio carissimo amico e non tollero i tuoi termini su di lui, sul luogo e tanti altri dettagli offensivi che hai pubblicato qui. MI HA MOLTO DISTURBATO IL TUO "ARTICOLETTO".
  • Sara Lisco - Non sapete proprio fare i giornalisti!!!! Avete scritto molte balle ... anche i nomi non son quelli Avete sputtanato il mio amico e amica di cose del tutto errare... ma tu guarda questi... andate a intervistare i giovani che fanno gli stancil di natale pur di lavorare Basta a mettere l attenzione sulle puttanatr Sta città muore anche per colpa vostra!!!


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