di Francesco Sblendorio

Abbandonati o trasformati in canili, abitazioni e centri culturali: la nuova vita degli ex mattatoi
BARI Quando tutto il cibo che arrivava sulla nostra tavola era a “km 0”, ogni paese doveva necessariamente essere dotato di un posto adibito alla macellazione della carne locale, in modo che arrivasse dal produttore al consumatore in pochi passaggi. Quel posto era il mattatoio pubblico.

Oggi questi luoghi non esistono più. A partire dalla fine del secolo scorso l’economia sempre più globalizzata (con carne che arriva nella maggior parte dei casi dall’estero o da allevamenti intensivi di altre regioni italiane) ha portato infatti al progressivo abbandono delle strutture e alla loro dismissione.

In tutto il barese risultano quindi attivi solo cinque mattatoi, tutti privati: a Ruvo, Palo del Colle, Noicattaro, Toritto e Conversano. E di questi solo il primo è ospitato in un edificio (ubicato in via Volta) da sempre destinato alla macellazione degli animali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma che fine hanno fatto tutti gli altri grandi “ammazzatoi”? Sono andati incontro a destini anche molto diversi tra loro: dal decadimento totale in alcuni casi, alla riqualificazione e trasformazione in centri culturali in altri. Vediamo qualche esempio. (Vedi foto galleria)

A Bari la struttura liberty che ospitava la “Città Annonaria” (che comprendeva anche i mercati ittico, ortofrutticolo e dei fiori), dal 2006 dopo un lungo periodo di degrado è divenuta la “Cittadella della cultura” con annessa Biblioteca nazionale Sagarriga Visconti Volpi e Archivio di Stato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Quest’ultimo in particolare è ospitato proprio nei locali dell’ex mattatoio, del quale comunque non sono sparite tutte le tracce. Il cancello di accesso di via Oreste Pietro è ancora sormontato dall’iscrizione “Macello Comunale”, che si ritrova anche sopra l’ingresso monumentale, corredato dalla data di costruzione “Anno 1930 – VIII” (ovvero ottavo anno dell’era fascista, che decorreva dal 1922) e dallo scudo bianco e rosso simbolo della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il mattatoio sostituì all’epoca in tutte le sue funzioni il “vecchio macello” che si trovava in fondo a corso Sonnino, all’estremità meridionale del quartiere Madonnella. Lì furono abbattuti animali fino agli anni 30, quando l’ingegner Mauro Amoruso Manzari trasformò l’edificio nella Scuola tecnica industriale (che dagli anni 60 ospita l’istituto Marconi), conservandone però una parete realizzata in pietra di Trani. Questa è ancora oggi visibile, articolata su due livelli in giallo chiaro e caratterizzata da archi e disegni geometrici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell’ex frazione di Carbonara invece si staglia ancora, su via Ospedale Di Venere, lo stabile dell’antico mattatoio, in stato però di completo abbandono. Il prospetto, arricchito da un colorato murale, presenta un portone in ferro con la scritta “Macello”, tre finestre chiuse da sbarre ormai arrugginite, oltre a un sostegno metallico fissato nel 2015 per puntellare la parte destra. Il giardino interno è invece dominato da erbacce e rifiuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Destino simile è toccato al mattatoio di Mola di Bari. Anche qui i fabbricati che lo componevano, realizzati lungo strada comunale San Giovanni, sono ormai ridotti a ruderi, alcuni privi di soffitto e di porte, altri con accessi murati. Il cancello, a pochi passi dal mare, introduce a una serie di stradine interne al complesso, in cui è facile imbattersi in sacchi di spazzatura, vasi ed elettrodomestici abbandonati, mattoni di muri crollati e fili spinati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non sta meglio il vecchio macello di Toritto, nei pressi di via Falcone e Borsellino. Dando un’occhiata dall’inferriata del cancello malridotto, si notano gli edifici interni alla struttura e una piccola ciminiera, ma anche del materiale edilizio abbandonato e una recinzione in legno ormai cadente. Qui però una riqualificazione è stata perlomeno tentata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Dopo la dismissione avvenuta negli anni 80, lo stabile fu ristrutturato intorno al 2015 – ci racconta Pasquale Regina, sindaco di Toritto–. Poi nel 2018 il Comune ha emanato due bandi pubblici per la realizzazione in quel fabbricato di un ostello, potendo fruire anche di finanziamenti europei. Purtroppo nessuno ha mai aderito e il vecchio mattatoio è stato così nuovamente abbandonato, preda di degrado e atti vandalici».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ma veniamo alle note liete. Partiamo da Triggiano, dove il mattatoio attivo in via Carlo Alberto sino a una trentina di anni fa, è stato dato in concessione a famiglie in difficoltà per farne la propria abitazione privata. Il 24 settembre scorso è stato però inaugurato il cantiere del “Parco del lavoro dell’uomo”: un progetto che comprende anche la riqualificazione dell’ex macello che diverrebbe così un contenitore culturale utile a ospitare spazi espositivi, laboratori e archivi multimediali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
A Bitonto invece, su uno spiazzo rettangolare di via Cela, si erge la facciata del vecchio mattatoio da diversi anni adibito a canile municipale e, da marzo 2022, anche a ricovero per gatti. Sul portone di accesso troneggia ancora la scritta “Mattatoio comunale” con tanto di stemma della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di vera e propria “svolta culturale” si può parlare poi per Terlizzi, dove in via Macello il complesso dell’ex mattatoio è stato completamente riqualificato e oggi ospita le attività del “Mat – Laboratorio urbano”, un progetto inaugurato nel 2011 che ha visto il recupero di un’area di circa 2mila metri quadrati. Gli spazi accolgono una sala studio, un teatro, uno studio di registrazione, una libreria, una sartoria, un laboratorio di grafica e perfino un birrificio artigianale, un bistrot e una web radio realizzata da ragazzi non vedenti e ipovedenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine va citato il caso di Polignano, dove nell’ex mattatoio comunale che sorgeva nel tratto meridionale del lungomare cittadino, dal 2012 ha sede la Fondazione Pino Pascali. I due piani dell’edificio sono stati conservati e trasformati in una successione di sale espositive, in cui trovano spazio mostre temporanee, collezioni permanenti e reperti legati alla carriera del grande artista polignanese Pino Pascali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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