Letto: 7372 volte | Inserita: martedì 6 novembre 2012
| Visitatore: floriana
L'esercizio statico, prevalentemente anaerobico, praticato spesso in debito di ossigeno (ad esempio il sollevamento pesi o il lancio del disco o del martello o la parte finale delle gare di velocità, dai 100 ai 400 metri di corsa), produce un effetto negativo sul cuore e sull’apparato circolatorio, a causa della grande quantità di acido lattico sviluppato. Tale esercizio in genere si svolge a intensità molto elevate e per pochi minuti al massimo.
Al contrario l'esercizio aerobico, dinamico, tipico degli sport di fondo o resistenza, come nuoto, corsa (oltre i 5000 metri), ciclismo, triathlon, è benefico per il cuore perché "lo allena".
Lo sforzo crea adattamenti sull'apparato cardiovascolare e muscolare. Tali adattamenti consentono al cuore di lavorare, nel corso di un progressivo allenamento e a parità di intensità dell'esercizio fisico, sempre di meno. Un corretto e progressivo allenamento consente di svolgere l’esercizio con minor consumo di ossigeno e di percepire meno la sensazione della fatica. Frequenza cardiaca e pressione arteriosa diminuiscono, la contrattilità del cuore aumenta. Sono questi gli stessi concetti applicati nella riabilitazione dei pazienti convalescenti per un infarto del miocardio.
Moltissimi sport, calcio, tennis, pallavolo, prevedono l'alternanza di sforzi anaerobici e aerobici a seconda della fase di gioco. In questi casi la reattività dell’apparato cardiocircolatorio dipende dalla prevalenza dell'esercizio aerobico o anaerobico e dai ritmi dell’allenamento. Lo sport è un “farmaco” e, come tutti i farmaci, va opportunamente dosato, prescritto e somministrato.
Risponde
RICCARDO GUGLIELMI – Medico cardiologo sportivo
Specialista in malattie dell’apparato cardiovascolare e cardioangiochirurgia, è stato Direttore della Cardiologia Ospedaliera “Luigi Colonna” del Policlinico di Bari e docente di cardiologia presso la Scuola di specializzazione in medicina dello Sport dell’Università di Bari.