di Nicola De Mola

The Wilde Club, suonare post-rock «la cui differenza non sia indifferente»
BARI - The Wilde Club. È il nome di un ensemble post-rock barese, composto da Pierpaolo Martino, bassista, Maurizio Ranieri al piano e alle tastiere, Adolfo La Volpe alle chitarre, Stefania Ladisa al violino e Claudio Digennaro alla batteria. Il gruppo si avvale in alcuni brani anche della voce di Fabrizio Piepoli, dei Radicanto. Formatasi nel 2012, la band fonde (o come dicono loro, «con-fonde») rock, jazz, minimalismo sonoro e improvvisazione. Ha al suo attivo un mini album ed è prossimo alla pubblicazione del suo secondo lavoro. Abbiamo parlato con Pierpaolo, l'autore dei brani del gruppo insieme con Maurizio e Adolfo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Vi definite “ensemble post-rock”…

È un’etichetta che si è diffusa a partire dagli anni ’90: ne ha parlato soprattutto il giornalista Simon Reynolds in un suo pezzo scritto per “The Wire”. Il concetto di “post” di solito implica una decostruzione, una critica, una ri-articolazione di qualcosa. Con il termine post-rock si indicano cose molto diverse come la musica di gruppi quali Mogwai, Tortoise, Sigur Ros, Explosions in The Sky, ma anche Stereolab e Pram. In molte di queste band c’è un desiderio di utilizzare elementi tipici del rock per scopi “non rock” (come usare le chitarre per scopi timbrici e coloristici più che ritmici).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E venendo ai giorni nostri e in particolare a voi?

Parlando di post rock contemporaneo, alcuni suoi aspetti sono senz’altro la valorizzazione della componente strumentale (soprattutto basso e batteria), la dilatazione temporale, l’uso di elementi jazzistici, di parlati e di testi cantati in maniera spesso non convenzionale. La nostra “The true lover”, cantata da Fabrizio Piepoli, però rimanda molto anche alle ballate irlandesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra i vostri riferimenti letterari  c’è Oscar Wilde, citato esplicitamente nel vostro nome. Come può la sua figura influenzare un gruppo musicale?

L’interesse del rock nei confronti di Wilde è cosa vecchia. Ad esempio tutta la vicenda del “glam rock” rimanda a Wilde e all’idea della maschera e della performance.  Noi ci sforziamo di mettere in scena una sorta di poetica “wildeiana”, in cui si giochi con l’idea stessa di identità per abitare la soglia tra differenze e spazi sonori diversi, con-fondendo rock e jazz, minimalismo sonoro e improvvisazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
A Bari è nota la difficoltà delle band che non fanno cover nel suonare nei locali. Siete anche voi “vittime” di questa situazione?

Altrochè. La presentazione del cd l’abbiamo fatta in un luogo che in realtà non è un locale, ma un caffè che ha aperto appositamente per noi la sera del 19 gennaio scorso. Sì, è davvero dura: i circuiti sono pochi, quasi sempre gestiti dalle stesse persone per le stesse persone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

State per pubblicare il vostro secondo album…

Questa volta cercheremo un’etichetta, molto probabilmente in Inghilterra, dove è stato realizzato buona parte del lavoro per il nostro album (che si potrà trovare nei tre negozi di dischi della città). Dal vivo stiamo già suonando alcune cose che andranno a finire nel nuovo disco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per il futuro? Quali sono i vostri progetti?

Diventare ricchi e famosi! No, scherzo. Continuare a fare musica la cui differenza non sia indifferente. Insomma, portare avanti una sorta di laboratorio di ricerca sonora e compositiva gestito da musicisti che sono in sostanza compagni di idee e di viaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

The Wilde Club: "True lover" + "Toujours" dal vivo



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