Le antiche scritte clandestine sui muri di Bitonto: «Così il popolo faceva sentire la sua voce»
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martedì 22 luglio 2025
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di Francesco Sblendorio - foto Paola Grimaldi
Lo testimonia il caso di Bitonto, comune in provincia di Bari, sui cui edifici storici ancora oggi sono leggibili alcune scritte realizzate tra il 700 e il 900. Incisioni o lettere fissate con la vernice nera create direttamente dal popolo: perché qui non parliamo di targhe fatte apporre dalle istituzioni, ma di iscrizioni “clandestine” con cui i bitontini facevano sentire la propria voce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Accompagnati da Pasquale Fallacara, esperto di storia locale, siamo andati a scovare queste scritte facendo un viaggio nella Bitonto passata. (Vedi foto galleria)
Il nostro itinerario parte da Porta Baresana, rinascimentale accesso alla città per chi veniva da Bari. Sotto il portico, a circa due metri di altezza sulla sinistra, si può scorgere un’incisione un po’ frammentaria: Servitore servite bene, uno va l’altro viene, e sta scritto sotto la porta. Quanto più bene (farà) (a)more (ved)rà 1744. Delle scritte che vedremo è la più enigmatica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«È un invito a svolgere un compito con impegno per conquistare l’amore della città – spiega Fallacara -, ma non è chiaro a chi sia destinato. Può trattarsi di un richiamo ai forestieri che entravano a Bitonto passando sotto la porta oppure un comando rivolto a un domestico a servire al meglio. Ma non si può escludere che fosse invece un monito diretto ai dominatori stranieri, all’epoca gli Spagnoli, a governare con saggezza al fine di conquistare la benevolenza dei cittadini».
Non lascia invece spazio a dubbi la seconda frase muraria. Superata Porta Baresana entriamo in piazza Cavour. A sinistra, sull’esterno di un palazzo ottocentesco occupato da due locali di ristorazione si trova una scritta in vernice nera protetta da una teca: Viva il Papa. Abbasso il Papa Re. Viva V.E. II al Campidoglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo in pieno Risorgimento, con tutta probabilità tra il 1861, quando le regioni del Sud entrarono a far parte del Regno d’Italia, e il 1870, anno della conquista sabauda di Roma. I bitontini, da fedeli cattolici, inneggiavano al Papa, ma gli chiedevano di limitarsi a guidare la Chiesa, rinunciando al potere temporale. Al Campidoglio, sede del governo romano, volevano infatti Vittorio Emanuele II, re d’Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Con questa iscrizione – precisa Fallacara – il popolo esprimeva in forma semplice il principio “libera Chiesa in libero Stato”, fondamento della politica di Cavour».
Questa scritta e le successive che vedremo sono tutte impresse con una certa precisione, con lettere di uguale altezza, arrotondate o ben squadrate. Sembrano quasi stampate sulla pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I loro autori utilizzavano una precisa tecnica – afferma Pasquale -: si servivano di una lastra metallica su cui erano preventivamente tagliate le forme delle lettere: una sorta di “stencil” ante litteram. La lastra appoggiava al muro, si passava sopra la pittura e una volta rimossa rimaneva solo la scritta. Era ovviamente un metodo sbrigativo, perché si trattava di opere non autorizzate, da realizzare in fretta, senza essere visti dalle forze dell’ordine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lasciamo la piazza e imbocchiamo via Alfieri fino a giungere in largo Teatro. Qui, sul lato sinistro, si apre un’ampia scalinata. In cima a questa, sbiadita dal tempo, si intravede una perentoria richiesta da parte del popolo: Vogliamo la luce elettrica. La frase risale certamente a fine 800.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
« Nel 1883 era stato infatti inaugurato a Milano il primo impianto elettrico urbano d’Italia – precisa l’esperto –, ma a Bitonto solo un decennio dopo il Consiglio Comunale deliberò la sostituzione dell’illuminazione a olio con quella elettrica. Si dovette poi attendere altri sei anni per la stipula del contratto con la società fornitrice e altri due per l’avvio dell’impianto». Facile comprendere quindi l’impazienza dei bitontini che invocavano un più rapido progresso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Pochi passi e facciamo un nuovo salto nel tempo. Sulla facciata del teatro Traetta in tre diversi punti si intravede Votate Avv. Domenico Cioffrese. «I proclami risalgono al 1913 – rivela la nostra guida -, anno delle prime elezioni con suffragio esteso a tutti i maschi maggiorenni». Nel collegio di Bitonto, Giovinazzo e Terlizzi, tra i candidati alla carica di deputato i favoriti erano il socialista Gaetano Salvemini e il liberale Domenico Cioffrese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Lo scontro elettorale fu violento e Cioffrese fu sostenuto anche da cittadini poco “nobili” – spiega Fallacara –. Tra questi il capo dei malavitosi bitontini dell’epoca (un tale soprannominato “Rè Necòule”) e dai cosiddetti mazzieri: loschi personaggi che non esitarono a minacciare e bastonare i sostenitori di Salvemini. In questo clima fioccarono naturalmente anche le scritte non autorizzate sui muri degli edifici pubblici con cui si invitava a votare Cioffrese». Ovviamente fu proprio lui ad aggiudicarsi il seggio in Parlamento che detenne fino al 1919.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguiamo e percorriamo una ripida discesa che ci porta fino a Porta La Maya, un altro ingresso della città incastonato tra antiche mura. Superiamo la porta, giriamo a sinistra e qualche decina di metri più avanti, su un palazzo, registriamo infine una più “recente” frase che raccomanda: Votate lista n. 8.
«Risale agli anni 70 del 900 e si riferisce alle elezioni per il rinnovo del consiglio di amministrazione di un organo sciolto ormai da tempo: il Consorzio Strade Vicinali – spiega Fallacara –. L’ente, attivo nel secondo Dopoguerra, si occupava di realizzare strutture che collegassero tra loro le strade extraurbane dirette a Bitonto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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