di Giancarlo Liuzzi

Bari, è il compleanno di Piccinni: la storia del grande compositore e della sua "Casa" abbandonata
BARI – Può definirsi l’artista barese più importante di sempre, lui che fu autore di oltre 140 opere, professore dell’Académie Royale de Musique di Parigi e maestro di canto e clavicembalo della Regina Maria Antonietta. Parliamo del grande Niccolò Piccinni, di cui oggi ricorre il 295° anniversario della nascita. (Vedi foto galleria)

Bari in questi giorni celebrerà il compleanno del compositore con eventi artistici e musicali, per poi però dimenticarsi del suo illustre cittadino per il resto dell’anno. Perché se è vero che a lui sono dedicati un antico teatro, una strada, una statua e anche il Conservatorio, va anche sottolineato come il capoluogo pugliese non sia riuscito a creare uno spazio permanente dedicato alla sua vita e alla sua musica.

La stessa “Casa Piccinni” di piazza Mercantile (che ingloba l’originaria abitazione del musicista), ad esclusione di qualche sporadica apertura, è ormai chiusa e abbandonata da oltre 10 anni per via di problemi legati agli adeguamenti strutturali dell’edificio.

Eppure il progetto di un centro di ricerca e di un museo risale alla metà del 900, quando l'artista e scultore Gaetano Stella, proprietario dell'immobile, donò la casa al Comune che, anno dopo anno, acquistò i diversi lotti che la costituivano.

Nel 1999 nacque così “Casa Piccinni” dove, grazie al contributo del Conservatorio, di privati ed enti, vennero raccolti documenti, strumenti e cimeli legati al compositore. Nel 2012 però la mancanza di fondi portò allo svuotamento e all’abbandono dell’edificio.

L’immobile si trova ad angolo tra piazza Mercantile e vico Fiscardi, alle spalle della storica Fontana della Pigna. L’ingresso a piano terra è contraddistinto da una piccola targa dorata con su scritto “Casa Piccinni-Centro ricerche musicali”, anche se in realtà l’originario accesso, come ricordato da una vecchia scritta del 1882 presente su un muro esterno, si trova nell’adiacente vico Fiscardi ma è oggi occupato da un malandato magazzino.

L’interno dello spazio ospita ancora qualche ricordo del musicista. Sulle pareti, scrostate dall’umido, sono affissi alcuni pannelli che raccontano la vita del compositore e in un angolo fa ancora mostra di sé il suo busto realizzato dallo stesso Stella.

Mentre dall’altro lato troviamo la nera lastra tombale di Piccinni. Quest’ultima, fatta realizzare dal suo allievo Neveu su una precedente lapide di un ufficiale francese, si salvò miracolosamente dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale che devastarono il cimitero dove si trovava, a Passy, in Francia. Fu lo storico barese Vito Antonio Melchiorre, negli anni 50, a riuscire a recuperarla da un museo francese dove era conservata facendola portare a Bari.

Oltrepassato un arco cinquecentesco ci sono altri ambienti occupati da una serie di sedie che costituiscono la vera abitazione dell’artista, mentre i locali situati ai piani superiori risultano inaccessibili.

«Che peccato vedere quel luogo abbandonato – sottolinea Angelo Pascual De Marzo, musicista e presidente dell’associazione “I luoghi della musica”, da tempo impegnata nel tener viva la memoria del compositore -. Riaprire quella sede sarebbe una grande opportunità per la città: in passato abbiamo anche realizzato eventi e incontri con esperti e musicologi esteri. E ci sono tanti turisti francesi che arrivano a Bari chiedendo informazioni sulla vita di Piccinni: a loro non possiamo che mostrare un edificio perennemente chiuso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Angelo è anche autore del volume “Niccolò Piccinni le Barisien” che ci ha aiutato a ricostruire la vita del celebre musicista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Vito Nicola Marcello Antonio Giacomo Piccinni (detto Niccolò) nacque il 16 gennaio 1728 da Onofrio, violinista e maestro di cappella della Basilica di San Nicola e da Silvia Latilla, sorella del compositore Gaetano. Fu l’arcivescovo di Bari Muzio Gaeta II, dopo aver ascoltato il giovane suonare il clavicembalo, a convincere il genitore a mandarlo a Napoli per studiare nel conservatorio Sant’Onofrio. Pare fu lo stesso prelato a sostenere le spese di istruzione di Niccolò nel capoluogo campano, dove ebbe come insegnanti Leonardo Leo e Francesco Durante, due tra i più noti direttori dell’istituto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1756, completati gli studi, iniziò a scrivere partiture, debuttando al teatro dei Fiorentini di Napoli con il lavoro “Le donne dispettose” che riscosse immediato successo e venne rappresentata subito dopo a Bologna, Roma, Milano e Reggio Emilia. Al suo primo lavoro fecero seguito oltre 140 composizioni divise tra opera buffa, opera seria e oratori, che lo portarono a divenire uno dei maggiori esponenti della scuola musicale napoletana e del classicismo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra le opere maggiori: Demofoonte, Artaserse, Didone abbandonata, Le donne vendicate, La buona figliuola maritata e soprattutto “Cecchina ossia la buona figliola”. Quest’ultima fu infatti il suo capolavoro, messa in scena la prima volta a Roma il 6 febbraio del 1760. Composta in soli 18 giorni basandosi sul libretto di Carlo Goldoni, segnò una svolta storica nell’evoluzione del dramma giocoso e inaugurò il genere “lacrimevole”, pur mantenendo le caratteristiche di un’opera buffa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La narrazione segue le vicende di Cecchina, serva del marchese della Conchiglia, di cui è innamorata. Il nobile la ricambia, ma le convenzioni del tempo non consentono l’unione tra i due: si scopre infine che la donna è la figlia di un barone tedesco che l'aveva abbandonata e l'amore può quindi trionfare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La Cecchina divenne l’opera più rappresentata della fine del 700 (oltre 300 repliche) non solo sui palchi italiani ma in tutto il globo, arrivando in Spagna, Russia e persino in Cina. Proprio qui si racconta che l’Imperatore restò così colpito dalla rappresentazione teatrale da volerla rivedere continuamente. Fece così realizzare un palco con le varie scene e istituì una compagnia di musicisti che risuonavano le melodie di Piccinni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Roma invece divenne così popolare che oggetti, costumi e osterie venivano chiamate “alla Cecchina”. E anche a Napoli un tipo di caffè portava il nome della prestigiosa opera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1774 la notorietà di Piccinni lo portò a Parigi dove iniziò a collaborare con l’Académie Royale de Musique (l’odierna Opéra di Parigi) e persino la Regina Maria Antonietta lo volle come suo personale maestro di canto e clavicembalo. Mentre nel 1783 andò in scena la sua Didone alla presenza del re Luigi XVI nel teatro di corte a Fontainbleau.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1791, cominciati i moti rivoluzionari in Francia, Piccinni fece ritorno a Napoli con la sua famiglia. Qui fu prima ben accolto dal re Ferdinando IV che gli affidò la Scuola Reale di Canto. In seguito però, il matrimonio della figlia di Niccolò con un democratico francese, lo condannò alla disgrazia. Il musicista fu tacciato come “giacobino” e simpatizzante per i rivoluzionari, finendo persino agli arresti domiciliari per quattro anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu questo l’inizio del declino di Piccinni: le sue opere vennero cancellate dai programmi teatrali e la sua fama iniziò a scemare. Pieno di debiti e in precarie condizioni di salute tornò in Francia e si ritirò a Passy, dove morì il 7 maggio del 1800 all’età di 72 anni. Venne sepolto in una fossa comune di un piccolo cimitero che, come detto, fu in seguito devastato dalle bombe durante la seconda guerra mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Parigi però il ricordo del musicista è ancora molto vivo, tanto che un suo busto è esposto sulla facciata esterna dell’Operà Garnier. Mentre Bari, ancora oggi, non riesce a dare una casa a quello che è stato il suo più illustre “figlio”. 

(Vedi galleria fotografica)


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  • Mariella Lipartiti - Grazie per aver pubblicato questo articolo tanto esaustivo sul nostro più illustre concittadino. Noi del Fai ci occupiamo, ad ogni suo compleanno, di aprire la sua casa al pubblico e di farlo conoscere ai baresi attraverso le nostre manifestazioni. Speriamo di riuscire a lasciare una traccia della sua preziosa attività di compositore


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