di Francesco Sblendorio

Storia, riti e tradizioni degli "ziazì": i pellegrini che da secoli giungono a Bari per San Nicola
BARI – Invadono la città in modo pacifico e colorato a maggio e a dicembre, "armati" di bastoni e stendardi ed equipaggiati di medaglioni e sacchi a pelo. Sono i pellegrini di San Nicola, meglio conosciuti come Ziazì: gruppi di fedeli del Sud Italia che da sempre giungono nel cuore del centro storico per venerare il Patrono di Bari nei giorni delle sue celebrazioni ufficiali. (Vedi foto galleria)

Se secoli fa la maggior parte di loro derivava dal Salento, dalla Sicilia e dalla Calabria, da tempo le comunità più numerose sono quelle che arrivano dall’Abruzzo e dalla Campania, terre nelle quali la figura di San Nicola è particolarmente sentita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Del resto il “soprannome” stesso rivela la loro provenienza. Si tratta infatti di un termine abruzzese pronunciato dai giovani per chiamare anziani e sconosciuti in segno di rispetto e andato poi a identificare i devoti che, a piedi o a bordo di carretti, partivano dalle zone montuose per raggiungere il capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Il vocabolo ha poi compreso pure i pellegrini di altre regioni: Molise, Campania (nel casertano si usa la variante ziazin), Calabria, Basilicata e basso Lazio. A Bari però si definiscono così anche i devoti ortodossi dell’Est Europa, in primis russi e rumeni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La Basilica di San Nicola ha tradizionalmente registrato la presenza degli ziazì in città, annotando i loro nomi e le spese sostenute per ospitarli. Solo dal 1659 però. In realtà i “forestieri” arrivavano anche prima, senza lasciare traccia scritta. Già dal Medioevo infatti i pastori percorrevano i sentieri della transumanza fino alle pianure pugliesi, raggiungendo la tomba di San Nicola per ringraziarlo e chiedergli aiuto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi i fedeli giungono a Bari a bordo di pullman o in macchina, soprattutto il 6 dicembre, ma non mancano quelli che, almeno il 7 maggio, proseguono l’usanza della marcia a piedi. A spingerli non è solo il piacere di rispettare una tradizione, ma un forte sentimento di devozione nei confronti del santo di Myra, che si tramanda di padre in figlio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Soste quasi obbligate, prima dell’arrivo nel capoluogo pugliese, sono alcune chiese e santuari del Foggiano (Madonna di Stigliano, San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo, Incoronata) e tutti i centri costieri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra loro troviamo persone di ogni età e ceto sociale: la media supera i 50 anni, ma i giovani sembra che stiano aumentando. Tra i decani c’è Nicola Crisanti, oggi 85anne. «Da 72 anni non mi perdo un pellegrinaggio da Vasto a Bari – ci racconta -, rinnovando un’usanza che nella mia città è attiva da più di tre secoli. Sono venuto a San Nicola la prima volta nel 1950 e anche questo 6 dicembre cercherò di non mancare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ciascuna compagnia è guidata sempre da un capogruppo, detto “priore”, porta un proprio stendardo ed è caratterizzata da un abbigliamento specifico. Ad esempio gli ziazì di Cesa (Caserta), che vengono a Bari dal 1907, hanno una fascia gialla e un bastone in legno, mentre i loro priori aggiungono un medaglione con l’effigie di San Nicola. Il volto del patrono lo si ritrova sui fazzoletti attorno al collo dei pellegrini di Vasto, mentre le donne di San Salvo (in provincia di Chieti), che giungono a Bari dalla prima metà dell’800, indossano un lungo grembiule a bottoni e una coperta a tracolla, in ricordo dei tempi in cui si pernottava in rifugi di fortuna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Spesso poi al viaggio, tra canti e balli, è associato un particolare rituale, come quello di salire le scale del sagrato della Basilica in ginocchio. «Tipico della compagnia di San Salvo, di cui faccio parte, è il rito del “perdono” – ci dice il priore chietino don Francesco Paolo Vennitti –. Ci disponiamo tutti intorno a un crocifisso, privo di qualsiasi ornamento e ognuno di noi in ginocchio chiede perdono al Signore e, simbolicamente, a ciascun compagno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Molte consuetudini sono invece legate ai prodotti agricoli. «Durante le messe del 6 dicembre – ci rivela Donato Cassano, sagrestano della basilica – i pellegrini percorrono in processione la navata centrale portando all’altare frutta, verdura e ortaggi tipici delle loro terre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Mentre noi di Cesa a maggio acquistiamo a Bari grandi quantità di noci e carrube che poi mettiamo, assieme alle immaginette di San Nicola, all’interno di apposite bustine da regalare a parenti e amici», ci dice Marco Mangiacapre, erede di una famiglia di priori del suo paese. 

Anticamente molti devoti erano ospitati dalle famiglie del centro storico e la Basilica offriva loro cibo e pernottamento. Dal 1915 però viene consegnato ai fedeli solo un simbolico tarallo di pane. «Comunque, anche oggi, facciamo sempre in modo di mettere a disposizione dei pellegrini alcuni locali per l’alloggio – sottolinea Emanuele Lanzone, volontario del Laicato Domenicano, organizzazione che si occupa dell’accoglienza -. Anche se ci sono ancora quelli che preferiscono dormire per terra, in ricoveri occasionali, come forma di sacrificio in onore del santo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una curiosità: all’ingresso di Santo Spirito, provenendo da Giovinazzo, una villa da decenni offre ospitalità agli ziazì: gli antenati degli attuali proprietari, infatti, hanno lasciato tra le proprie volontà l’indicazione di aprire sempre le porte agli ziazì.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Del resto si sa, Bari è “amica” dei forestieri, ai quali nel 1928 l’autore barese Gaetano Savelli ha dedicato persino una poesia dal titolo “Le Pellegrine”. Un componimento in vernacolo che fa così: «Da tutte le vanne/Necole candanne/ Chezzale e pasture/Pezzìinde e seggnure/Arrivene a Bbare/ P’u Sande marnare/ Pe strate, pe cchiàzze,/ Che m-mane la mazze/ Annuscene done/ P’u Sande Patrone».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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