Viaggio nell'ex brefotrofio di Bari, lì dove sopravvivono i ricordi dei bimbi abbandonati
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venerdì 9 settembre 2016
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di Alessia Schiavone
Perché il complesso è ancora lì, ubicato nell’isolato tra via Amendola e stradella Petrera. E’ formato dall’antica Villa Capriati (che ospitò i neonati dal 1932 al 1956), abbandonata da anni e occupata ora da precari e studenti e da un grande edificio giallognolo attuale sede della Polizia provinciale, che accolse i piccoli dal 1956 fino alla chiusura dell’istituto.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Dopo aver raccontato le storie di chi in quel luogo ci ha lavorato o di chi seppur per pochi mesi ci ha vissuto, abbiamo deciso di andarci a dare un’occhiata. Non senza motivo, visto che alcune stanze del brefotrofio “sopravvivono” ancora: all’interno del secondo edificio si trovano infatti numerosi locali non utilizzati che ospitano ricordi di piccoli che lì hanno passato i primi anni della loro vita.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Entrando dall'ingresso che si affaccia su strada Petrera ci troviamo davanti a un viale inghiottito da un fitto giardino che ci conduce verso l’imponente complesso. Distinguiamo tre padiglioni, di cui uno visibilmente decadente, con finestre fatiscenti e gli accessi murati. Accediamo quindi nel secondo, dove una porta aperta ci invita a entrare.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Saliamo le scale e ci ritroviamo di fronte a un lungo corridoio le cui mura colore verde acceso trasudano frammenti di vita che si ostinano a voler rimanere imprigionati in quel luogo. A darci questa sensazione sono i tanti disegni appiccicati alle pareti. Alcuni rappresentano animali, altri paesaggi tinteggiati con i colori dell'arcobaleno. A catturare il nostro sguardo è soprattutto un cartoncino che ritrae due colombe a bordo di un carretto giallo con la scritta "briciole".Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Sono stati creati dai bimbi che vivevano qui, mentre attendevano un’adozione che però purtroppo non sempre arrivava. I piccoli, se nessuno decideva di prenderseli con sé, una volta raggiunti i 3 anni venivano trasferiti in un orfanotrofio, dove venivano ospitati fino alla maggiore età.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Proseguiamo il nostro giro. Sulle porte di alcune stanze si trova ancora la targhetta che ne indicava il reparto, come quella di colore rosso castagno che recita “logoterapia”. A questo punto usciamo e ci rechiamo al terzo padiglione. Ma purtroppo qui veniamo fermati: ci viene detto che per poter proseguire occorre un’autorizzazione rilasciata dagli enti competenti.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Peccato perché da quanto sappiamo in questo plesso si troverebbero delle antiche cullette in metallo e piccole vasche dove i bambini venivano lavati. Nel sotterraneo ci sarebbe addirittura anche una piccola cappella, utilizzata all'epoca per battezzare i neonati non appena giunti in istituto.
Abbandoniamo così con rammarico l’ex brefotrofio. Purtroppo la burocrazia non ci permetterà di ritornarci: il permesso per una visita da parte del segretario generale della Città Metropolitana non arriverà mai.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Ma abbiamo fatto delle ricerche e siamo riusciti a sapere che l'intera struttura poteva ospitare circa 150 posti letto. Ogni piano aveva un reparto. C’era quello dove venivano ospitati gli “immaturi”, i piccoli nati prematuramente e un altro in cui erano accolti i bambini in quarantena. Naturalmente era presente una stanza dove i bimbi venivano accuditi dalle puericultrici, oltre all’area riservata alle balie esterne che allattavano i neonati dietro corrispettivo.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Si trattava di una struttura d’eccellenza e vi era una pulizia disarmante. Due volte al giorno le suore lavavano i pavimenti con sapone e acqua bollente e sterilizzavano gli indumenti con appositi macchinari. Una cura garantita dai tre medici che si susseguirono nella gestione dell'Istituto: il professor Francesco Pinto, il dottor Nitti e il dottor Pasquale Martinelli.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
E pensare che nel 2008 la Provincia di Bari voleva demolirlo: per fortuna questo attentato alla memoria fu impedito dai tanti che in quell'edificio avevano lasciato i loro primi ricordi. Lì dove avevano imparato a camminare, a parlare, a sorridere, a piangere.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
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Scritto da
Alessia Schiavone
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