di Gaia Agnelli

Bari, le vecchie ricevitorie nate con il Totocalcio: «Ma tecnologia e azzardo hanno cambiato tutto»
BARI – Tutto ebbe inizio nell’immediato Dopoguerra, quando nel Belpaese vennero creati due concorsi a premi destinati a scandire da quel momento le settimane degli italiani: il Totocalcio e il Totip. Giochi molto semplici, fondati sulla scelta tra “1”, “X” e “2”, che si basavano sui risultati delle partite di calcio e delle corse dei cavalli. E per permettere a tutto il popolo di scommettere furono istituite, sparse per il Paese, le “ricevitorie”. Luoghi a volte ospitati in esercizi commerciali quali tabaccherie e perfino latterie, dove era possibile compilare le schedine sperando di azzeccare i pronostici. Con il sogno, come nel caso dell’amatissimo Totocalcio, di fare il mitico “Tredici” che avrebbe potuto cambiato la propria vita per sempre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi però di quel romantico mondo fatto di domeniche passate alla radiolina, di discussioni al bar, di concorsi in cui si poteva vincere spendendo anche poche lire, non è rimasto praticamente nulla. Alla porta delle ricevitorie hanno infatti nel frattempo bussato il gioco d’azzardo (tra slot machine e gratta e vinci) e la tecnologia, che ha reso tutto più automatizzato e “alienante”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Totip del resto è morto nel 2007 e il vecchio Totocalcio ha perso tutto il suo fascino per colpa di un campionato “spezzatino” e soprattutto a causa del boom dei siti di scommesse che permettono di puntare su qualsiasi cosa online.  

E così i piccoli botteghini si sono pian piano estinti o si sono adeguati al cambiamento dei tempi. A Bari di vecchie ricevitorie del Totocalcio (che si distinguono da sempre da quelle del Lotto) ne sono sopravvissute tre, di cui due hanno cambiato gestione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una però è portata avanti da decenni dalla stessa famiglia e si trova ancora oggi in via Ravanas, strada del quartiere Libertà in cui è nata nel lontano 1948. È quella dei Magrone. Un locale che siamo andati a visitare per rivivere, attraverso cimeli e foto d’epoca, un pezzo dell’Italia di un tempo. (Vedi foto galleria)

Giunti in via Ravanas (di fronte a Palazzo Rava), entriamo in un ambiente praticamente diviso in due. Se sulla sinistra ci sono schermi e teche con gadget sportivi, dall’altra sono esposti riconoscimenti e premi vinti dai Magrone, tra cui quello “Al servizio dello sport” ricevuto nel 1958 dalla signora Francesca Cellamare per i 10 anni di collaborazione con il Totocalcio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Francesca era mia madre – esordisce il 61enne titolare Daniele –. Fu lei, assieme a mio padre Angelo, ad aprire la ricevitoria nel 1948, due anni dopo l’invenzione del Totocalcio. La cosa bella è che decisero di accostarla alla latteria che gestivano, unendo la vendita di latticini alla diffusione di schedine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il signore ci mostra infatti delle foto d’epoca che ritraggono il vecchio negozio con tanto di insegna che reca la parola “Gelateria” con quella di “Totocalcio” e con le vetrine che da un lato pubblicizzavano il gioco e dall’altro esponevano scamorze e uova. In un’altra immagine si vede l’interno dell’esercizio con scaffali pieni di biscotti, cioccolatini e patatine, affiancati dal logo del Totocalcio, il tutto posto sotto un vecchio pendolo ancora presente all’interno del locale. 

«Negli anni 80 però la latteria cessò la sua attività e la ricevitoria divenne “pura”», afferma il titolare indicandoci uno scatto di quegli anni in cui compare con il fratello Michele, purtroppo scomparso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sulle pareti notiamo anche un quadro che riporta le vincite più grosse avvenute all’interno del botteghino, che tra il 1992 e il 1993 riuscì a “distribuire” più di un miliardo di lire tra gli scommettitori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Di sorrisi sui volti delle persone, in 75 anni di attività, ne abbiamo visti tanti – rammenta nostalgicamente Daniele mentre ci fa vedere delle vecchie schedine del Totocalcio e del Totip –.  Ricordo ancora la lunga fila dei giocatori qui fuori, il sabato, in attesa di scommettere su un 1, un X o un 2. Molti provavano i sistemi, avvalendosi di studi di statistica “fatti in casa”. Noi stessi proponevamo delle schedine “pensate” e già prestampate con un apposito macchinario che avevamo qui in sede. E in molti ci chiedevano consigli, così questo posto diveniva un punto di incontro animato, dove si scambiavano chiacchiere e si passava allegramente la giornata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da allora però di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e posti come questo si sono radicalmente trasformati. «Purtroppo direi – confessa Magrone –. Del resto al Totocalcio non gioca più nessuno: subisce la concorrenza di mille concorsi e poi non è considerato competitivo. Ormai il campionato è spezzettato in tanti giorni e non c’è più il fascino di un tempo, quando nel giro di 90 minuti era possibile conoscere tutti i risultati, sapendo subito se si era vinto o perso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E poi c’è dell’altro. «Lo Stato ha imposto alle ricevitorie di vendere prodotti differenti oltre alle schedine – spiega Magrone –. Noi abbiamo virato sui gadget sportivi, come cappellini e magliette. E poi pur di campare siamo stati costretti ad adottare anche le tristi slot machine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Vorremmo però non essere confusi con il gioco d’azzardo: per quanto ci riguarda si tratta di due mondi ben distinti», interviene decisa Gabriella, la moglie di Daniele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine la coppia tiene a sottolineare il ruolo che ha avuto la tecnologia nella trasformazione della loro occupazione. «I computer hanno “alienato” il nostro lavoro rendendolo automatico – esclamano i due all’unisono –. Adesso i clienti entrano, vanno direttamente davanti allo schermo, compilano la schedina da soli in una manciata di secondi ed escono: il nostro compito rimane solo quello di accettare la giocata. Non è rimasto nulla della “poesia” di una volta. Ma noi non demordiamo e continuiamo ad andare avanti: lo facciamo per rendere omaggio ai nostri 75 anni di vita, seppur consapevoli che i tempi che abbiamo vissuto non torneranno mai più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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