di Anna Laura Lozito

 Il duecentesco Forno antico: quel luogo che da secoli cuoce a legna le "tièdde" dei bitontini
BITONTO – Vi abbiamo parlato più volte dei vecchi forni pubblici che per secoli hanno caratterizzato i centri storici pugliesi: luoghi in cui chiunque poteva portare le pietanze da cuocere in cambio di una piccola offerta. Realtà che a Bari sono scomparse poco a poco in virtù del progresso che ha permesso a tutti di possedere una cucina in casa. A Bitonto però ce n’è uno che resiste da tempo immemore, pare addirittura dal 1260: è il “Forno antico”. (Vedi foto galleria)

L’attività, che produce giornalmente pane, focacce e taralli, accoglie infatti ancora coloro che preferiscono regalare alle proprie tiédde di pasta al forno o parmigiana la cottura speciale data dalla legna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo così andati a visitare questo gioiellino gestito dalla famiglia Carlucci, in particolare dai fratelli Domenico e Cesare. Partendo dal retro del teatro Traetta svoltiamo in via Aporti fino a trovarci nel centro storico. Di lì a pochi metri raggiungiamo piazza Minerva, dove al civico 5 sorge il nostro forno, nascosto dietro una piccola porta con la tendina a frange coronata da un’insegna curvilinea in legno e due lanternine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci troviamo nei pressi della duecentesca chiesa di San Francesco d’Assisi (detta “della Scarpa”). Una posizione non casuale, visto che proprio attorno ai luoghi di culto si concentrava un tempo la vita cittadina. Così ecclesiastici e gente comune potevano approfittare dei tanti forni presenti, in cui veniva preparato in primis il pane casereccio, detto massarìgne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo e scendiamo quattro gradini venendo accolti dal figlio 25enne di Cesare, Michele. «Ho ereditato il nome e l’orgoglio del mestiere da mio nonno, che rilevò questo locale sessant’anni fa», ci dice il giovane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


L’ambiente attorno a noi è intriso di un’aria antica accentuata dagli arredi in legno e dai muri in pietra scanditi da archetti murati, su uno dei quali spicca lo stemma di Bitonto con l’ulivo e due leoni. Alla nostra sinistra sono impilate teglie di taralli pronti per la cottura, ma quello che balza all’occhio è soprattutto il grande arco che racchiude l’incandescente e profonda bocca del forno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al di sopra sono presenti due bassorilievi. Il primo mostra un umile panettiere intento a inserire una forma nella fornace, il secondo raffigura tre soldati armati di parma e giavellotto che precedono una biga trainata da un cavallo con in capo un elmo apulo-corinzio. Poco più sotto sono esposti un secondo stemma e un utensile, entrambi più recenti e fatti di legno, mentre poggiata a una parete giace una pietra con incisa in caratteri gotici quella che a detta di molti sarebbe la data di fondazione dell’attività: il 1260.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non resta ora che scrutare all’interno del forno, lì dove sono presenti numerose teglie, tra cui alcune che contengono i famosi picciuatidde, ovvero dei piccoli taralli. Occupano però solo una parte dello spazio disponibile grande in tutto 20 metri quadri. «Parliamo di una delle più grandi bocche del nord barese – ci informa Michele –. Riesce a contenere simultaneamente circa 130 focacce». Un prodotto quest’ultimo che ritroviamo alla sinistra del bancone, con la pasta dorata punteggiata di pomodori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come detto però l’esercizio dei Carlucci ospita anche i tegami di creta dei bitontini.  Come quelli della 67enne Anna che ci racconta di come anche sua zia Rosa fosse solita affidare a loro la pasta a u fùrne che non si adattava ai forni casalinghi. «È un piatto che ha bisogno dell’alta temperatura donata dalla legna – afferma -: il sapore diventa qualcosa di diverso, unico e tradizionale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ancora oggi sono tante le anziane che ci portano, soprattutto la domenica, le loro tièdde di patate riso e cozze o di parmigiana fatta in casa – conferma Michele –. Si tratta di usi tipici dei centri storici pugliesi: abitudini che non potranno mai sparire».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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