di Gaia Agnelli

«Un euro di focaccia»: storia, ricetta, riti e tradizioni del "piatto" più barese di Bari
BARI - È amata da grandi e bambini, si può mangiare ovunque (anche e soprattutto per strada) e non si acquista a peso ma a stèzze (pezzo). Parliamo ovviamente di “sua maestà” la focaccia barese, uno dei “piatti” indissolubilmente legati al capoluogo pugliese. Basta infatti spostarsi di qualche chilometro, già nell’hinterland, per notare notevoli differenze con la “ruota made in Bari”.   

Siamo quindi andati a esplorare storia, ricette, riti e tradizioni di questo invidiabile prodotto da forno (vedi anche foto galleria).

Storia e ricetta - Furono i Fenici, nel II secolo a.C., a dare vita a questa pietanza impastando miglio e orzo con acqua e sale e cuocendo poi il tutto su pietra con una elevata quantità di grasso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il prodotto si diffuse in seguito in tutto il Mediterraneo e anche nell’antica Roma, dove il panis focacius, essendo considerato un pasto ricco, veniva offerto in dono agli dei. E se oggi la focaccia si accompagna solitamente con una birra, all’epoca nei banchetti di nozze era consumata bevendo del vino bianco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel corso dei secoli ogni città italiana ha fatto sua la ricetta, “personalizzandola”. In generale nel resto d’Italia (vedi Genova), la focaccia è spessa e soffice, utile per essere farcita con dei salumi e a volte usata in sostituzione del pane. A Bari al contrario è sottile e croccante e prevede un largo utilizzo del pomodoro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per prepararla si versano in una ciotola farina, semola di grano duro, sale, lievito e acqua, amalgamando il tutto per una ventina di minuti e aggiungendo due cucchiaini di olio per tenere l’impasto morbido e non farlo seccare. Successivamente si ripone il tutto su una teglia rotonda inumidita con molto olio d’oliva e si lascia lievitare per circa dieci ore. Al termine, si aggiunge il condimento, ovvero pomodori ciliegino, origano e olive baresane  per poi cuocere in forno per venti minuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I panifici storici – In città è possibile mangiare una buona focaccia in qualsiasi panificio, anche se alcuni forni sono decisamente più famosi di altri, soprattutto per via della loro storia. A Bari Vecchia ce ne sono tre che è impossibile non citare: Santa Teresa, Fiore e Santa Rita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I primi due vendono una focaccia leggermente più alta e morbida, il terzo invece la propone più sottile e croccante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La differenza nel nostro caso la fanno la maggiore lievitazione e idratazione», ci spiega il 71enne Nicola Violante, proprietario di “Santa Teresa”, situato dal 1948 su strada Santa Teresa dei Maschi, a pochi passi dalla chiesa omonima. Il panificio è caratterizzato da un piano cottura girevole che viene fatto ruotare tramite un “timone” a pedale prima di entrare nel forno. 


«Gli ingredienti sono però gli stessi per tutti», avverte il 44enne Domenico, titolare di “Fiore”,  uno degli esercizi commerciali più antichi di Bari, aperto com’è dal 1912. Il locale, gestito dalla famiglia Fiore dal 1930, è sito in un’ex chiesa bizantina del 1208 ed è ubicato  in strada Palazzo di Città, alle spalle della Basilica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In strada dei Bianchi Dottula si trova invece “Santa  Rita”, attivo da quasi cento anni ma portato avanti dai Bolumetto da cinquanta. Qui come detto la focaccia è più sottile. «Prepariamo un prodotto più leggero con materie prime di qualità, tra i quali un olio di prima scelta», afferma il proprietario Giuseppe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il rito dell’acquisto e del consumo – A parte il gusto ciò che fa della focaccia un prodotto particolare è il modo in cui si acquista e si consuma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Intanto non si vende a peso: nessun barese entrerebbe mai in un panificio chiedendo «200 grammi di focaccia». Al contrario si chiede una ruota, mezza ruota, “due euro” o “un euro”.  «A Bari si è abituati così – ci spiega Violante -. E noi per facilitarci la vita tagliamo la ruota in pezzi orientativamente da un euro: è più comodo, intuitivo e veloce».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Focaccia che poi difficilmente si acquista e si porta a casa. Al contrario questo prodotto si consuma per strada, camminando o appoggiati a qualche auto. Parliamo del resto dello “street food” barese per eccellenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Io amo gustarla di fronte al mare, con la compagnia del sole e del vento», ci dice la 21enne Emanuela. «Ovviamente accompagnata da una Peroni “alla canna”», sottolinea sorridendo il suo amico Davide.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Altra caratteristica della focaccia è che non tutti la mangiano così com’è. Anni fa proponemmo un sondaggio dal quale risultò che solo il 66% dei baresi la consuma intera: il 27% toglie infatti il pomodoro, il 5% scarta le olive e l’1% butta via la crosta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quasi me ne vergogno, ma io tolgo i pomodori – ci dice la 30enne Roberta -. Li lascio un po’ sulla focaccia in modo che rilascino sapore, ma poi li getto nel momento in cui inizio a mangiare». «Io invece butto le olive – sottolinea il 25enne Pierpaolo -: non so perché ma credo che cambino il sapore alla focaccia». «Meglio per me – esclama la sua fidanzata Nicole - così posso prenderle da lui e aggiungerle al mio pezzo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Se scarto qualcosa? - conclude la 32enne Virginia - Macchè: se non me la tolgono in tempo mi mangio pure la carta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • Egidio de Pace - Grazie per avermi ricordato il mito " focaccia" . Sono emigrato a Roma 50 ,anni fa e appena arrivo a Bari focaccia e corsa nderr a la lanze a mangia' le rizz !!
  • Stefano - Ebbene si, sono sempre io. Quando ero ragazzino e frequentavo la scuola elementare Balilla, a mezzo giorno, prima di ritornare a scuola per fare educazione fisica, spesso era rito per me andare al panificio Papa in via De Rossi o al panificio (di cui non ricordo il nome) di fronte alla latteria Principe (mozzarelle fine del mondo a prendermi una mezza ruota di focaccia con una stupenda fetta di mortadella essa sopra. Ma mi posso ritenere fortunato; qui in un paese (Desio) vicino dove vivo ormai da 40 anni ho trovato un panificio " Sapori di Puglia " il Panettiere e la moglie sono entrambi di Bari, e producono una focaccia tradizionale barese che è anch'essa la fine del mondo. E noi baresi di una volta siamo fatti così.
  • Felice - Consumare la focaccia mènze a la strade, è una sciccheria. Si comincia ad addentarla dalla punta morbida e calda, tanto da rischiare di ungersi l'abito a causa del bizzarro pomodorino che si stacca dalla focaccia, fino a raggiungere i bordi bruciacchiati da triturare e assaporare bene con i molari. Evvai!
  • Salvo - In realtà la focaccia è molto cambiata nel tempo: almeno così mi sembra dall’ alto dei miei 77. Quando ero ragazzo era più asciutta e più povera di pomodori. Si mangiava anche fredda poiché i panifici la sfornavano una o due volte al giorno. Poi quando ero al liceo e poi all’università cominciò a diffondersi la ...moda della focaccia sottile, croccante e piena di pomodori. Si facevano chilometri per andare da Signorile, nei pressi del cinema Impero. Ci andavo con amici ma a me non piaceva: troppo umida, troppo calda, troppo lievito, troppo pomodoro. Era croccante, è vero, ma solo quando era caldissima, poi diventava una massa molle, intrisa d’acqua e di pomodoro. A mio avviso fu l’inizio di una grande ...frode. Per avere più infornate bisognava ridurre il tempo di lievitazione, aumentando la quantità di lievito, e ridurre i tempi di cottura, temperature alte, in modo da ottenere bruciacchiature esterne, lasciando molta acqua nell‘impasto. Un maggior numero di pomodori, semicrudi, che in molti casi finiva per tappezzare i marciapiedi, contribuiva ad aumentare il peso e quindi il prezzo. Questa è rimasta quella che viene definita la “ vera focaccia barese”. Provate al panificio S. Francesco, nei pressi del giardino Garibaldi: fino a pochi anni fa vi trovavo la stessa focaccia di sempre.


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