di Daniele Cifarelli - foto Valentina Rosati

Profondi burroni e memorie saracene: è la Rabatana, il borgo "sospeso" nel tempo
TURSI – Un borgo posto in cima a una collina e circondato da profondissimi burroni, abitato nel corso dei secoli da numerosi popoli stranieri che ne apprezzavano la posizione inaccessibile e inattaccabile. Stiamo parlando della Rabatana, il più antico rione della cittadina lucana di Tursi, in provincia di Matera. Un luogo in cui la storia trasuda ancora da ogni pietra e che grazie alla sua particolare collocazione regala viste emozionanti. (Vedi foto galleria)

La Rabatana si trova a 346 metri sul livello del mare e attualmente ospita solo una trentina di famiglie. Alcune attività commerciali, tra cui un albergo con ristorante e una pizzeria, costituiscono gli “sprazzi” di modernità immersi in un paesaggio altrimenti sospeso nel tempo. Sì, perché nel labirinto di stretti vicoli e ripide scale che si snodano in questo centro hanno lasciato tracce goti, saraceni, normanni e anche i meno “esotici” genovesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I goti vi giunsero verso la metà del V secolo. Furono loro a edificare il castello  attorno al quale iniziarono a sorgere le prime casette di pietra, segnando di fatto la nascita di questo nucleo abitativo. Ma fu la dominazione saracena a influire maggiormente: a partire dal nome, derivante dall’arabo ribat che significa “borgo fortificato”. Per qualcuno, la Rabatana è ancora oggi nota semplicemente come “quartiere arabo” di Tursi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I saraceni si insediarono nella cittadella attorno all’850 e vi vissero per circa quarant’anni. Proprio come a Bari segnarono profondamente l’architettura e il dialetto locali. Con la loro sconfitta subita nel corso delle guerre contro i bizantini, furono poi questi ultimi a occupare il castello e le abitazioni circostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da allora, il paese “accolse” più o meno tutti i popoli che invasero il Meridione: normanni, svevi, angioini, Aragona di Napoli e poi di Spagna. Nel XVI secolo l’imperatore Carlo V, erede dei sovrani spagnoli, ringraziò la famiglia genovese dei Doria per il suo importante appoggio militare donandole il principato di Melfi, che comprendeva anche Tursi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu l’inizio di un periodo di grande benessere economico che durò fino al Settecento, quando il territorio fu acquistato da altri casati e piombò in anni di brigantaggio e instabilità politica. Fatto sta che i Doria amarono Tursi al punto da chiamare la loro residenza a Genova come la cittadina lucana, e dal 2005 i due centri sono uniti in un gemellaggio istituzionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è arrivato il momento di visitare questo affascinante rione. Per arrivarci ci sono due modi, ciascuno conducente a un ingresso diverso. Il primo è una salita-scalinata pedonale (petrizze in dialetto) che si estende per oltre 200 metri, fatta costruire nel 1600 proprio dai Doria su un precedente selciato dai gradini di pietra calcarea. L’alternativa praticabile in auto è la strada provinciale chiamata appunto “della Rabatana”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Partendo da Tursi “nuova” optiamo per la seconda scelta, giungendo in un parcheggio dal quale proseguire a piedi. È qui che facciamo la conoscenza di Carmine, una guida turistica locale che ci accompagnerà in questo viaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Cominciamo dal cuore pulsante: il sito in cui si trovava il castello edificato dai goti, ormai scomparso. «Fino agli anni 80 c’era ancora la torre, ma è stata abbattuta perché pericolante – spiega il nostro cicerone –. Ora è rimasto un sentiero che dà la possibilità di ammirare i paesi confinanti: Pisticci, Craco, Montalbano Jonico e Rotondella».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La posizione vantaggiosa della fortezza era di vitale importanza proprio poiché offriva il pieno controllo del territorio circostante. «Inclusi i due fiumi navigabili, l’Agri e il Sinni: circondavano il borgo ma di fatto non esistono più per via delle modifiche urbanistiche», precisa Carmine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da questo stesso punto è infine visibile il convento di San Francesco: l’unica testimonianza rimasta dell’antica città di Anglona, oggi frazione di Tursi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è arrivato il momento di addentrarci nel cuore della Rabatana. Decidiamo così di percorrere i caratteristici vicoli stretti intervallati da gradinate e piante rampicanti. Ovunque scorgiamo scenari di semplici vite quotidiane: porte colorate spiccano negli antichi muri di pietra, pittoresche seggiole sono lasciate incustodite nelle stradine deserte, graziose tendine offrono scorci di abitazioni dall’arredamento datato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dall’altro lato rispetto alle case si aprono paesaggi da cartolina con tetti spioventi che sbucano nelle macchie verdeggianti della vegetazione. Abbiamo quasi la sensazione che il tempo si sia fermato da qualche parte nel secolo scorso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giungiamo ora alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, dall’aspetto molto lineare, costruita da maestranze locali nel XIV secolo. Nel corso dei secoli ha subìto molti rifacimenti. «Solo il portone in legno bugnato e l’olio su tela al suo interno sono originali», sottolinea la nostra guida.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta che varcare l’ingresso. All’interno si fa subito ammirare l’altare in marmo decorato da eleganti motivi floreali che sembrano dipinti. Notiamo poi la Madonna dell’Icona, una statua oggetto di culto a Tursi ogni 2 luglio, e il trittico della scuola di Giotto risalente al XIV secolo che fa riferimento all’ordine francescano dei pauperisti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al di sotto della chiesa si trova anche una cripta del VII-VIII secolo. Qui attorno al 1550 i facoltosi commercianti De Giorgis vollero seppellire i loro giovanissimi eredi morti a pochi giorni l’uno dall’altro. La cappella della famiglia è arricchita da affreschi attribuiti all’artista abriolano Giovanni Todisco e raffiguranti la vita della Vergine e santi, evangelisti, profeti, dottori della chiesa. Spiccano le scene del parto di Sant’Anna circondata da serve e l’Assunzione di Maria in chiave occidentale, con l’ascesa al cielo, e orientale, col giglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell’ambiente attiguo alla cappella c’è un bel presepe in pietra cinquecentesco, forse opera dello scultore lucano Altobello Persio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciti dalla chiesa siamo colpiti da una tavoletta affissa su un muro: è una poesia sulle tradizioni natalizie del paese composta in dialetto tursitano dal poeta locale Albino Pierro, morto a 79 anni nel 1995. Lo spirito di Pierro, che ha sfiorato due volte il premio Nobel ed è stato tradotto in varie lingue, è ancora molto sentito nel suo rione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è arrivato il momento di raggiungere il ponte che segna la fine della Rabatana, dal quale rivediamo il convento di San Francesco e il verde della valle tursitana. Abbiamo così l’occasione di percorrere la strada petrizze, lasciando il “quartiere arabo” e le sue suggestioni per tornare alla nostra auto e al caos del XXI secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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  • Giuseppe - Il luogo è interessante e l'articolo è piacevole e ben strutturato.
  • Giovanni - Piacevole fino alla fine, la narrazione ci permette di vedere con i nostri occhi il descritto. Le foto ne confermano l'articolo. Bravi


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