di Marianna Colasanto - foto Valentina Rosati

Bari, in via Dalmazia si nasconde un tesoro: l'androne affrescato dal grande Cambellotti
BARI – Nel rione Madonnella, all’interno di uno stabile situato in via Dalmazia, si nasconde un vero e proprio tesoro sconosciuto. Si tratta di un androne affrescato dal grande artista romano Duilio Cambellotti, maestro dell’Art Nouveau: colui che, per dirne una, è stato l’autore di tutte le decorazioni dello splendido Palazzo dell’Acquedotto di Bari. (Vedi foto galleria)

La cosa particolare è che fino al 2017 non si era a conoscenza dell’esistenza di questi dipinti, venuti alla luce solo a seguito della ristrutturazione dell’edificio e della conseguente rimozione dell’intonaco che per tanto tempo li aveva occultati. Una volta ripuliti poi, nessuno si era preso la briga di risalire a loro creatore. Fino alla primavera di due anni fa, quando il 30enne esperto romagnolo Andrea Speziali ha riconosciuto in quei disegni la mano di Cambellotti.    

«Da tre anni a questa parte – ci spiega Speziali – organizzo un concorso fotografico con l’associazione che presiedo: “Italia Liberty”. Tra aprile e maggio del 2017, mentre stavo preparando l’evento, mi arrivarono alcuni scatti dell’avvocato barese Valentina Palmigiani, che trovandosi per caso in via Dalmazia aveva pensato bene di inviarmi le immagini dell’androne».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una volta ricevute le foto degli affreschi Speziali pensò si trattasse dell’opera di Galileo Chini, ma poi guardando meglio capì di trovarsi davanti a un autore differente e di più elevato spessore: Duilio Cambellotti. «Le cromie calde, i tratti lineari e non sinuosi, le espressioni dei volti, la tridimensionalità delle figure, lo stile della pennellata e la decorazioni su fascioni, sono tutti elementi che rimandano all’artista romano – sottolinea l’esperto -. Penso che abbia realizzato questo lavoro tra il 1925 e il 1930, prima che terminasse il Palazzo dell’Acquedotto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo andati quindi a visitare questo speciale androne, ospitato in un edificio al numero 13 di via Dalmazia, quasi ad angolo con via Giandomenico Petroni. Ci troviamo così davanti a un elegante palazzotto di inizio 900 dal doppio colore: crema al piano terra e terra di Siena nei tre livelli superiori. Sul portone in legno figura una maschera apotropaica, elemento tipico degli antichi stabili di Madonnella.


Entriamo ed ecco mostrarsi davanti ai nostri occhi un autentico spettacolo. Se il soffitto è semplicemente decorato con degli stucchi, sulla parte superiore delle pareti si trovano delicati affreschi color ocra. Partiamo dai muri laterali, avvolti da una fascia sulla quale campeggiano eleganti fenicotteri dal piumaggio bianco con sfumature rosa. Al centro invece, accanto all’arco che dà accesso alle scale, campeggiano le due opere più significative.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sulla sinistra è disegnato un fabbro: una baffuta figura maschile a torso nudo, seduta vicino a un’incudine e con in mano un martello. Presenta la scritta labor omnia vincit (“la fatica vince ogni cosa”). Sulla parte opposta invece ecco l’immagine di una donna: un’artista, che regge con una mano una tavolozza di colori e con l’altra la statuetta di Nike, la personificazione della Vittoria. È accompagnata dalla scritta ars vera lex (“l’arte è la vera legge”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Da un punto di vista allegorico i disegni potrebbero essere intesi rispettivamente come il “braccio” e la “mente” – avverte Speziali - o anche come l’uomo lavoratore e la donna madre di famiglia. È probabile che il committente fosse un ricco capomastro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Strano però che di questa incredibile scoperta nessuno abbia fatto cenno. «Sia io che la Palmigiani abbiamo avvisato l’assessorato alla Cultura del Comune di Bari – ci rivela Speziali –, proponendo anche un progetto di “mostra itinerante”. L’idea era quella di associare agli edifici baresi di inizio secolo una targhetta che rivelasse la presenza al loro interno di tesori del liberty. Ma a parte i complimenti, l’amministrazione cittadina non ha ritenuto di dover dar seguito al suggerimento e sorprendentemente non ha nemmeno dato notizia del rinvenimento di via Dalmazia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A questo ci stiamo pensando noi ora, nella speranza che, come dice giustamente Speziali: «Si aprano finalmente le porte dei palazzi di Bari, per mostrare quanta bellezza è nascosta nelle nostre case».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

* con la collaborazione di Gabriella Mola


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