di Antonio Bizzarro

Dalla nonna al nipotino: quando tutta la famiglia era coinvolta nel rito della "salsa"
BARI – C'era il capofamiglia dedito alla bollitura,  le donne assegnate all'imbottigliamento e i più piccoli che toglievano i piccioli. Oggi vi parliamo di una tradizione che ha interessato per secoli le case italiane: quella della produzione della salsa di pomodoro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta di un rito estivo che prevedeva il coinvolgimento di tutti. Dalla nonna al nipotino ognuno aveva infatti un compito ben preciso all’interno del “meccanismo”, atto a far sì che per il resto dell’anno  non mancasse mai la preziosa passata, caposaldo della cucina del Belpaese. 

Un’antica consuetudine che però si è ormai quasi persa. I comodi preparati industriali hanno di fatto pian piano soppiantato il romantico ma duro lavoro che c’era dietro la preparazione della passata e le famiglie hanno ceduto al richiamo dell’acquisto direttamente nei supermercati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A portare avanti la tradizione sono rimasti in pochi, perlopiù nei paesi di provincia. Tra questi c’è la 76enne Raffaella Lorusso che, seppur in piccolo, continua a preparare il genuino prodotto in una casa situata nelle campagne di Modugno. Abbiamo parlato con la signora, originaria di Bari Vecchia, che ha ricordato i tempi in cui il centro storico del capoluogo pugliese si trasformava in una fabbrica di passate di pomodori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Fare la salsa prima era la norma - ricorda l'anziana –. Io già da piccola avevo imparato le fasi della procedura da mia madre, nata nel 1907. Per decenni la mia famiglia è stata impegnata in questa usanza, ma poi è venuta meno la voglia di “sporcarsi le mani”. Ora ci sono solo i miei figli ad aiutarmi a portare avanti la tradizione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Del resto si tratta di un'abitudine ormai anti economica - ammette il 41enne Nicola, uno dei figli di Raffaella - ma rimane un modo per stare tutti assieme. A volte anche alcuni amici si uniscono a noi, armati ovviamente di pomodori e bottiglie».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come si svolgevano le varie operazioni durante il "periodo d'oro"? «Duravano qualche giorno  - racconta lo storico barese Gigi De Santis -  ed erano compiute tra la fine di giugno e la metà di settembre, i mesi in cui venivano messi in vendita i pomodori coltivati nei dintorni. Gli uomini si adoperavano nello scegliere quelli migliori dal contadino di fiducia, oppure li acquistavano all'ingrosso ai mercati generali di via Francesco Ammiraglio Caracciolo, di fronte alle ex acciaierie Scianatico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


I gustosi ortaggi rossi venivano prima macinati e poi bolliti. «Per cuocerli si usava un bidone di lamiera poggiato sui chiangùne - prosegue Raffaella -, vale a dire dei massi sotto i quali si accendeva il fuoco. In genere si trattava di contenitori utilizzati durante la Seconda guerra mondiale per il trasporto del carburante. Era una fase che richiedeva un aiuto da parte di tutti i membri della famiglia: ad esempio le donne si occupavano di pulire il grosso recipiente e i bambini facevano avanti e indietro dalla “cape de fiirre” più vicina per recuperare l'acqua da riscaldare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Operazioni che non si potevano certo fare tra quattro mura. «A Bari Vecchia le case erano troppo anguste - spiega la signora - così la bollitura avveniva negli spazi aperti a disposizione, come varie piazzette e soprattutto di fronte al Castello Svevo e a largo Albicocca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La cottura richiedeva diverse ore e veniva portata a termine soprattutto di notte, quando i bambini dormivano e non correvano il rischio di scottarsi. Ogni famiglia aveva il suo barile e alla fine dell'attività ripuliva l'area occupata. Il bollito veniva poi versato in alcuni piatti assieme a un pizzico di sale e lasciato a essiccare sui tetti nelle ore più calde delle giornate successive. Ogni tanto qualcuno andava sul terrazzo e girava col cucchiaio il preparato per farlo addensare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiunta la giusta consistenza, si passava all'imbottigliamento. «A dire la verità un tempo di bottiglie ce n'erano poche in giro - incalza la 76enne -. Usavamo le “impagliate”, fiaschetti rivestiti di paglia e tappati con il sughero legato stretto con lo spago. Era un momento delicato perchè potevano esplodere durante il raffreddamento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

De Santis ci parla anche di vasetti di terracotta chiamati capasidd, nei quali la salsa veniva depositata con l’aggiunta di “fogghie de llore” (foglie di alloro) o “vasenecòle” (basilico). Ma a prescindere dal recipiente, contava il risultato: una scorta di ottima passata di pomodoro a disposizione per un anno intero, magari per condire le orecchiette fatte in casa. Un prodotto fatto in famiglia, per la famiglia.


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  • pat - testimonianze interessanti di tradizioni di un tempo che, pur non essendo molto lontano, sembra esserlo


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