di Damiano Landriccia

La storia di Johnny, fuggito alla violenza per inseguire un sogno: diventare pugile
ANDRIA - «Una volta ogni due mesi riesco a chiamare mia sorella Brigitte, mia madre invece non mi parla perchè è ancora arrabbiata per ciò che ho fatto. Ma in fondo sono felice: finalmente posso combattere». Parole di Johnny Zezè, 19enne camerunense ospite di una comunità per migranti di Andria e protagonista di una storia avventurosa: tre anni fa è infatti scappato di casa contro il volere della famiglia, ha attraversato un'Africa martoriata dalla violenza, riuscendo infine ad approdare in Italia, il tutto per inseguire il sogno di diventare un pugile professionista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È una vicenda che ricorda quella di Ali Drama, mezzofondista originario del Mali accolto al Cara di Bari e allenato da due poliziotti italiani. A raccontarcela è Liliana D’Avanzo, piscologa della Migrantesliberi, l'associazione che nella Casa Santa Croce di Andria aiuta il ragazzo e altri 46 stranieri a costruirsi una vita lontano dalla loro Patria. Il giovane non mastica ancora l'italiano e si fa affiancare dalla dottoressa per comunicare con gli altri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Johnny, orfano di padre, viveva in Camerun con la mamma di 57 anni e le due sorelle - spiega Liliana -. Lasciò ben presto gli studi per lavorare come commesso in un supermercato. Un giorno assistette per caso a un incontro di boxe, rimanendo folgorato da questo sport: iniziò così ad allenarsi all'insaputa dei suoi famigliari, che già non avevano ben visto l'abbandono della scuola».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il talento mostrato nei primi duelli disputati non passa inosservato: il suo allenatore cerca così di farlo conoscere anche fuori dai confini nazionali. «Lottando nel suo Paese non avrebbe potuto tentare alcun tipo di carriera - sottolinea la psicologa - e così il suo coach organizzò nel 2015 per lui un match in Marocco, procurandogli il passaporto necessario all'espatrio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Johnny parte così assieme al suo tecnico alla volta del Nordafrica senza avvisare sua madre, contraria al suo allontanamento. Ma in Marocco non ci arriverà mai. «Affrontò un viaggio in camion mal organizzato e pericoloso - evidenzia la dottoressa -. Passò indenne in Nigeria e Burkina Faso, ma nel Mali un gruppo di malviventi armati fermò il mezzo e picchiò l'equipaggio. Per fortuna uno dei delinquenti lo graziò, concedendogli di scappare nel deserto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dopo l'agguato gli occupanti riescono in qualche modo a risalire sul furgone e ad approdare in Algeria. Qui Zezè viene invogliato a spostarsi verso l'Italia, meta secondo lui ideale per imporsi sul ring e si separa così dal suo allenatore, avviandosì verso la Libia, tappa obbligatoria per quei migranti africani che vogliono passare sull'altra sponda del Mediterraneo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«In Libia però a causa del razzismo delle forze dell'ordine venne arrestato, incarcerato e condannato ai lavori forzati - prosegue la D'Avanzo -. In galera per mesi subì privazioni e violenze d'ogni genere e un suo compagno di cella venne ucciso senza un apparente motivo: fu un'esperienza terribile. Deperito e disperato, trovò la forza per evadere durante l'ora di preghiera dei secondini assieme ad altri sei detenuti. A fatica il 28 marzo 2016 arrivò sulla spiaggia di Tripoli e riuscì a imbarcarsi per il Belpaese, grazie alla buona volontà di marinai che lo trasportarono senza pretendere denaro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo tre giorni il ragazzo raggiunge finalmente la Sicilia, venendo poi trasferito ad Andria, lì dove comincia la sua seconda vita. In Puglia infatti riceve il sostegno necessario per frequentare un corso di italiano e procurarsi quei documenti che gli permetteranno il soggiorno sul territorio nazionale fino al 2019. Ma soprattutto conosce Damiano, un operatore della Migrantesliberi, che lo mette in contatto con l'istruttore di boxe locale Riccardo Sgaramella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Johnny oggi frequenta la palestra cinque volte a settimana, facendo avanti e indietro con la bici fornita dalla comunità in cui ha trovato riparo. Lo incontriamo durante una sessione di allenamento (vedi foto galleria), rendendoci conto di quanto affetto stia ricevendo: proprio mentre ci avviciniamo al ring uno dei suoi compagni lo sta aiutando a indossare i guantoni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il riscaldamento viene effettuato assieme ad altri due giovani atleti, ovviamente sotto lo sguardo vigile del "mister". «Cerchiamo di comportarci con Zezè come se fossimo una famiglia - afferma sorridente Sgaramella - e lui sta rispondendo alla grande. Dal 14 al 17 dicembre scorsi ha preso parte a un torneo regionale a Taranto e al suo secondo match in assoluto nella categoria senior 69 chili ha vinto in finale per ko tecnico. È veramente forte: la speranza resta quella di portarlo nel 2018 nella categoria Professionisti e di realizzare il suo sogno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ce ne vorrà di sudore e sacrificio, ma di sicuro sarà difficile mandare al tappeto uno che ha resistito alla violenza di banditi e guardie carcerarie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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