di Mina Barcone

Bari. Antiche mura, scritte sataniche e toccanti poesie: è la masseria Caggiano
BARI – Capita di decidere di andare a visitare un’antica masseria per parlare della sua storia e di ritrovarsi invece a scrivere di inquietanti simboli satanici, di resti di animali ma anche di toccanti poesie scritte su un muro. Tutto questo è masseria Caggiano, una delle 14 antiche strutture abbandonate nelle campagne baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta di una costruzione il cui nucleo più antico risale al XV secolo, situata a nord del quartiere San Paolo. Per raggiungerla è necessario percorrere viale Europa in direzione aeroporto, girare sulla provinciale 73 e poi imboccare una stretta strada di campagna che costeggia Lama Balice.  

Quando ce lo ritroviamo davanti, il maestoso seppur decadente edificio ci si presenta quasi inghiottito da ulivi, alberi e arbusti. All’esterno si trova una scalinata: la percorriamo e iniziamo il nostro viaggio all’interno della masseria. (Vedi foto galleria)

Siamo ora su, lì dove si trova il loggiato, dal quale è possibile osservare la città e i vasti campi agricoli. Dagli archi si intravede anche il mare, in una cornice di assoluto silenzio. Sulla sinistra un lungo corridoio porta a diverse stanze, verso le quali però evitiamo di dirigerci date le precarie condizioni del tetto che risulta a rischio crollo in diversi punti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Torniamo allora giù e giriamo attorno alla masseria. Mentre lo sguardo si perde tra la folta e rigogliosa vegetazione che circonda l’edificio, sulla destra scorgiamo due piccoli ingressi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varchiamo il primo, che ci porta in un giardino. Qui sono presenti piccoli alberi da frutto, soprattutto di agrumi. Grazie ad una pubblicazione dello storico Enzo Varricchio veniamo a sapere che nel 1936 il possedimento passò nelle mani di Giacinto Lamacchia, un nobile che piantò nella sua vasta area terriera numerose specie di piante e alberi a scopo di ricerca. Studi che continuarono per mano della facoltà di Agraria nella seconda metà del 900. E’ infatti possibile osservare una targa dell'Università sull’entrata di una costruzione qui presente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciamo dal giardino e imbocchiamo il secondo ingresso: un varco sormontato da un timpano che ci porta in quella che un tempo era la cappella della masseria. Si tratta di uno spazio ormai completamente vuoto. Da qui si ha accesso al cortile interno, dal quale possiamo osservare la masseria in tutto il suo spettrale splendore. La vegetazione ormai sta prendendo il sopravvento su archi e scalinate e l'erbaccia alta rende il passaggio difficoltoso, anche se questo evidentemente non scoraggia i vandali: sporcizia e rifiuti sono infatti ovunque.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel cortile ci sono alcune costruzioni, molte inaccessibili perchè prive di scalini o per via di accessi murati. In una però riusciamo a entrare: sembra una piccola e buia grotta ma è quello che resta del frantoio.  C’è un torchio in pietra ormai completamente distrutto, un altro coperto da cenere e carboni che sembra essere stato utilizzato come base per accendere un fuoco. A terra pezzi di legno, ma non solo: anche ossa. A che tipo di animale appartengano non lo sappiamo dire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Usciamo dal locale e saliamo su una scalinata che porta al piano superiore. Siamo ora nel cuore della masseria. Sono tante le stanze che troviamo alle quali è facile accedere vista l’assenza di porte. Ed è in una di queste che capiamo che l’edificio è frequentato da strani visitatori. Sui muri infatti sono incisi cerchi e strani simboli e su di essi il numero della bestia: il “666” dipinto con un colore rosso sangue. In un altro ambiente, sopra un piccolo caminetto murato, troviamo invece il disegno di un demone avvolto dalle fiamme. E accanto altre incisioni come spade, asce e cerchi neri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma la masseria è frequentata da persone affascinate dall’occulto, ma come per il “boschetto delle fate” non sappiamo quanto per questi individui il simbolismo del diavolo sia un gioco o una “cosa seria”. Di certo comunque non si tratta di antiche frequentazioni, visto che su un muro campeggia la data  “02/01/2016”: qui c’è stato qualcuno qualche giorno prima della nostra visita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche in un’altra stanza troviamo stelle a cinque punte e altri strani simboli che però sembrano essere entrati in contatto con altre culture. Sullo stesso muro ci sono infatti scritte in persiano e un elenco di nomi afghani: Vahid, Ahmad, Faramarz, Heravi, Lashkari, corredati da date. Del resto il Cara, il centro di accoglienza richiedenti asilo, è molto vicino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proseguiamo verso un terzo ambiente e qui notiamo su una parete una lunga scritta in polacco datata novembre 2011. E’ firmata Bear. Siamo incuriositi. Facciamo una fotografia e la spediamo a un nostro amico, il professore e linguista Alessandro Amenta, che ci risponde dopo qualche minuto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci dice che la scritta in realtà è una poesia e che più o meno  recita così:  A scrivere una poesia mi voglio cimentare prima di rimettermi in strada a camminare/qui ho trovato la risposta al quesito basilare/ ho capito cosa fare nella vita e dove andare/ E sebbene la pioggia qui mi blocchi da tre giorni/e sebbene l’inverno stia arrivando nei dintorni/io nell’anima ho l’estate e il sole ho nella mente/ per questo devo i cieli ringraziar probabilmente/ Anche a voi voglio augurare una cosa soltanto/che tutti i cuori battano allo stesso tempo PS: C’è ancora speranza a questo mondo se il bene ospitiamo dentro di noi, ma se il bene ci lasciasse, prima o poi giuro che m'impicco in un secondo.

Evidentemente queste stanze hanno protetto qualcuno dal freddo e dalle intemperie: a terra infatti ci sono coperte e teli e addirittura un vecchio fornello distrutto. Ci domandiamo chi possa essere l’autore dei versi, se un vagabondo, un viaggiatore o una prostituta. A noi piace pensare che si tratti di qualcuno fuggito da miseria e povertà, che ha voluto regalarci questo messaggio di speranza dopo aver trovato riposo in quest'antica e storica dimora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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Mina Barcone
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  • domenico lorusso - nessuno conosce la vera storia della masseria caggiano, i loro ingressi le camere e altro... io sono nato in quella masseria mio padre la sua giovinezza e mio nonno Domenico ha vissuto dal 1927 sino al 1963. ha visto la guerra e il bombardamenti , c'è un albero di fioroni che ha 76 anni piantato dopo una buca di una bomba. l'albero sta li in segno di custode del tempo. e che dire della strada dei ponti crollati da una alluvione. che dire dei vecchi tubi che in un periodo florido 1938 41 servivano a innaffiare le terre . si io sono nato al piano terra di due stanze a destra entrando. il piano terra sotto il grande fabbricato era un frantoio con enormi depositi di stoccaggio delle olive. quei pini domestici in basso, un tempo davano guadagno dalla raccolta dei pinoli. per giungere alla masseria vi erano 2 strade una da via napoli, l'altra dal nuovo quartiere s. paolo sorto anni 60. la strada era la strada del tesoro che giungeva al crocevia dove oggi c'è un vecchio cancello di 70 anni . la via percorreva verso una masseria oggi inesistente "case della breda" da li si scendeva verso sotto il vecchio ponte oggi in disuso che costeggia il "nuovo ponte costruito il 1964. quel luogo si chiamava "abbasso alla fontana" in dialetto barese , vi era un abbeveratoio delle pecore. poi fu costruito il vecchio ponte che collegava il vecchio cancello la masseria di Triggiani e dopo Caggiano e sino a giungere annunziata bitonto strade di pietrame bianco (vi sono i segni ancora della vecchia strada.
  • Sergio - Come mai di queste meraviglie nn se ne occupa nessuno ? !! Io la vedo tutti i giorni tornando a casa ed è un peccato vederla cadere a pezzi ! Se potessi la prendere e metterei a nuovo ma purtroppo la regione o il comune nn ci darebbe mai sostegno economico !


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