di Stefania Buono

Japigia e il mare: così lontano così vicino. Ma una strada rurale ci arriva a due passi
BARI - “Così lontano, così vicino”. Il titolo del film di Wim Wenders è perfetto per descrivere lo stato degli oltre 50mila residenti del quartiere Japigia, che pur rimirando il mare dalle proprie abitazioni, non possono raggiungerlo. Perché nonostante il rione a sud di Bari sia molto vicino alla costa, in realtà è anche molto distante da essa, da cui è separato dalla linea ferroviaria che taglia tutta la città. Ma mentre in altri punti di Bari si sono costruiti ponti e sottopassaggi per superare i binari, per tutti i 10 chilometri del lungomare sud, da San Giorgio a Pane e Pomodoro, non sono mai stati previsti collegamenti tra il mare e la città. E quindi i baresi che abitano a Japigia il mare possono solo guardarlo, ma non toccarlo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Eppure come detto il rione è veramente vicino al mare: esiste addirittura una via, strada Zuccararo, che porta praticamente a ridosso del lungomare, nei pressi di Torre Quetta, ma che si interrompe bruscamente nei pressi dei binari. C’è in realtà un progetto di creare qui una fermata del treno: porterebbe anche alla realizzazione di un sottopasso pedonale che collegherebbe finalmente questa via al mare. I lavori sono attualmente in corso, ma per ora strada Zuccararo rimane una antica via rurale, sconosciuta ai più, il cui ingresso è occultato da un distributore di benzina presente su via Gentile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Noi la abbiamo percorsa e in un attimo ci siamo trovati in un ambiente fatto di campi coltivati da anziani contadini e punteggiato da ville antiche, ma anche da campi rom e strutture sportive abbandonate. Un pezzo di Bari nascosto, a due passi dal mare. (Vedi foto galleria)

Nel suo primo tratto la strada è costeggiata a sinistra dalla sede dell’Ares (Agenzia regionale sanitaria) e sulla destra da un lunga distesa di campi incolti, ma camminando per qualche decina di metri ci si imbatte nel primo terreno coltivato. E’ qui che facciamo la conoscenza del 40enne Nicola, il proprietario del campo, che con cortesia ci invita ad attraversare il terreno per mostrarci una grande e antica villa rossa, messa in realtà non benissimo, visto le crepe sui muri e le finestre rotte. «Quella è Villa Giacomina – ci dice l’uomo – un’abitazione che nel periodo della Seconda guerra mondiale veniva utilizzata come rifugio per i soldati. Oggi è sotto sequestro dai vigili per questioni di sicurezza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Mentre discorriamo con Nicola, si avvicina a noi un anziano contadino che avendo sentito parlare di guerra, sembra desideroso di volerci parlare. Il suo nome è Giovanni, ha 82 anni e nonostante l’età sembra essere ancora un grande lavoratore. «I miei familiari hanno abitato in questa zona per tanti anni – ci dice – quando prima non c’era praticamente nulla. Durante la guerra qui scoppiò una polveriera. Io avevo 10 anni e all’improvviso sentii tremare tutto: non mi dimenticherò mai il cielo scuro e i vetri che andarono in frantumi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Salutiamo Nicola e Giovanni e proseguiamo il nostro cammino, anche perché sentiamo il treno fischiare e chiamarci da lontano: i binari, insomma,  sono sempre più vicini. Sulla strada troviamo piante di ogni tipo, tra cui grossi fichi d’India con i frutti ancora acerbi ma comunque molto colorati, fin quando non ci imbattiamo in un piccolo “quartiere” formato da una decina di villette strette tra la campagna e la ferrovia. 

Siamo infatti in prossimità dei binari ed è qui che notiamo la presenza di un cantiere: su un cartello si parla di  lavori di “completamento funzionale della fermata ferroviaria Zuccararo”. I lavori sono iniziati a marzo di quest’anno e dovrebbero finire intorno al mese di dicembre e prevedono, come detto, anche la creazione di un sottopassaggio pedonale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
La strada da questo momento in poi vira decisa a destra e costeggia i binari, protetti da un alto muro. In lontananza scorgiamo due cani randagi bianchi di media taglia: uno di loro comincia ad abbaiare, forse spaventato, mentre l’altro, riposa sul muretto. Mentre camminiamo volgiamo il nostro sguardo indietro: è quasi sera e le case di Japigia sono già illuminate, così come i lampioni su via Gentile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ arrivato il momento di tornare, anche perché la strada a un certo punto si interrompe lasciando spazio all’erba alta. Ma prima notiamo sulla sinistra una porta in metallo che dà accesso ai binari. Non è chiusa e quindi la oltrepassiamo e finalmente lo vediamo: il mare, di colore blu scuro che quasi si mischia al cielo nuvoloso e imbrunito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Decidiamo allora di ritornare in quello stesso punto la mattina seguente, con il sole. Il giorno dopo ripercorriamo la strada e arriviamo alla porticina. Questa volta ci spingiamo oltre e facendo molta attenzione superiamo i binari della ferrovia. Siamo dall’altra parte. A questo punto percorrere una stradina in mezzo al verde (e ai rifiuti) per raggiungere l’agognata costa. Siamo poco più a sud di Torre Quetta, siamo sul mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta che tornare indietro per raggiungere nuovamente strada Zuccararo. Decidiamo di inoltrarci nell’erba alta incontrata il giorno prima e con nostra sorpresa ci ritroviamo di nuovo sull’asfalto, seppur punteggiato da ciuffi di erba che spuntano sotto il manto stradale: è il proseguimento della via, che qualche metro più in là cambierà il nome in strada rurale Cannone e ci riporterà su via Gentile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui siamo in aperta campagna, si respira aria pura. Sulla nostra destra si apre un grande prato verde con qualche alberello sparso qua e là: viene voglia di stenderci, ma la recinzione in metallo e i cartelli di legno con su scritto “divieto di accesso” sono piuttosto chiari e decidiamo di evitare guai. A sinistra invece ecco un bellissimo muretto a secco, che ci separa dall’ennesima campagna incolta. Ma la sorpresa più bella arriva girando leggermente il nostro capo: la strada è leggermente in salita e dall’alto è possibile scorgere nuovamente il mare, ora di un azzurro più tenue ed estremamente calmo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Di muretti a secco ne troviamo altri più in là, come anche una vecchia ma solida casetta in pietra probabilmente appartenuta in passato a qualche contadino.  La strada nel frattempo è diventata in discesa e mentre ci avviciniamo al centro abitato notiamo sulla sinistra un piccolo buco in uno dei muri in pietra. Ci guardiamo dentro e scorgiamo due campi da tennis abbandonati. Un pochino più in là l’impianto sportivo è maggiormente visibile e riusciamo a cogliere qualche particolare in più: tubi sparsi ovunque, alcuni paletti rotti e una rete verde ancora appesa. Del resto siamo vicini al Bellavista: forse quei campi appartenevano al centro sportivo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sulla sinistra invece pneumatici e sporcizia di vario genere ricoprono il prato fiorito e poco più in là notiamo le baracche di un campo rom: da lontano si riescono a scorgere tanti pezzi di cartone distribuiti per terra e qualche panno lasciato steso ad asciugare. Comincia a piovere e l’atmosfera fiabesca che ci aveva accompagnato fino a quel momento sembra scivolare via come le gocce d’acqua sui nostri impermeabili. Del resto siamo quasi arrivati in città, i grossi palazzi moderni del Parco San Marco di Japigia sono davanti a noi e il mare è ormai alle nostre spalle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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