di Eva Signorile

Ville antiche, mare e fiori ovunque: è Santo Spirito, il borgo dimenticato
BARIFino a 20 anni fa, assieme a Palese, era una delle mete preferite dai baresi, che ne frequentavano i lidi, i ristoranti o si godevano la passeggiata sul lungomare. Ma ora il borgo marinaro di Santo Spirito, ultimo lembo a nord del capoluogo pugliese, appare sempre più trascurato e abbandonato a sé stesso. Eppure questo piccolo gioiellino costiero offre molti tesori, piccoli e grandi. Sono gli angoli nascosti oltre i cancelli delle ville antiche, che qui abbondano, i piccoli anfratti di qualche stradina secondaria, certi rituali marinari le cui origini si perdono nella storia o ancora i suoi profumi caratteristici che cambiano con le stagioni. (Vedi foto galleria)

Perché contrariamente a quanto si possa pensare, l’odore del mare non è il primo che ti assale quando cammini per le strade di Santo Spirito. Qui la primavera sembra avere un profumo unico e antico che ti insegue senza sosta: è l’essenza vanigliata del glicine che tra aprile e maggio è il signore indiscusso del borgo. I suoi rami si avvinghiano vigorosi alle ringhiere incorniciando i prospetti delle bellissime ville antiche superstiti e i grappoli lilla dei suoi fiori si inseguono lungo i muri sbrecciati, si attorcigliano intorno ad eleganti pergolati o competono con il giallo dei limoni. A volte, il loro profumo si mescola a quello della zagara, il fiore degli aranci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli alberi di agrumi sono presenti praticamente in tutte le ville del quartiere. Anzi, del “paese”, come si ostinano a definirlo i suoi abitanti. Sì, perché qui nessuno sembra aver ancora accettato l’annessione al Comune di Bari, che risale al 1928. Santo Spirito divenne allora frazione di Bari, ponendo fine alla lotta storica che aveva visto competere Bitonto e Bari per accaparrarsi questo borgo sorto intorno a una baia naturale. Nel 1970 poi si trasformò in quartiere e oggi fa parte della V Municipalità, assieme a Palese, Catino ed Enziteto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Iniziamo il nostro giro dalla stazione ferroviaria, posta in alto rispetto al resto della zona. Potrebbe essere graziosa, ma si respira un’aria di desolazione e abbandono ben rappresentata dalla bella vasca vuota di un’antica fontana che scopriamo oltre una recinzione in parte crollata. Anche il “giardino” in cui si trova è quasi completamente vuoto. Nella sua nudità mostra però le curate geometrie delle aiuole che furono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Un tempo non era così – ci dice la 40enne Anna–. Quando ero piccola la vasca era piena e l’acqua zampillava al centro, mentre nella vasca nuotavano tanti pesci rossi. E il giardino traboccava di vegetazione. Ero molto piccola e mi sembrava il posto più bello e più misterioso del mondo. Nello spazio davanti al giardino, prima della recinzione, c’era anche una fontanina da cui si beveva: oggi ci sono solo i suoi resti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciti dalla stazione, ci troviamo in un largo ovale con al centro il monumento ai caduti del luogo nella Prima Guerra mondiale e intorno alberi di querce. Via Garibaldi ci si stende davanti e corre dritta fino a incrociare via Napoli. In fondo alla prospettiva, si stagliano i doppi campanili della chiesa dello Spirito Santo, con al centro una Madonnina che spalanca le braccia accogliente. La chiesa è uno dei centri pulsanti della zona: la parrocchia retrostante ospita anche il cinema “d’essai” Il Piccolo. Poco oltre il cinema, via Giannone de Maioribus incrocia via Fiume, dove si trovano gli uffici del Comune.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Un tempo al posto del Comune c’era la vecchia scuola elementare, il Bonghi – ci dicono due donne -. Poi la popolazione crebbe così tanto, che per qualche anno i bambini dovettero alternarsi tra turni pomeridiani e diurni. Quando si usciva da scuola nei pomeriggi d’ inverno, si sentiva forte l’odore dei mandarini venduti al mercato coperto». Il mercatino è in effetti sulla vicina piazza Roma, che fronteggia il mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma torniamo su via Garibaldi: la strada è punteggiata da bassi e antichi palazzotti che si alternano a costruzioni più moderne. Lungo la via si possono ammirare alcune ville, spesso antiche e a volte in stato di abbandono. Una di queste, posta più in basso rispetto al livello stradale, ospitava decine di anni fa il vecchio cinema del quartiere: ora l’edera spadroneggia in giardino in un intrico di vegetazione lungo il porticato in rovina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Villa Stampacchia, verso la fine della strada, era la dimora di famiglia dello scrittore, poeta e critico cinematografico Ricciotto Canudo, nato a Gioia del Colle nel 1877 e trasferitosi giovanissimo a Parigi, dove divenne amico di Picasso, Chagal, Ravel e del poeta Apollinaire che lo chiamava affettuosamente “Le Barisien”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma prima di villa Stampacchia, via Garibaldi incrocia via Massari: qui, si trova villa Serafina-Spinelli, uno dei più bei gioielli che il luogo possa mostrare. La villa si trova in un’ampia depressione del terreno e immersa in un parco dove gli alberi di agrumi si alternano a metri di glicine che rivestono recinzione e pergolati. Per accedervi, bisogna percorrere un tunnel di verde che sfocia in un ingresso sommerso anch’esso dalla “winsteria”, nome scientifico del rampicante dai fiori lilla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Le ville antiche sono, assieme al mare, il tratto distintivo del borgo. Molte sono cadute sotto gli attacchi della ferocia cementizia, altre resistono dignitosamente all’abbandono e agli assalti del tempo, altre ancora rimangono, perfettamente curate o hanno preferito diventare delle sale ricevimento (come villa Morisco, ex Villa Sylos-Labini e Villa degli Arcieri, ex Villa Dameli-Melodia-Cioffrese) pur di non cedere alla rovina. Se ne trovano un po’ dappertutto nel quartiere, ma si concentrano in particolare lungo via Umberto I, la strada vecchia che portava a Bitonto. E non è un caso: queste residenze sono proprio la testimonianza più viva dell’amore che l’antica aristocrazia bitontina ha sempre nutrito per quella che considerava la “sua” marina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Villa Anna, Villa Memena: le eleganti residenze dai nomi femminili si susseguono piacevolmente fiancheggiate dalle acacie, il cui profumo è una dolce persecuzione. Al numero 39 di via Umberto I c’è Villa Giordani, esempio tipico di un’antica villa in stato di abbandono: si sgretola ogni giorno un po’ di più, ma rimane stoicamente in piedi, in attesa che una mano misericordiosa venga a strapparla al declino, mentre l’immancabile glicine, ormai sfiorito, si arrampica lungo l’intonaco rossastro e le rose fanno quel che possono per ricordarne gli antichi splendori. In realtà non è abbandonata. ci dicono, ma i suoi proprietari vengono qui solo per qualche giorno in estate: nel resto dell'anno rimane vuota. Di fronte, al numero 20, Villa Anna mostra sfrontata una doppia scalinata. Corso Umberto I finisce davanti al passaggio a livello che sigilla il quartiere. Santo Spirito si protrae poco oltre quei binari, poi lascerà il posto al comune di Bitonto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In direzione opposta, la strada prosegue dritta fino a incrociare il lungomare in prossimità del porto: uno dei centri nevralgici del quartiere, il cui nucleo più antico è proprio la zona chiamata “La Marineria”. Arrivati sul lungomare, alla nostra destra troviamo la piazzetta di San Francesco, ancora in ristrutturazione. Il suo vecchio restauro segnò il divorzio con la popolazione locale che ha finito con l’abbandonarla progressivamente. Ora gli abitanti del luogo confidano nel nuovo progetto, ma tutto sembra fermo mentre la statua di una Primavera osserva con sguardo pietoso da una villa di fronte, credendo di non essere vista tra gli intrichi della vegetazione e le rotondità della recinzione metallica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di fronte alla piazzetta si stende il porto pieno di imbarcazioni di ogni tipo. Sul vecchio molo, a destra, sono ormeggiati i pescherecci. Sono i protagonisti di un rituale che si perpetua di generazione in generazione: ogni giorno tornano col pescato e trovano ad aspettarli i clienti ansiosi di accaparrarsi il pesce migliore che sarà venduto sui banchi che costeggiano la riva del porto. Ogni giorno, una piccola folla si fa incontro ai pescatori che tornano e poi, ad acquisto effettuato, si ritira dal luogo abbandonando quelle rive come fa la risacca. «Ogni pomeriggio è così - ci dicono tre uomini –, ogni giorno dalle 15, dal lunedì al venerdì. Esclusi i festivi». C’è ancora un pescatore in attesa di vendere gli ultimi prodotti della giornata. Ma in generale, è andata bene: i banconi sono già quasi tutti vuoti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Più in là, a destra, la vecchia torre, emblema del quartiere, diventa dorata sotto gli ultimi raggi di sole. Oltre l’angolo solo mare, edifici in rovina e qualche ristorante fino a Palese, il quartiere limitrofo il cui confine è segnato da un storico "titolo". In direzione opposta, il lungomare si protrae verso Giovinazzo, fino a incontrare storici lidi balneari, tra cui "La Rotonda", con il suo "leggendario" tunnel. Nel mezzo, altri ristoranti, bar, pizzerie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Stiamo lasciando il borgo, quando notiamo sul vecchio molo gruppi di ragazzi: c'è chi ha addirittura una chitarra. Ci avviniamo. Sono tutti del posto. Ci confidano di non sentire la mancanza di un punto di aggregazione. A loro basta essere lì, perché come dicono: «Se c'è il mare, c'è tutto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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Eva Signorile
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  • Antonietta picca - Bellissimo e interessante servizio sulla nostra graziosa Santo Spirito. Sarebbe opportuno conservare le nostre bellezze antiche come le ville risaldandone la loro bellezza eterna ....che dire in questo articolo abbiamo respirato un po del nostro passato ricordando ciò che un tempo Santo Spirito era ed è oggi!
  • Nicola Matera - Pezzo raffinato che profuma vagamente di madeleine proustiana (oltre che di glicine e zagara). E' tempo di tornare a Santo Spirito.
  • Francesco Leccese - Analisi perfetta da cui traspare un infinito amore per il territorio e, al contempo, una tristezza per una mancanza di autonomia amministrativa (Comune) che ha consentito uno scempio di costruzioni, di cultura e tradizioni. Bisogna combattere per il Comune Autonomo.


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