di Carmen Pisanello

Bari e la street art: tra mille colori, provocazione e illegalità. Foto
BARI - “Se i graffiti potessero cambiare le cose sarebbero illegali” . E’ la traduzione di una scritta di Bansky, uno dei più noti street artist al mondo, apparsa in strada a Londra nel 2011. L'ironico ossimoro sta a sottolineare quanto il valore comunicativo, di protesta e provocazione, della “street art” sia indissolubilmente legato alla sua natura illegale. I “pittori di strada” infatti disegnano sui vagoni della metropolitana, sui treni, sui muri, senza autorizzazione e sfidando l’accusa di vandalismo a cui spesso sono associati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Attraverso varie tecniche artistiche quali pittura murale, stencil, poster art, proiezioni, questi artisti inseriscono “grida di protesta colorate” lì dove vince l’incuria, il degrado, il grigio. L’obiettivo è quello di “riqualificare” spazi periferici, attirando l’attenzione sul passante e portandolo alla riflessione. E diversamente dal writing, con cui si intende soprattutto l’arte dello scrivere il proprio “tag”, il proprio nome d’arte, diffondendolo come fosse un logo attraverso un lavoro di ricerca artistica sempre più elaborato, la street art non raffigura solo lettere, ma anche e soprattutto immagini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una forza espressiva che le istituzioni hanno ben compreso, tanto da commissionare spesso opere ai pittori di strada. E’ anche il caso del Comune di Bari, che recentemente nell’ambito della mostra Fresh Flâneurs ha chiesto a famosi street artist italiani ed europei di trasformare il volto di alcuni muri cittadini, come ad esempio quello del palazzo dell’Economia, il sottopassaggio di via Quintino Sella e le mura esterne della caserma Rossani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quindi in questi casi l’arte urbana si dissocia dalla sua natura d’arte illegale per diventare più che altro una risorsa decorativa. Però di fatto in questo modo viene meno l’assioma di Bansky, secondo il quale appunto se si vuole cambiare il mondo bisogna agire contro i permessi, per preservare di fatto la propria libertà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Oggi la street art è cambiata e più che far riflettere e diventata decorazione urbana, si guarda più all'estetica e meno al contenuto», sottolinea Chekos’ art, uno fra i più conosciuti street artist pugliesi che lo scorso dicembre ha dipinto (non autorizzato)  le mura della Caserma Rossani di Bari. Che però poi continua e afferma: «È bello che i muri delle nostre città possano essere modificati con il beneplacito delle amministrazioni comunali, ma spesso un legame con loro vuol dire in molti casi autocensurarsi, limitare il messaggio. In questo caso non si può più parlare di street art».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Quindi c’è chi persiste nel tenere lontani i mondi dell’arte di strada e quello delle istituzioni. Le strade di Bari sono piene di immagini realizzate senza autorizzazione (vedi ampia galleria fotografica), sono quelle di Pin, Noire, Ego, Hope/Gig, DanieleGeniale, Valorize, dei Dott.Porka’s, dei Paracity (famosi per i loro stencil) e della crew Cani&Porci di cui fanno parte Awer, Rughy, Nocci, Alef, Tenia e molti altri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Prima si faceva arte in strada perché avevi voglia che il tuo messaggio arrivasse a tutta la città, ma ora molti disegnano sui muri perché è diventato di moda, è una scorciatoia per entrare nelle gallerie. Si tende a fare un discorso di decorativismo, ci si pone prima il problema estetico e poi quello del messaggio», sono le parole dei Dott. Porka’s. Loro sono un collettivo “antiartistico” che ha cominciato a operare nel 2007 intervenendo nell’area di Torre Quetta, quando la spiaggia era ancora sotto sequestro per la presenza d’amianto, proprio per denunciare lo scandalo ambientale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche il molfettese Pin pone l’attenzione sul significato della street artist. «Le mie opere – dice - nascono sempre dalla necessità di voler manifestare qualcosa, un parere, uno stato d’animo, una scoperta che voglio trasmettere agli altri, un messaggio che possa essere costruttivo per il prossimo, per aiutare a guardare la realtà con occhi diversi». Pin in un “pezzo” intitolato “Hungry Birds” ha rappresentato un pettirosso che mangia un automobile per rappresentare la forza della natura. «Ho scelto il pettirosso -  spiega – perché è il volatile che sparisce per primo quando si comincia a costruire. Il mio è un messaggio contro la cementificazione selvaggia e la speculazione edilizia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma così facendo, operando senza autorizzazione, illegalmente, l’accusa di “vandalismo” non sempre dietro la porta? «Si è vero, c’è chi può anche non capire – ammette Chekos’ – ma quello che facciamo è il contrario dell’inciviltà: è poetica della strada».


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