di Katia Moro

Bari, in tre rassegne i documenti inediti della Prima Guerra Mondiale
BARI - “Soltanto la guerra sa svecchiare, accelerare e aguzzare l’intelligenza umana”. Così proclamava nel 1914 Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Movimento Futurista, nel suo volumetto “Guerra sola igiene del mondo” in cui esaltava la Prima Guerra Mondiale come spinta propulsiva verso l’innovazione e dirompente momento di rottura col passato. E la prima guerra mondiale, appellata anche “inutile strage” e “orrenda carneficina” a causa dell’impressionante  numero di morti che provocò tra civili e militari, riveste questo duplice ruolo di elemento di distruzione “totale” ma anche di acceleratore del rinnovamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’associazione culturale barese  “L’eccezione di Puglia teatro”, in occasione del centenario dell’inizio della prima guerra, propone una riflessione su questi temi con il ciclo “Oltre l’archivio. Nel tempo della grande guerra”. Realizzato in collaborazione con la Soprintendenza archivistica per la Puglia e presso la sua sede in Palazzo Sagges nella città vecchia di Bari, l’evento si snoda in tre tappe che ripercorrono tre inedite diverse testimonianze documentaristiche pugliesi sulla guerra scelte tra quelle scoperte, tutelate e valorizzate dall’ente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta di “Sebastiano Arturo Luciani. Gli scritti”, che ha inaugurato la rassegna il 26 settembre, “Lettere dal fronte. L’archivio Poli: lo sport e la grande guerra”, previsto per il 10 gennaio, e “Il ritorno. Sarà per un’altra volta” che chiuderà il ciclo l’11 aprile. (Vedi foto galleria)

Sebastiano Arturo Luciani. Gli scritti – Tra gli intellettuali che seppero rappresentare l’aspetto rivoluzionario della prima guerra mondiale nel campo della cultura vi fu il pugliese Sebastiano Arturo Luciani, compositore, musicologo e pionieristico critico cinematografico. Nato ad Acquaviva delle Fonti nel 1884 e morto nel suo paese natale nel 1950, anche se vissuto prevalentemente a Roma, aveva lasciato in eredità ai suoi famigliari il proprio archivio personale che sarebbe andato disperso se non se ne fosse interessato l’acquavivese Bruno Brunetti, docente di letteratura italiana presso il Dipartimento di lingue, lettere e arti comparate di Bari, che lo ha segnalato presso la Soprintendenza e ne ha reso possibile il riordino e l’inventariazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Emerge dai documenti la poliedrica personalità di uno studioso che ha fornito numerosi contributi originali e significativi nel campo della musica - ci spiega Brunetti - come compositore, curatore di riviste e scuole di studio e autore di svariati saggi. Ma il suo apporto più rivoluzionario è costituito senza dubbio dagli studi sperimentali condotti sul cinema muto che in quegli anni si andava affermando e muoveva i suoi primi passi con le avanguardie europee. Il cinema per la sua modernità, innovazione tecnologica e velocità non poteva non attrarre i futuristi. Ed è infatti con il conterraneo Franco Casavola che Luciani firma nel 1924 uno dei quattro manifesti futuristi sulla musica, conservato nel suo archivio, e intitolato “Le sintesi visive della musica” e pubblicato nella rivista di Marinetti “Il futurismo. Rivista sintetica illustrata” ».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La portata rivoluzionaria del suo pensiero, espressa nei saggi “L’antiteatro” e “Verso una nuova arte”, sta nell’avere teorizzato per la prima volta nella storia del pensiero l’indipendenza del cinema dal teatro. La chiave del superamento dell’arte teatrale sta nel ruolo fondamentale della musica, che fungeva da accompagnamento anche dal vivo del film muto, che rende il cinema meno statico, più dinamico e con un linguaggio che arriva più facilmente a tutti. Cinema da lui definito definito infatti “musica degli occhi” e musica considerata “sintesi delle arti visive”. 
 
Lettere dal fronte. L’archivio Poli: lo sport e la grande guerra – Durante questa guerra “totale” e “di massa” che coinvolge tutti i campi e tutti i cittadini, non viene meno la passione per lo sport che sembra invece ricevere nuovo impulso. È quanto emerge significativamente dai documenti conservati a Bari nell’archivio privato “Giosuè Poli” e studiato dall’ex direttore della sezione di vigilanza degli archivi sportivi della Soprintendenza archivistica, Rosalba Catacchio, che ha rinvenuto significative “lettere dal fronte”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Giosuè Poli nasce nel 1903 a Molfetta e vi muore nel 1969. Si afferma come calciatore professionista ma poi si dedica anche al nuoto, al pugilato e all’atletica leggera e diviene presidente nazionale della Fidal (Federazione Italiana di Atletica Leggera).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La documentazione dimostra che mentre lo scoppio delle ostilità aveva determinato la sospensione delle competizioni nazionali, in Puglia si producevano forme nuove di vitalità sportiva- dichiara la Catacchio. - Il nuoto è praticato ovunque e chiusi gli impianti si utilizzavano i moli dei porti e gli scogli come trampolini. I tornei di calcio erano disputati alla buona su campi da gioco all’aperto. Nel 1917 Giosuè fonda l’Unione sportiva Fulgor e nel 1918 Molfetta è una delle prime città aderenti al movimento nazionale della Unione italiana liberi calciatori (Ulic) ».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma ciò che più colpisce sono le lettere che Giosuè scambia con il fratello Francesco Paolo Poli detto “Paoluccio” , arruolato in guerra. È anche lui uno sportivo ma è destinato alla carriera militare. Giosuè scrive: “Una vigliacca aggressione di velivoli austriaci ammazzò qui 8 innocenti vittime e fece 20 feriti con danni rilevanti ai fabbricati”. E Paoluccio risponde raccontando la durezza della guerra in trincea, degli allarmi notturni, del riposo breve nelle retrovie e di come non riesca più a esercitare lo sport tranne un po’ di scherma come esercizio. Paoluccio morirà il 21 maggio 1918 a Capo Sile a soli 22 anni.  

Il ritorno. Sarà per un’altra volta  - Altra figura di intellettuale di spicco negli anni della prima guerra mondiale, anche lui di Acquaviva delle Fonti, fu Niccolò de Bellis. Nato nel 1897 e morto nel 1935, sempre sul suolo natio dopo aver vissuto a Firenze, Roma e Milano, è giornalista, insegnante e scrittore e, allo scoppio della grande guerra, risulta essere appena diciottenne. Dall’archivio di famiglia conservato dagli eredi emerge un certificato medico in base al quale viene esonerato dall’arruolamento perché “portatore di stenosi mitralica”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nel 1917 a soli 20 anni, durante un soggiorno estivo ad Acquaviva, leggendo D’Annunzio e suggestionato da racconti ascoltati in paese, de Bellis porta a termine l’opera teatrale “Il ritorno. Dramma in un atto del tempo della guerra” - ci racconta Maria Pia Pontrelli, funzionario della Soprintendenza archivistica che ha inventariato l’archivio dell’autore. - Se il teatro è il luogo più adatto per trascorrere la propria licenza da soldati, scrivere un dramma sulla guerra è un modo per partecipare se non da attore almeno da spettatore da parte di chi non ha potuto essere al fronte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dagli articoli di giornale conservati emerge che “Il ritorno” viene rappresentato per la prima volta in teatro a Firenze nel 1917 accolto da grande entusiasmo e applausi a scena aperta. Narra la vicenda di un soldato che rientrato a casa per una licenza dal fronte scopre di essere stato tradito dalla moglie con il suo migliore amico e preferisce ritornare in guerra. Decide di non uccidere la coppia fedifraga, ma di far sentire loro tutto il peso del rimorso di chi ha commesso una colpa invece di andare a vivere in prima linea il dramma dell’evento bellico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In una lettera scritta ad una commissione giudicatrice, de Bellis dichiara che con “Il ritorno” ha voluto “mettere in evidenza le virtù dei nostri soldati che, nonostante il falso concetto che la guerra abbruttisca, sanno ritornare in Patria serbando i sani principi di civiltà che il fronte non ha fatto loro dimenticare”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 


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