di Mariangela Dicillo

Il mistero di Santa Barbara: in rovina gli affreschi più antichi di Bari
CAPURSO – Nelle campagne di Capurso, centro abitato a sud-est di Bari, nascosto dalla vegetazione rigogliosa e incolta delle campagne che collegano il paesino a Valenzano, si trova un misterioso complesso ipogeo: la “Laura di Santa Barbara”. Si tratta di tre grotte abitate in antichità da monaci basilani (che si ispiravano cioè alla regola dettata da San Basilio Magno), affrescate con dipinti bizantini di rara bellezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La “laura” (la cristianità ortodossa indica in questo modo un agglomerato di celle abitate da monaci), non è però indicata da alcun segnale, su internet non ci sono articoli che la riguardano e solo su Wikipedia nella pagina riferita a Capurso, ci sono tre righe a lei dedicate. Eppure sempre sull’enciclopedia online, in un altro paragrafo è scritto: “L'origine di Capurso è da collocare intorno all'anno Mille. Tracce della sua esistenza si ritrovano, anzi, già prima dell'anno Mille, come si evince dagli affreschi ritrovati nella Grotta di Santa Barbara nell'omonima contrada”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quindi quelli di cui stiamo parlando sarebbero affreschi molto antichi, di più di mille anni fa, che però, chissà perché, giacciono in uno stato di completo abbandono, in rovina, nascosti ai nostri occhi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La teoria che fa risalire queste opere all’Alto Medioevo è confermata da un libro di storia popolare scritto da Gino Pastore, dal titolo “Capurso”, che recita: “La grotta di Santa Barbara è una testimonianza riferibile al periodo della dominazione bizantina in Puglia (600-1070 d.C.). Il 733 d.C., alcuni monaci basiliani, sfuggiti alle persecuzioni iconoclaste di Leone Isaurico, si stabilirono sulle coste pugliesi, in grotte naturali o da essi scavate, per mantenere vivo il culto di quelle immagini che avevano venerato in Oriente”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Noi però abbiamo scoperto l’esistenza del complesso solo grazie alla testimonianza di chi, da bambino, trascorreva le giornate alla ricerca di tesori nascosti. Come Domenico, un anziano signore che vive a Capurso da più di cinquant'anni. «Quei terreni - dice - io li conosco bene. Prima non c'erano i giochi di adesso e da ragazzini passavamo il tempo esplorando le campagne. E trovavamo un sacco di cose». Così, sotto la guida di Domenico, una mattina di novembre siamo andati a visitare queste misteriose grotte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo nei pressi del cimitero di Capurso, su via Santa Barbara, strada non segnalata su “google maps” che si prende girando a destra sul primo tratto della Strada delle Grotte Orientali, venendo da Bari. Continuiamo diritto, percorriamo un piccolo ponte e a quel punto la strada si fa più stretta. Al posto dell'asfalto ora c’è del pietriscolo. Svoltiamo a sinistra e la strada di restringe ancora di più. Dopo circa un chilometro svoltiamo a destra e poi seguiamo la strada per un altro chilometro e mezzo. Siamo arrivati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ci raggiunge l'esperto di ipogei e membro dell'Archeoclub Nicola De Toma, che ci confessa: «Non ho mai sentito parlare di queste grotte». Scendiamo dall’auto e ci ritroviamo su un terreno privato, ma Domenico ci rassicura: «Il padrone è un mio amico, quindi possiamo stare tranquilli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E finalmente le possiamo vedere, anche se il terreno bagnato e la vegetazione spontanea ci rendono il passaggio più difficile del previsto. Entriamo a stento nella prima grotta a causa degli arbusti e dei detriti che ostruiscono l’ingresso. E una volta dentro non possiamo credere ai nostri occhi: davanti a noi c’è il volto di una santa dal vestito azzurro e la pelle rosea. Il dorato dell'aureola è ancora intenso nonostante il molto tempo trascorso. Ma il volto delicato e ovale è invece scrostato e tanto colore è venuto via.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo di fronte a ciò che è rimasto di una classica icona che ritrae la Vergine a mezzo busto che sorregge sul braccio destro il bambino Gesù benedicente. Per De Toma non ci sono dubbi: «Si tratta di affreschi di epoca bizantina». (Vedi foto galleria)

Accanto alla “grotta di Santa Barbara” ce ne sono altre due. La prima nasconde un affresco che sembra essere la raffigurazione di un paesaggio, in cui a prevalere sono il celeste e il verdone. I rami che sono penetrati all'interno della cavità si confondono con quelli del disegno originale creando un gioco di forme e colori. Anche qui, i detriti riempiono il pavimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La seconda invece è meno profonda e nella roccia sembrano scolpite alcune immagini che in realtà non si riconoscono e alle quali possiamo dare solo un'interpretazione assolutamente soggettiva: sembrano le figure di una donna che vola e di alcuni angioletti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta che voltare le spalle a questi gioielli. Il nostro intento è quello di tornare con altri esperti per conoscere più a fondo la storia degli affreschi, che secondo De Toma, «potrebbero essere i più antichi presenti negli ipogei della terra di Bari».


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