di Mina Barcone e Gabriella Quercia

Coccodrilli, leoni e animali deformi: a Bari due musei dell'imbalsamazione
BARI - Qualche tempo fa abbiamo parlato dell'unico imbalsamatore in terra di Bari, che ci svelò le tecniche e i segreti dell’arte dell’impagliatura degli animali: una pratica meticolosa, antica ma che ormai in pochi praticano. Tuttavia a Bari ci sono dei veri e propri musei dell’imbalsamazione, con esemplari unici (tra cui un maiale a otto zampe e una capra con due musi e un occhio) raccolti nel corso degli anni da esperti e appassionati. Si tratta del museo dell’Istituto tecnico Pitagora in corso Cavour, fondato dal ricercatore Vincenzo De Romita e quello del Dipartimento di Biologia ambientale e animale dell’Università di Bari, ubicato nel Campus. Entrambi sono poco conosciuti al pubblico e noi ci siamo andati per darci un’occhiata (vedi ampia galleria fotografica).

Il museo De Romita -  Durante i primi anni del 900 il naturalista barese Vincenzo De Romita, all’epoca insegnante del "Pitagora" e successivamente preside dell’istituto, con caparbietà e passione giunse a raccogliere quasi 1500 specie di animali che lui stesso imbalsamava.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il museo De Romita si caratterizza per l’ampia varietà di uccelli presenti (se ne contano quasi un migliaio) ai quali si aggiungono anfibi, rettili, mammiferi e alcune specie “insolite”. In un ripiano del museo è possibile infatti “ammirare” una capra che presenta sei zampe, due musetti e un solo occhio centrale e un cucciolo di maiale che riporta otto zampe. Questi animali “raddoppiati” sono gemelli siamesi uniti a livello sia toracico che craniale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra i tanti altri animali “normali” spiccano una leonessa, un pavone, una scimmia Guerèza, diversi uccelli (tra cui una gru, un pellicano, un cigno, gufi e civette) e anche rettili conservati in appositi barattoli con dell’alcol. Al centro della sala poi, vi è lo scheletro di quello che probabilmente era un cammello o dromedario, che fa compagnia ai numerosi fossili di animali e rocce che De Romita recuperò assieme alle varie carcasse da impagliare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A permettergli di possedere tutto ciò sono stati i numerosi contatti che lo studioso e ricercatore ha avuto con cacciatori e altri ricercatori come lui - ci spiega Simone Todisco, naturalista 29enne del centro studi De Romita -. Uno dei suoi amici, solo per citarne uno, era Enrico Giglioli, famoso zoologo e antropologo fiorentino. E la mancanza di un erede - continua Simone - spinse De Romita a lasciare la sua copiosa raccolta alla scuola dove aveva insegnato per tanti anni, il Pitagora appunto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nonostante la sua importanza e il buono stato in cui si trova, il museo (il cui accesso è consentito previa autorizzazione del centro studi De Romita) rimane ancora poco conosciuto. «Il museo non decolla per degli orari di apertura - afferma Todisco -. Trovandosi in una scuola l’accesso è consentito solo la mattina e solo qualche volta di pomeriggio. Un’apertura serale o di domenica sarebbe l’ideale ma anche molto difficile da attuare per ovvie ragioni logistiche».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Museo di Biologia – Il museo del Dipartimento di Biologia ambientale e animale dell’Università di Bari si trova nel Campus. Entrando da via Amendola sulla sinistra si trova il Dipartimento, ma bisogna scendere a un piano sotterraneo per trovare il museo. Nato negli anni 20 del secolo scorso grazie all’opera del generale Augusto Lettini e del naturalista leccese Liborio Salomi, prima di essere spostato al Campus aveva come sede quella del Palazzo Ateneo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questo museo rispetto al De Romita è meno fornito di uccelli imbalsamati, ma presenta anche animali vivi (pesci negli acquari) e resti umani. Ci sono infatti lo scheletro di un ominide rinvenuto a Carbonara oltre ai reperti del neolitico ritrovati a Cala Colombo, a Torre a Mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per il resto un trionfo di falchi, lupi, volpi, caprioli, alligatori, coccodrilli, pitoni, cobra, iguana, enormi pesci e granchi (nella foto) e circa 500 esemplari di insetti. Praticamente uno zoo completo di (quasi) tutti gli animali esistenti sulla Terra, imbalsamati. Gli unici animali vivi, come detto, sono i pesci, contenuti in 12 acquari di varie dimensioni che ripropongono diversi ambienti marini e di acqua dolce. Le sale sono due, nella prima ci sono pesci (vivi e imbalsamati) e uccelli, nella seconda rettili, mammiferi e insetti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nonostante la sua particolarità però il museo non è molto frequentato - ci spiega Rocco Sarino, ricercatore di zoologia -. Al di là di studenti afferenti ai vari corsi di laurea che se ne servono per esercitazioni o per alcuni esami, gli unici a venire qui sono i bambini appartenenti alle scolaresche di Bari e provincia». Il museo è comunque aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 (e il martedì e il giovedì anche il pomeriggio dalle 15 alle 18).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un visita da consigliare, perché in assenza di uno zoo e di grande acquario a Bari, recarsi in questi musei, anche se popolati da animali morti, rimane istruttivo e affascinante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 


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