di Francesco Sblendorio

Bitonto, nei sotterranei di un b&b si celano i resti dell'antica via Appia-Traiana
BITONTO – Non è da tutti avere la via Appia-Traiana in cantina. Può succedere però nel Barese, un territorio che l’antica strada romana attraversava da nord-ovest a sud-est, da Ruvo fino a Monopoli, passando per il capoluogo, prima di concludersi a Brindisi. E così lungo questo percorso è oggi possibile imbattersi in edifici che, nei propri sotterranei, conservano ancora tracce della via percorsa 2mila anni fa: basoli, tratti del selciato, solchi lasciati da carri e viandanti diretti verso le principali città costiere dell’allora “Apulia”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Uno degli esempi meglio conservati lo troviamo nel centro storico di Bitonto, nel seminterrato di una residenza ottocentesca in via Porta Robustina oggi adibita a struttura ricettiva. Siamo così andati alla scoperta del tesoro custodito sotto le camere del b&b “Antica Via Appia”. (Vedi foto galleria)

Prima però è doveroso ricordare la storia di questa importante arteria millenaria. La Regina viarum fu costruita per iniziativa del console romano Appio Claudio Cieco tra il 312 e il 190 a.C. Portava da Roma a Benevento e, da qui, attraverso un percorso prevalentemente appenninico, entrava in Puglia e scendeva fino a Brindisi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra il 108 e il 110 d.C., però, l’imperatore Traiano decise di realizzare una “variante” più breve e agevole della strada, collegando il centro campano sino al brindisino con un tragitto più pianeggiante che dall’area sannitica si indirizzasse verso la Daunia e quindi in terra di Bari, per giungere sull’Adriatico e proseguire poi lungo la costa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È quella che è definita la via Appia–Traiana, la quale superate le antiche Aecae (oggi Troia), Herdonia (Ordona) e Canusium (Canosa), giungeva a Rubi (Ruvo) e Butuntum (Bitonto) dove si divideva in due tronconi: uno puntava verso Modugno e Ceglie del Campo, sovrapponendosi alla più antica via Minucia, l’altro entrava in Bari per poi ricongiungersi con il primo all’altezza di Egnazia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Bitonto rappresenta una tappa di notevole importanza lungo il percorso della vecchia strada. Questa infatti era intervallata da una serie di stazioni di posta (stationes): luoghi di sosta che potevano essere attrezzati per il pernottamento dei viaggiatori e la custodia di carri e cavalli (mansiones) oppure per brevi pause utili al cambio degli animali (mutationes). Ebbene, Bitonto per tutta l’età romana fu una mansio e solo in epoca paleocristiana (V-VI secolo) venne ridotta a mutatio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E veniamo ai giorni nostri. Naturalmente in tanti secoli costruzioni e vie più nuove hanno seppellito la maggior parte del tracciato della Traiana. A Bitonto l’antica strada è divenuta un viale alberato su cui è posto il cimitero cittadino, anche se nella toponomastica ha mantenuto il nome di via Traiana, come si evince dalla targa moderna che campeggia all’inizio dell’arteria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Proprio nei pressi del cancello secondario del camposanto, notiamo ciò che resta di uno degli 11 miliari, cippi litici che scandivano il segmento di tracciato da Ruvo a Bitonto e che riportavano la distanza in miglia (oggi illeggibile) da Benevento: qui era di circa 121 km.

Proseguendo e superata l’odierna ampia piazza Caduti del Terrorismo, entriamo nel centro storico in corrispondenza di quello che era l’accesso alla città per chi arrivava da Ruvo.

Imbocchiamo quindi via di Porta Robustina e, dopo poche decine di metri, sulla destra notiamo un edificio a tre piani con la facciata tinteggiata di giallo e un robusto portone in legno. Si tratta di un palazzo del 1843, costruito su resti medievali, sede del podestà di Bitonto Serafino Santoro dal 1928 al 1938. Fu acquisito dal bitontino Gaetano Brattoli nel 2008, che da allora l’ha adibito a b&b.

Ad accoglierci è suo figlio, il 29enne Davide, che ci accompagna attraverso una serie di stanze coperte da volte a botte e a crociera arredate ancora con i mobili del XIX secolo. Con il giovane arriviamo in un piccolo atrio all’aperto e scendiamo lungo una ripida scala in pietra che, dopo un semiarco, ci conduce nei sotterranei: veniamo così riportati indietro di 2mila anni.

Ci troviamo subito in uno stretto corridoio. «Nei secoli passati era adibito a cantina - racconta la nostra guida – e la pavimentazione ancora oggi rappresenta il selciato originale dell’antica strada voluta da Traiano».

Sotto i nostri piedi vediamo infatti uno strato di pietra bianca che, in certi punti, rivela un livello sottostante più irregolare e annerito. Numerosi sono gli elementi riconducibili alle tecniche costruttive di età romana e i basoli piatti e rettangolari, alcuni consunti e in parte coperti dal terriccio calcificato, ricordano un altro tratto della via Appia rinvenuto a Bari, in piazza del Ferrarese.

Diversi solchi costellano il tracciato, taluni più superficiali e altri più profondi: scopriamo che, con tutta probabilità, sono il risultato del continuo passaggio dei carri nel corso dei secoli. L’Appia Traiana infatti era una via molto trafficata e il continuo andirivieni di mezzi di trasporto ha lasciato i propri segni nel selciato.

Ci infiliamo in pertugi sempre più stretti, in cui le fessure della roccia appaiono maggiormente pronunciate, fino a creare veri e propri fori creati dal tempo e dall’intervento umano che ha costruito strutture utilizzando il piano stradale come basamento.

Giungiamo infine all’ultimo tratto del corridoio coperto con lastre di vetro di camminamento. Notiamo la pietra bianca annerita e consunta dallo scorrere del tempo assieme ai profondi solchi che l’attraversano, rivelando l’intenso traffico che proseguì per buona parte del Medioevo, quando l’Appia–Traiana divenne parte integrante della via Francigena, strada percorsa da crociati e pellegrini diretti ai porti pugliesi da cui si imbarcavano alla volta della Terra Santa.

(Vedi galleria fotografica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
A Bitonto la via Appia-Traiana è divenuta un viale alberato su cui è posto il cimitero cittadino...
...anche se nella toponomastica ha mantenuto il nome di via Traiana, come si evince dalla targa moderna che campeggia all’inizio dell’arteria
Proprio nei pressi del cancello secondario del camposanto, notiamo ciò che resta di uno degli 11 miliari, cippi litici che scandivano il segmento di tracciato da Ruvo a Bitonto e che riportavano la distanza in miglia (oggi illeggibile) da Benevento: qui era di circa 121 km
Proseguendo e superata l’odierna ampia piazza Caduti del Terrorismo...
...entriamo nel centro storico in corrispondenza di quello che era l’accesso alla città per chi arrivava da Ruvo
Imbocchiamo quindi via di Porta Robustina e, dopo poche decine di metri, sulla destra notiamo un edificio a tre piani con la facciata tinteggiata di giallo e un robusto portone in legno
Si tratta di un palazzo del 1843, costruito su resti medievali, sede del podestà di Bitonto Serafino Santoro dal 1928 al 1938. Attraverso una serie di stanze coperte da volte a botte e a crociera arredate ancora con i mobili del XIX secolo...
...arriviamo in un piccolo atrio all’aperto...
...e scendiamo lungo una ripida scala in pietra che, dopo un semiarco...
...ci conduce nei sotterranei: veniamo così riportati indietro di 2mila anni
Ci troviamo subito in uno stretto corridoio: nei secoli passati era adibito a cantina e la pavimentazione ancora oggi rappresenta il selciato originale dell’antica strada voluta da Traiano
Sotto i nostri piedi vediamo infatti uno strato di pietra bianca che, in certi punti, rivela un livello sottostante più irregolare e annerito
Numerosi sono gli elementi riconducibili alle tecniche costruttive di età romana e i basoli piatti e rettangolari, alcuni consunti e in parte coperti dal terriccio calcificato, ricordano un altro tratto della via Appia rinvenuto a Bari, in piazza del Ferrarese
Diversi solchi costellano il tracciato, taluni più superficiali e altri più profondi: scopriamo che, con tutta probabilità, sono il risultato del continuo passaggio dei carri nel corso dei secoli
L’Appia Traiana infatti era una via molto trafficata e il continuo andirivieni di mezzi di trasporto ha lasciato i propri segni nel selciato
Ci infiliamo in pertugi sempre più stretti, in cui le fessure della roccia appaiono maggiormente pronunciate, fino a creare veri e propri fori creati dal tempo e dall’intervento umano che ha costruito strutture utilizzando il piano stradale come basamento
Giungiamo infine all’ultimo tratto del corridoio coperto con lastre di vetro di camminamento
Notiamo la pietra bianca annerita e consunta dallo scorrere del tempo assieme ai profondi solchi che l’attraversano, rivelando l’intenso traffico che proseguì per buona parte del Medioevo, quando l’Appia–Traiana divenne parte integrante della via Francigena



Francesco Sblendorio
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  • Mariella Lipartiti - Molto interessante. Grazie


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