di Federica Calabrese - foto Nicola Lasalandra, Valentina Rosati

Tunnel sotterranei, infermerie e scritte d'epoca: alla scoperta del rifugio antiaerei di Monopoli
MONOPOLI - Quattrocento metri di cunicoli scavati nella roccia che funsero da riparo per migliaia di persone durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. È la descrizione del grande rifugio antiaerei di Monopoli, un luogo posto a otto metri di profondità, al di sotto della centralissima piazza Vittorio Emanuele II. (Vedi foto galleria)

Questi tipi di spazi furono realizzati in ogni città per offrire protezione alla popolazione durante gli attacchi perpetrati prima dagli Alleati e poi dai Nazisti. A Bari, come abbiamo raccontato in un precedente articolo, ce n’erano diversi ed erano indicati da appositi segnali a forma di freccia con su scritto l’indirizzo del nascondiglio più vicino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel capoluogo pugliese però non sono più visibili da tempo: sono stati infatti abbandonati o adibiti nel corso degli anni a scantinati e tavernette. Al contrario a Monopoli si è riusciti nell’intento di preservare la storia e così, dopo una lunga ristrutturazione, il Comune ha riaperto il rifugio principale del paese che è ora fruibile al pubblico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per scoprirlo raggiungiamo l’incrocio tra via Magenta e piazza Vittorio Emanuele II. È proprio qui che si trova una piattaforma in metallo che una volta alzata svela l’ingresso del rifugio. Prima di scendere però ascoltiamo la storia del luogo attraverso le parole della nostra guida turistica, la 22enne monopolitana Teriana Scardigno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Fu realizzato nel 1943 per ospitare ben 4200 persone – sottolinea l’esperta –. Il precedente ricovero situato sempre al di sotto di questa piazza, nei pressi di una cisterna, si era infatti rivelato insufficiente, anche se salvò la vita di numerose persone durante l’attacco degli Alleati del 15 e del 16 novembre 1940. In quell’occasione morì infatti un solo uomo: il segretario comunale Clemente Cancelli, travolto da un muro mentre stava lavorando nel suo ufficio di via Polignani».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel dicembre del 1942 l’ingegnere comunale Angelo Brescia fu incaricato di redigere il progetto di un nuovo e più sicuro nascondiglio sotterraneo che avrebbe ampliato il bunker precedente. Vennero così realizzate due gallerie di 200 metri dalla forma a X a una profondità di otto metri. Erano dotate di pozzi di aerazione, scale a pioli infisse nella roccia, latrine con pozzi di assorbimento e infermerie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nascondiglio (che possedeva quattro ingressi, uno ad ogni angolo della piazza) ospitò quindi i monopolitani che scappavano dai bombardamenti degli aerei nemici. Negli umidi spazi scavati nella pietra calcarenitica trovarono accoglienza migliaia di persone, che qui avevano la possibilità di dormire, mangiare ed essere curate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Questo sino al 1948, quando con la fine della guerra il luogo cadde in disuso e le sue entrate furono sigillate. Nel 2010 il Comune ha però deciso di riaprire al pubblico questo posto tanto importante dal punto di vista storico. E così dopo 7 anni di risanamento e restauro, il 16 novembre 2017 ha rivisto la luce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta ora che iniziare la visita scendendo una decina di gradini protetti prima da una struttura in metallo e poi dalle pareti in pietra viva. Dopo aver percorso una seconda scala raggiungiamo infine un lungo e stretto corridoio dalle pareti tufacee. Siamo quindi nel rifugio. L’ambiente, illuminato dalla luce gialla proveniente da alcune lampade poste sul soffitto a volta, si snoda per duecento metri incrociando in alcuni punti dei passaggi senza uscita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci guardiamo attorno. Affisse alle pareti ci sono le planimetrie dei cunicoli con le indicazioni delle uscite di sicurezza e dei punti di raccolta, oltre a fotografie del tempo e ordinanze comunali con le prescrizioni da seguire in caso di emergenza. Tra queste quella del 1939 con cui l’allora comandante prefettizio Francesco Cantatore ricordava ai monopolitani che, al suono reiterato di 15 secondi dell’allarme situato sul campanile della chiesa di San Francesco, si sarebbero dovuti recare immediatamente nel ricovero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I muri accolgono anche numerose scritte d’epoca. Si tratta di incisioni di date, di inni al duce e al re e di iniziali di persone che hanno lasciato qui un loro ricordo. Lungo il percorso sono poi stati ricavati dei piccoli ambienti in cui è possibile sedersi e ascoltare attraverso delle videoproiezioni i racconti dei sopravvissuti ai bombardamenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Negli ultimi 50 metri di tunnel sono invece preservate le testimonianze più singolari. In una diramazione del percorso principale si conservano ad esempio due latrine: al di là di sottili cancellate in ferro sono ancora visibili i fori di scarico e le coperture di soffitto a mattoni irregolari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi ci sono i locali dell’infermeria: quattro angusti spazi bui in cui venivano accolti i feriti dai crolli causati dalle bombe. Qui centinaia di graffiti ricoprono le pareti ormai imbrunite: tra di esse anche un disegno del busto di Benito Mussolini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Percorriamo il cunicolo sino alla sua fine, lì dove incrocia il secondo ramo della galleria che però risulta inaccessibile. Non ci resta quindi che raggiungere l’uscita e dopo essere saliti grazie ad altre scale in pietra, riemergiamo sul lato est della piazza. Possiamo così rivedere la luce, dopo aver rievocato per alcuni attimi l’atmosfera della terribile Seconda Guerra Mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Federica Calabrese
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  • Paolo Marturano - avevo avuto notizie di quanto documentato ma il servizio e le immagini è perfetto e da applausi
  • Marina Di Modugno - Complimenti per l'articolo!
  • Maria Barraja - Salve, come fare per visitarli?


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