Terre condivise, sport "nazionali" e trulli antichi: è il romantico borgo di Cocolicchio
Letto: 6441 volte
lunedì 29 giugno 2020
Letto: 6441 volte
di Margherita Sannicandro
La zona tra l’altro è attraversata da un'unica via ed è priva di scuole e negozi: la popolazione locale ricorre quindi, per quanto possibile, al baratto o si sposta verso il centro cittadino per fare la spesa. Si tratta insomma di un piccolo baluardo rurale contro la modernità, simile ad altre "oasi" pugliesi semisconosciute come Contrada Montursi e Borgo Sette Torri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per raggiungerlo ci allontaniamo dall'abitato principale di Fasano, percorrendo la statale 172 in direzione sud. Dopo circa quattro chilometri giriamo a destra e imbocchiamo la strada provinciale 1: ne seguiamo il tracciato per altri due chilometri fino a incontrare sulla sinistra la svolta per Cocolicchio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L'ingresso è segnalato da un apposito cartello con su scritto "I primi trulli": pare infatti che proprio qui sia avvenuta la prima registrazione ufficiale di un trullo, effettuata da un notaio locale nel 1748.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ad accoglierci c'è il 62enne Vito Pinto, che nel villaggio ci è nato e vive da sempre. Quando lo incontriamo ha in braccio un’oca. Del resto da queste parti gli animali sono sempre stati i benvenuti: lo dimostrano gli abbeveratoi visibili ai margini dell'arteria, che spezzano il predominio di muretti a secco, ulivi e campi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Cerchiamo di mantenere il più possibile immutato l'aspetto originario della contrada - spiega Vito -. Queste antiche vasche ai bordi della strada placano la sete delle bestiole accudite dagli abitanti del posto». E mentre passeggiamo avvistiamo l'unica fontana del luogo: risale all'epoca fascista e reca ancora l'incisione originaria del fascio littorio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il rumore dei nostri passi rompe temporaneamente l'unico suono udibile nel borgo: quello incessante del cinguettio degli uccellini, che di notte lascia spazio ai canti delle civette. Ci imbattiamo nell'ex bottega del paese, ovviamente incastonata in un trullo. «Lì un tempo compravamo fiammiferi e carbone per cucinare - sottolinea la nostra guida -. Oggi, se manca qualcosa, cerchiamo di recuperarla dai vicini col baratto, proprio come facevano i nostri avi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qua e là si aprono poi terreni destinati al pascolo o all'agricoltura. Protetto dall'onnipresente muretto a secco c'è anche un rigoglioso frutteto. «Le terre coltivate sono di tutti e ciascun abitante può usufruire liberamente del raccolto - evidenzia Pinto -. In un altro trullo è a disposizione anche il forno comunale. Ora lo usiamo solo per le sagre, mentre prima era sfruttato quotidianamente, su "prenotazione": per capire a chi ne toccava l'utilizzo bisognava controllare quali rami d'albero fossero presenti al suo interno. Ciascuna famiglia infatti ne aveva uno distintivo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Continuiamo la visita concentrandoci sui trulli, praticamente l'unica tipologia di costruzione presente. Quasi tutti hanno una vite rampicante sull'uscio di casa. Alcuni sono ricoperti dalla vegetazione e offrono un suggestivo colpo d'occhio. I più antichi si distinguono perchè il loro tetto culmina con una piccola piramide di pietra: su tutti gli altri si trova invece una sfera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un ambiente così piccolo e tranquillo rafforza naturalmente lo spirito di comunità dei residenti. «Da piccolo non esistevano grandi differenze tra ricchi e poveri - rammenta la nostra guida -, dato che chiunque poteva servirsi di quanto cresciuto nei campi. Mangiavamo solo prodotti di stagione e la carne era un lusso riservato alle grandi occasioni. Consumavano grandi quantità di fave, alle quali oggi intitoliamo una sagra apposita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Arriviamo quasi in cima alla collinetta. In lontananza scorgiamo un campo di grano che oggi rimpiazza quella che era l'aia per i polli. Sulla destra invece spicca un’area dedicata alle bocce, lo sport più in voga nel villaggio. «È da questa disciplina che deriva il nome della frazione - precisa Vito -. Nel nostro dialetto "boccia" si traduce infatti in "cuculo". Ed è per questo che dal 1980 organizziamo un acceso torneo che si tiene ogni anno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Conserviamo pure un'altra usanza curiosa - aggiunge il signore - ossia la corsa con le biciclette a cuscinetti o "cuscinette". Si tratta di tavole di legno guidate con un manubrio a cui sono aggiunte delle particolari rotelline: con questi mezzi ci si lancia dall'apice della collina, fin quando la fine della discesa non ne annulla la velocità. Nel 2019 venne organizzata anche una gara in memoria di Peppe Vinci, giovane del posto scomparso prematuramente. Per l’occasione i “bolidi” vennero dipinti come macchine da Formula Uno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Concludiamo il nostro viaggio dinanzi alla chiesa dell'Addolorata, l'unica di Cocolicchio. «Questo posto sacro è il mio grande cruccio - conclude Vito -. Fu costruito nel 1906 a forma di trullo, poi però fu ristrutturato e dell’edificio originario sono rimasti solo l'ingresso, il campanile e gli interni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un dispiacere per questa comunità che cerca sempre di rimanere fedele a se stessa, resistendo a qualsiasi novità non indispensabile. Dopo il singolare "Minareto" e il suggestivo Tempietto di Seppannibale, l'agro di Fasano insomma continua a sfornare storie e luoghi unici: quelli di un borgo che si illude di poter fermare il tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Teresa Dell’Aquila)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Margherita Sannicandro
Margherita Sannicandro
I commenti
- Alfredo Giannantonio - Grazie mille Margherita, bellissimo articolo, in passato ho visitato questa comunità e merita di essere raccontata questa esperienza