Antico, pittoresco e dimenticato: Loseto, il quartiere che vive lontano da Bari
Letto: 16392 volte
martedì 25 giugno 2019
Letto: 16392 volte
di Nicola Imperiale
Si tratta di una sorta di “piccola isola urbana” completamente circondata dalla campagna che affonda le radici nell’XI secolo. La sua “età dell’oro” risale al periodo in cui fu acquisita dal nobile napoletano Cesare De Ruggiero, che tra il 1762 e il 1806 (anno dell’abolizione della feudalità), riuscì a restaurare edifici, creare nuove case e bonificare terre incolte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Loseto visse in autonomia per decenni, fino a quando nel 1937 un regio decreto stabilì che sarebbe diventato frazione di Bari, città di cui divenne addirittura quartiere nel 1970. Eppure, nonostante faccia parte del capoluogo pugliese ormai da tempo, questo rione rimane una “cosa a sé”: lontano dal centro cittadino e così “nascosto” da essere stato dimenticato dagli stessi baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per visitarlo bisogna dirigersi verso la periferia sud di Bari e imboccare viale Trisorio-Liuzzi, il prolungamento di via Giulio Petroni, che dopo aver costeggiato Carbonara e Ceglie del Campo finisce la sua lunga corsa proprio a Loseto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fiancheggiamo così la parte nuova del quartiere, formata più che altro da palazzoni di edilizia popolare nati negli anni 80 che convivono con i tralicci dell’alta tensione e la paura dell’elettrosmog. Tra i “grattacieli” si trova però un edificio degno di menzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E’ la cappella rurale del Santissimo Salvatore una chiesetta del 1418 oggi inglobata in un giardino pubblico. Il semplice tempietto in tufo, dotato di un campanile a vela sormontato da un timpano privo di campana, nasconde al suo interno affreschi raffiguranti immagini religiose.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu eretto per commemorare i losetani massacrati nel 1348, durante l’eccidio perpetrato dall’esercito ungherese atto a punire Gazzotto De Dionisiaco, signore della città, resosi colpevole di aver congiurato contro Andrea D’Ungheria, marito della sovrana di Napoli Giovanna D’Angiò.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Curiosità. Una chiesa con lo stesso nome si trova poco distante dal tempio rurale: “futuristica” e sotterranea è stata disegnata dall’architetto Ottavio di Blasi nel 2000.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Noi continuiamo su viale Trisorio-Liuzzi che a un certo punto si divide. A sinistra porta fino ad Adelfia, a destra invece cambia nome in via Crispi e conduce dopo 400 metri a un grande arco in pietra bianca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo davanti all’antico ingresso di Loseto vecchia, fatto innalzare nel 1778 da Francesco De Ruggiero, figlio di Cesare. Sul monumento, costituito da un imponente fornice affiancato da lesene e sormontato da un timpano, compare lo stemma baronale della famiglia e una targa che elogia l’operosità del contado.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una volta attraversato, ci immettiamo nella graziosa piazza Vittorio Emanuele III, pavimentata a “chianche” e resa vivace dal colore verde degli alberi che la circondano. A dominare è la maestosa San Giorgio Martire, chiesa del XII secolo completamente ricostruita in stile tardo barocco nel 1767.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La facciata, realizzata con un paramento in conci levigati di pietra locale, è scandita da quattro lesene. Il prospetto è diviso in tre ordini orizzontali. In quello inferiore è presente il portale e la stele che riporta i nomi dei caduti della Seconda guerra mondiale, nella parte intermedia è collocato l’orologio pubblico del 1895 e in quella superiore un piccolo timpano a cuspide. Alla destra della struttura si eleva infine il campanile, restaurato nel 1936 dopo essere stato danneggiato da un fulmine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’interno, a navata unica, è caratterizzato da un presbiterio posto in un’abside semicircolare e separato dai banchi dei credenti da un arco trionfale a tutto sesto. Vicino all’ingresso sulla sinistra, è posta la statua del patrono di Loseto: San Giorgio nell’atto di fronteggiare il drago con una lancia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo sulla piazzetta, per incontrare di fronte alla chiesa una piccola struttura di pietra calcarea, cornicione aggettante e timpano curvilineo. È ciò che resta del palazzo del Sedile del XVI secolo, lì dove si svolgevano le riunioni dell’assemblea cittadina. Sporgente sulla facciata c’è l’ormai irriconoscibile “Leone della Giustizia”, al quale erano incatenati i debitori insolventi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci inoltriamo ora tra le bianche e strette stradine del borgo, segnato da edifici sui quali è facile imbattersi in stemmi raffiguranti tre rose. Si tratta dell’antico simbolo di Loseto, che nel 400 per un errore di trascrizione della cancelleria aragonese fu a lungo chiamato Roseto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra le chicche presenti nel centro storico, spicca su una parete di vicolo Madonna una sorta di edicola religiosa composta da un elegante bassorilievo in materiale tufaceo: ritrae due immagini femminili sovrastate dalla figura del Creatore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E come ogni borgo medievale che si rispetti, anche Loseto ha un suo castello. Si trova in piazza Guido De Ruggiero, dove si staglia una possente costruzione di origine normanno-sveva a pianta pentagonale in pietra e tufo. Totalmente restaurata e fortificata nel 1764, la rocca è oggi privata e non accessibile. La facciata è caratterizzata dal grande portone d’ingresso in legno e da un’alta torre, mentre il retro presenta una loggia a serliana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sui lati opposti scopriamo poi due “attrattive” locali. Ad est ecco l’antico forno a legna del 1836, dove fino a vent’anni fa si cuoceva il pane ancora con metodi tradizionali. Ad ovest invece, in una nicchia, fa bella mostra di sé una statua in pietra del 1850 raffigurante “San Nicola nero”, simile a quella custodita nella cappella situata di fronte all’entrata del Porto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Procedendo infine su via Cavour, ci imbattiamo nella Madonna del Popolo: fatta costruire nel 1858 dalla famiglia Fascina, è una chiesa molto amata e curata dai losetani, seppur inutilizzata da tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da questo punto in poi è inutile proseguire: c’è solo campagna. Il tempio rappresenta infatti l’ultimo edificio cittadino: un cartello posto qualche metro più avanti è proprio lì a indicare il confine ultimo del territorio barese. Anche se Bari in realtà l’avevamo lasciata molto prima, dopo aver varcato la porta dell’isolato e pittoresco “feudo” che risponde al nome di Loseto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Nicola Imperiale
Nicola Imperiale
I commenti
- Maria Antonietta Signorile - Interessante... Giacché di Loreto non sapevo proprio nulla. Mi chiedo, però, se anche qui ci sono resti dell'antico popolo dei Peuceti.