Nascosti, colorati e illegali: sono i ''paradisi'' urbani dei writers baresi
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venerdì 20 ottobre 2017
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di Simone Lastilla - foto Antonio Caradonna
Si tratta di una delle quattro colonne della cultura hip hop e consiste nel disegnare in modo originale le lettere che compongono la "tag", ossia la propria firma (quasi sempre un nome d'arte). In tal senso si differenzia dalla street art, altra corrente che si concretizza in contesti urbani ma contempla più spesso la rappresentazione di persone e scene di vario tipo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I primi baresi a importare questo fenomeno in città furono negli anni 90 i componenti della "crew" (cioè del gruppo) degli Hell's Vastas: Mestmove, Patch, Giose, Soap, Just, Moshe, Glue, Hulk, Setone e Whatfour. A loro ben presto si aggiunse la Fms, composta da Bole, Mice, Acid e tanti altri come Skolp, Odd, Pro10, Hesa, Perckia e Devil. Il tutto avvenne intrecciandosi inevitabilmente con lo sviluppo della scena rap locale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra le nuove leve invece si segnalano Pock, Wants, Ena, Pest, Hot e Reva. Sul piano dell'età comunque il plotone è abbastanza variegato: si va dai 18 anni dei ragazzi appena citati ai 42 del "veterano" Antonello, in arte Mestmove.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E anche sugli stili adottati vi è grande diversità. «Per tutti il riferimento principale è quello newyorkese, un tipo di writing molto istintivo e leggibile - spiega Antonello -. Ma ormai non ci sono regole precise: del resto grazie a internet e a bombolette spray sempre più sofisticate, si moltiplicano le “armi” a disposizione degli artisti. Io stesso utilizzo i pennarelli per dar vita agli sfondi dei miei graffiti, cosa che magari un tempo non si faceva».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A prescindere da nomi, età e stili, i writers continuano a disegnare le zone periferiche e nascoste della città. Un po’ per evitare guai con la giustizia (visto che il graffitismo è comunque un’arte illegale), un po’ perché la periferia è sempre più grigia delle aree centrali e necessita quindi di vita e colore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E poi quest’arte è sempre stata associata a un’immagine “urbana”, “industriale”, “underground”. Per questo non ci siamo sopresi quando all’interno del “cimitero” dei treni di Mungivacca abbiamo trovato una serie di vagoni sì morti ma rivitalizzati dalle bombolette spray. Così come sapevamo che dentro l'ex mobilificio Aiazzone di Modugno, abbandonato da sei anni, avessero trovato casa una serie di fantasiosi murales.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Girando per Bari siamo andati alla scoperta di altri “paradisi” dei writers (vedi foto galleria). Uno di questi è il posto dove il sottovia Giuseppe Filippo (che collega viale Pasteur con via Brigata Bari) passa sotto un groviglio di binari. Una "terra di mezzo" fatta di cunicoli e piccole stazioni che è stato preso di mira dagli amanti dei murales.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le pareti del passaggio pedonale che costeggia l'intero sottovia sono infatti un susseguirsi spettacolare di firme creative. Le più facili da osservare sono quelle tracciate sui brevi tratti in cui la strada non è sovrastata dalla ferrovia, alternate a esempi di street art come il gigantesco uomo con la testa di un semaforo e lo Spider-Man partorito dalla mano del writer romano “Solo”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ve ne sono veramente di tutti i colori: alcune verdi e celesti sembrano quasi intonarsi con l'azzurro dei corrimani, altre invece presentano tonalità più accese. I palazzoni della zona del Redentore, nel quartiere Libertà, che si stagliano a poca distanza completano l'atmosfera da "giungla urbana".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Rimaniamo nei dintorni per la seconda tappa del nostro viaggio: i binari che lambiscono strada San Giorgio Martire, una via sommersa dai rifiuti, lì dove sorge la chiesetta medievale omonima anch’essa abbandonata da tempo. Qui le scritte sono decisamente meno elaborate e più facili da interpretare. Sotto una di esse leggiamo chiaramente: "È un lavoro sporco", forse un commento ironico riferito alla decadente area colorata da “sporchi” murales.
La terza sosta è nelle vicinanze dello stadio San Nicola. Siamo sul sottopasso della strada Modugno-Carbonara (dove si trova il santuario della Madonna della Grotta), dietro la curva nord dell'impianto sportivo. Su entrambi i lati dell'arteria vari artisti si sono sbizzarriti usando il "wild style", cioè quella tecnica che prevede l'intrecccio stretto delle lettere della tag, rendendola difficilmente traducibile. C'è spazio anche per la street art, a giudicare dalla volpe simile a quella della favola di Pinocchio ritratta con due bombolette in mano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo quindi sul cavalcavia di via Camillo Rosalba che immette a Poggiofranco dalla tangenziale, la cui base accoglie una sequela di autografi, interrotti qua e là da un tributo al cantante James Brown, padre del funk, il genere musicale che in seguito ha dato vita all’hip hop. La leggenda statunitense è riprodotta prima con un lungo microfono in mano, poi con dei vistosi pantaloni viola a zampa di elefante e infine mentre si esibisce in lacrime.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proseguendo su via Camillo Rosalba e dirigendosi verso lo Stadio San Nicola, si trova un sottopasso che pullula di tag lasciati dagli artisti più famosi. Mentre entrando nel quartiere e arrivando in via San Tommaso D'Aquino, vicino al liceo Socrate, balza all'occhio una firma particolare: fatta con diverse sfumature di verde, costituisce il prolungamento della gamba di un mostro disegnato alla sua destra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma il capoluogo è pieno di graffiti “illegali”. È per questo che dal 2012 il Comune Bari ha seguito l'esempio di altre città italiane predisponendo dei muri "legali": su di essi i writers, previa iscrizione in un apposito albo, possono dar sfogo alla loro fantasia. Ne esistono diversi: per esempio quello che cinge il parco don Tonino Bello in via Martin Luther King, quelli che sostengono il ponte di via Lucarelli e le pareti dei sovrappassi di via Nazionale a Palese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è chi si mostra favorevole all’iniziativa, come Antonello, che afferma: «È un ottimo modo per dipingere in tranquillità e rendere Bari più bella». Ma la maggior parte degli artisti non manda giù questo accordo con le autorità. «Chiese, monumenti e palazzi storici non vanno deturpati - puntualizza il 36enne Fabio "Nook", ex graffitaro -. Ma per il resto credo che il vero writing sia sinonimo di “ribellione” e debba quindi andare contro la legge imposta: è un'arte nata così e dovrebbe rimanere tale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Simone Lastilla
Simone Lastilla
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna
I commenti
- Antonello - Come al solito quello che rilascio nelle interviste viene rielaborato ,ma purtroppo vengono dettecose che dalla mia bocca non sono mai uscite...... e poi foto di muri legali ,spacciati per illegali.insomma questa intervista merita un aggettivo specifico! Sceglietelo voi!! Addio.