di Eva Signorile

Bari, Strada Pezze del Sole: un tuffo nel passato tra pecore, ulivi e ginestrelle
BARI – Si chiama “Strada Pezze del Sole” ed è l’unica via che collega i quartieri a sud-est di Bari (Mungivacca e San Pasquale “alta”) con il grande rione Japigia. Ma essendo molto stretta, tortuosa e attraversata dai binari del treno, questa strada dal nome così particolare risulta essere molto poco frequentata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fortuna per lei, perché la strada è riuscita a mantenere intatto il suo fascino e rappresenta ancora oggi la porta d’accesso a un mondo rurale dimenticato, che certo non ci si aspetta di incontrare nei pressi di via Amendola (una delle arterie più trafficate della città) e del grande e moderno complesso dell’Executive Center. Un brandello di un “piccolo mondo antico” stretto tra due popolosi quartieri che la storia e la fame cementizia hanno trascurato e che continua inconsapevole la sua esistenza fra campi e greggi. (Vedi foto galleria)

Una volta entrati a Bari da via Amendola, percorsi 500 metri, ci si imbatte sulla destra in Strada Pezze del Sole. L’accesso è  marcato da due targhe che si fronteggiano e che ne riportano il nome: sul muro a destra la targa ufficiale del Comune di Bari, sulla sinistra quella più alla buona che mostra i segni del tempo sotto le carezze di un pepe ornamentale. L’ingresso è scortato da una coppia di semafori che lampeggiano un giallo insensato e ininterrotto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per alcuni metri la strada mostra il volto di una zona residenziale, sulla destra si intravede una grande fabbrica di un oleificio che esibisce orgogliosa un ciminiera, oltre a un campo coltivato ad ulivi. E intanto un brusio familiare e lontano si spinge fino alle nostre orecchie. Il brusio si fa più insistente man mano che procediamo, fin quando comprendiamo: ci sono delle pecore, tante pecore. Adocchiamo una casa di un giallo improbabile, spersa su una modesta altura del terreno. Ci avviciniamo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Notiamo nell’aia un’anziana signora intenta a stendere dei panni. Si accorge della nostra presenza e ci invita a entrare in quella che è a tutti gli effetti una fattoria. «Qui ci sono trecento pecore adulte», ci dice orgogliosa. Anche se a belare sono gli agnellini che attendono il latte delle mamme, che in quel momento sono lontane a pascolare nei campi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La donna (che non ci vuole rivelare il suo nome) ce li mostra. Si trovano in un grande capannone il cui pavimento è ricoperto di paglia: sono una quarantina, alcuni completamente bianchi, altri pezzati di nero. Usciamo e veniamo a sapere che la signora e suo marito vivono qui da quasi cinquant’anni, campando di allevamento, da quando in questa zona c’era solo ed esclusivamente campagna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ritorniamo sulla strada. Nel campo di fronte alla casa gialla zampetta qualcosa di maestoso e bianco. Balugina, scompare e poi pulsa di nuovo nella folta vegetazione incolta. Azzardiamo un po’ intimoriti: c’è una rete di protezione che non sembra poi troppo alta e qualunque cosa ci sia alla spalle se decidesse di saltarci addosso e aggredirci non incontrerebbe troppe difficoltà. Infine ci appare: una pecora dalle dimensioni soprendenti. Le nostre voci sembrano attrarla e riusciamo a convincerla a mettersi in posa per una foto ricordo. La lasciamo a malincuore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Costeggiamo qualche villa e una vecchia fabbrica di salotti abbandonata sulla destra e, a sinistra, un frutteto esausto dal recente raccolto sotto cui becchettano diverse galline. Continuiamo, fino a incontrare un passaggio a livello che si chiude dispettoso davanti a noi: ripeterà lo scherzetto anche al ritorno. L’ossessivo belato è ora impercettibile, ma il caratteristico odore del gregge ci seguirà ancora per un po’. Attendiamo che il treno della ferrovia Sud – Est prosegua nel suo uggioso percorso e finalmente possiamo proseguire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltre il passaggio a livello, un vecchio casello ferroviario abbandonato rosseggia tra la vite inselvatichita. Una porzione del muro esterno è stata verniciata di nero e reca la scritta quasi augurale “Bari Capitale”. Oltre questo casello, la strada si inoltra in una zona che pare aperta campagna. Alla nostra destra i resti di un antico cancello proteggono un uliveto. Lungo la recinzione e sotto gli ulivi carichi, ci appaiono improvvise le bacche rosse, relitti di un passato che rotola a noi direttamente dagli anni delle elementari, quando ogni autunno ci scontravamo con i versi pascoliniani di “Sera d’ottobre”: sono le bacche della ginestrella, che a primavera inoltrata si vestiranno di fiori gialli. Un tempo, queste piante erano usate per fare scope e cesti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Strada Pezze di Sole serpeggerà ancora mollemente per diversi metri fra campi incolti e grosse antenne elettriche, con la promessa del mare che a un certo punto ci si profilerà davanti, ma non riusciremo a raggiungerlo: in un certo, imprecisato punto, la strada cambierà nome e diventerà via la Pira Giorgio, piegherà bruscamente a destra e proseguirà decisa fino agli alti palazzi della zona 45 di Japigia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma a noi non interessa andare oltre, preferiamo ripercorrere lentamente e a ritroso questo pezzo di passato, prima di tornare al nostro presente di traffico, clacson e semafori impazziti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Eva Signorile
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  • Francesco Quarto - ben fatto ricordare l'esistenza di una "strada" che ha peraltro un nome tanto evocativo ed antico. ricordo le numerose escursioni ciclistiche che ho compiuto su quella strada ormai trenta anni va con mio figlio allora bambino. ero catapoltato dal traffico di via amendola in una realtà assolutamente aliena. non voglio mitizzare i miei ricordi, ricordo benissimo le cataste di spazzatura che costeggiavano il percorso stradale. una strada da riscoprire da parte della comunità cittadina, insieme ad altre poco note (per esempio il prolungamento verso la campagna di via caldarola ... se esiste ancora!), oppure alcuni percorsi che costeggiano lame naturali o artificiali (tipo canalone). datevi da fare a promuovere e far conoscere lati sconosciuti della nostra città! FQ
  • BARINEDITA - Ci conti Francesco! E continui a leggerci!
  • Paola - Mi sa che il suo racconto é a dir poco una favola inventata...mi perdoni sono residente da 6 anni in strada pezze del sole e ho 20 anni fa acquistato lo stabilimento Brigida sanitari. Ho un'azienda dei capannoni attivi. E inoltre la ciminiera Dell oleificio che é sempre stato del dott. Rubino é attiva 5/6 mesi l'anno e si produce sansa....siamo in tanti che abitiamo in strada pezze del sole...che pou sfocia in via caldarola che é una discarica di japigia...la invito a venirmi a trovare!!!! Poi le racconto la storia delle pecorelle..


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