Bari, in giro per ''casematte'': lì dove i soldati proteggevano l'artiglieria
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giovedì 28 maggio 2015
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di Eva Signorile
La creazione delle casematte è normalmente attribuita ai tedeschi, durante la Seconda Guerra mondiale. In realtà, fu un regio decreto (quindi italiano) del 1941 a ordinarne la costruzione, per dotare le città, soprattutto quelle costiere, di un particolare sistema di avvistamento e protezione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si distinguono dai bunker perché questi ultimi sono costituiti da numerosi cunicoli e avevano sostanzialmente funzione di rifugio. Le casematte invece erano adibite alla protezione dell’artiglieria come mitragliatrici e cannoni, che potevano anche esercitare la loro funzione in caso di emergenza attraverso le finestre rettangolari presenti subito al di sotto del tetto. Le costruzioni garantivano tra l’altro una buona panoramica circostante, grazie proprio alla forma circolare dell’edificio. A seconda delle dimensioni, potevano ospitare quattro, sei oppure otto soldati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a visitare qualche casamatta barese durante un tour tematico organizzato dall’Ecomuseo urbano del Nord Barese, in collaborazione con l’Associazione Villaggio del Lavoratore ed Emergency.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il percorso inizia nei pressi di via Van Westerhout, oltre la rotatoria del quartiere San Girolamo, in direzione piscine comunali. Alla fine del ponte che solca il cosiddetto “canalone”, ci si trova sulla via che costeggia il canale deviatore: strada Arginale del Torrente Lamasinata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La prima casamatta ci appare quasi subito: si affaccia proprio sulla strada ma è quasi inavvicinabile per via delle erbacce troppo alte. La seconda è poco più in là, questa volta è a ridosso del costone del canalone, sotto il livello stradale. Raggiungerla è un’illusione: le scale di accesso allo stesso canalone risultano infatti ostruite al fondo da mucchi di rifiuti indistinti. Questa sporcizia sarà una costante di tutto il tour.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Riusciamo a entrare solo nel terzo “bunker”: qui l’accesso è effettivamente agevole, non fosse per la volta piuttosto bassa che ci costringe a piegare il capo, sia all’entrata che all’uscita, pena un bernoccolo garantito. Scopriamo un ambiente piccolo e tondeggiante, percorso tutto intorno da una mensola in muratura che si interrompe solo in prossimità dell’ingresso e davanti a un secondo ambiente. I due vani sono decisamente diversi: quello che ci ha accolti è piccolo e pulito, caratterizzato dalla presenza delle finestre che sembrano feritoie sviluppate nel senso della lunghezza. Da qui il mondo esterno si vede come fosse una foto in modalità “panorama”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il secondo ambiente è invece asfittico e buio, molto buio. Se gli organizzatori dell’evento non si fossero portati una torcia, non avremmo potuto vedere nulla. E forse sarebbe stato meglio. Sì, perché l’angusto spazio è quasi completamente soffocato da rifiuti di vario tipo che rendono i movimenti davvero difficili. Ma qui vediamo forse la cosa più interessante: il fondo del vano si apre su uno stretto corridoio che è però quasi completamente ostruito da detriti e rifiuti di vario tipo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Probabilmente, si tratta di un cunicolo che collegava questa costruzione a un’altra vicina, ma ci vorrebbe una seria opera di pulizia per esserne sicuri», ci dice Nicola De Toma, che fa parte dell’Associazione Villaggio del Lavoratore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E questo è proprio quello che stanno cercando di fare alcuni volontari che si sono riuniti sotto il nome di “Bunker hunters” (cacciatori di bunker). Tempo fa, avevamo intervistato uno dei membri di questo gruppo, Michele Gravina, che da ragazzino amava passare ore ad esplorare questi edifici e andando in giro con lui avevamo anche scoperto un inedito ipogeo oltre a storie e leggende su armi e tunnel segreti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Gli “hunters” stanno cercando di fare un’opera di censimento delle casematte di Bari: solo lungo il Canalone ne hanno contate una decina. La speranza è di riuscire a far entrare i bunker in un circuito di percorsi turistici alternativi che informino su aspetti locali ignorati dagli stessi cittadini. Ma può bastare l’opera di pochi volontari appassionati a far riemergere dalle nebbie dell’incuria questi edifici bellici che Bari sta dimenticando?
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Francesco Mazzei - Ho sempre subito un certo fascino, incontrando da piccolo queste costruzioni. Sono dei cimeli storici, è un peccato abbandonarli in questo modo! Chi se ne dovrebbe occupare, se non chi li ha istituiti, cioè lo Stato e magari l'Unione Europea, con un bel progetto che restituisca ai Luoghi della memoria il loro dignitoso decoro.
- Tommy - Salve, potrebbe indicare gli estremi precisi del "regio decreto del 1941" citato nell'articolo?