''Acrobati'': nel nuovo album di Daniele Silvestri meno ''politica'' e più delicatezza
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venerdì 11 marzo 2016
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di Marianna Colasanto
L’album del cantautore romano, composto da 18 brani inediti, esce a distanza di cinque anni del suo ultimo lavoro come solista (S.C.O.T.C.H.) e da due anni da “Il padrone della festa”, il progetto realizzato con Max Gazzè e Niccolò Fabi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il disco sembra distaccarsi molto dai lavori precedenti di Silvestri, fondati da sonorità reggae e funk, con canzoni politicamente impegnate. In questo nuovo album dobbiamo mettere da parte ogni ricordo o riferimento a canzoni come “Cohiba” o "Il latitante". I testi hanno un’impronta meno “politica”, con argomenti più legati alla quotidianità e buona parte del disco è caratterizzata da canzoni melodiche e delicate, che si succedono in un continuum interrotto solo ogni tanto da brani un po’ più “rock”, più “movimentati”. Quando questo avviene è solo “grazie” alle tante collaborazioni presenti nel disco: da Caparezza a Diodato da Bio-Boogie con la band Funky Pushertz a Diego Mancino, fino a Dellera bassista degli Afterhours.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con il rapper pugliese firma “La guerra del sale”, dalle sonorità quasi heavy metal che lasciano subito spazio ai fiati e dove Silvestri con Caparezza gioca con la parola “sale” : “Sale” chi è eletto…vorrei di “sale” un etto vedo “sale” da concerto. Deodato invece è presente in “Pochi giorni”, Bio-Boogie in “Alla fine” e Diego Mancino canta “L'orologio”. La voce di Dellera compare nei brani “Spengo la luce“ e “Un altro bicchiere”. Quest’ultimo brano racconta di chi ha fatto del bere e dell’uscire tutte le sere una filosofia di vita, senza scopo e particolari preoccupazioni per il domani. E l’arpeggio di chitarra e i fiati incalzanti sottolineano questa ripetitività.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un esempio quindi di testo fondato su situzioni più personali, più intime. Come nel brano “Il monolocale”, nel quale emerge il disagio di chi ha avuto relazioni familiari poco sane e che per questo non riesce ad aprirsi al mondo e a rifarsi una vita. Il brano si apre con un delicato arpeggio di chitarra che accompagna la parte cantata presente solo nelle prime strofe, per tutto il resto del pezzo Silvestri più che cantare, parla, con la batteria e la chitarra che scandiscono letteralmente ogni singola battuta dell’artista. Il ritmo è sincopato, incalza e s’interrompe e prosegue in modo ripetitivo per tutta la durata della canzone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche in “Tuttosport”, Silvestri più che cantare sembra che parli, riuscendo a trasmettere quell’atmosfera di indolenza e rilassatezza tipica delle cosiddette chiacchiere da bar a cui il brano si ispira. Il brano è di breve durata, il ritmo è lento e cadenzato dalle battute sui piatti della batteria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di stampo ancora più poetico è il brano che dà il titolo all’album: “Acrobati”, a cui è ispirata anche la copertina del disco. La vista da un aereo è la metafora di una relazione tra due persone nel momento in cui si è pienamente coinvolti in essa: il mondo visto dall'alto sembra perfetto e ordinato, privo di caos e imperfezioni, quando però la relazione vacilla, si tende a diventare degli acrobati, in cui gli amanti scelgono di “resistere” in equilibrio nella loro relazione o ad “insistere” scegliendo di rimanere sospesi tra le nuvole cercando di non ritornare sulla terra. La base musicale è in parte campionata con lievi sonorità elettroniche, in armonia con la batteria e le tastiera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel brano “La mia casa” c’è anche spazio per un mini affresco di città nelle quali il cantautore probabilmente ha vissuto. Qui c’è Lisbona con le sue rotaie e distante dall’idea di progresso, Marrakech raccontata attraverso la sua piazza principale che cambia colore e scenario a seconda delle ore del giorno, un ostello di Berlino “riadattato come tutto in questo splendido casino organizzato”, il sole e il vento da cui prende il nome l’isola di Favignana, la Londra di Camden Town con la gente strana e i vinili mai sentiti, la Parigi tra la Bastiglia e il Bataclan, Istanbul “magnifica e geniale” e infine la cosmopolita Roma, la città natale fatta di un’umanità estesa, assurda e variegata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per ritrovare il “vecchio” Silvestri bisogna aspettare bravi come “Quali Alibi”, il singolo con il quale è stato lanciato il disco. Qui la batteria è persistente, le rime incalzanti con un testo graffiante che punta il dito contro il malaffare della politica italiana. “Che per esempio ho conosciuto questo parlamentare/No, dice, a me che me ne frega finché è legale / passare ad una nuova appartenenza e restare/ senza neanche andare che c'ho l'influenza e mi sale”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“Acrobati” è quindi un disco in cui Silvestri si confronta con la propria maturità, cercando meno il ritmo e l’orecchiabilità a tutti i costi per far spazio a brani più introspettivi e mettendosi in gioco con nuove sonorità. Va dato atto al cantautore di non continuare a ripetere se stesso all’infinito, anche se questo disco può definirsi più che altro “di passaggio”: sono sì presenti arrangiamenti più sofisticati (che vanno dal jazz all’elettronica), ma si tratta solo di un accenno che pensiamo possa essere sviluppato in futuro. La maturità di Silvetri è appena iniziata.
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Scritto da
Marianna Colasanto
Marianna Colasanto