Western Stars, non un capolavoro ma una rivincita: quella di Springsteen sul pop
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giovedì 20 giugno 2019
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di Marco Montrone
È il 2009 quando viene dato alle stampe Working on a dream, l’album più pop di Bruce Springsteen. Un disco che sarà “rifiutato” da critica e pubblico per i suoi arrangiamenti “barocchi”, un uso esagerato degli archi e le melodie estenuanti. Un fallimento questo che a Bruce non è andato mai giù, tanto che dopo 10 anni ha deciso di riprovarci, prendendosi la sua rivincita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perché Western Stars, l’ultimo lavoro del Boss uscito lo scorso 14 giugno, è decisamente pop. Nonostante la copertina e le foto del booklet mostrino il cantante vestito da cowboy, con cavallo e chitarra country, in realtà qui di folk americano ce n'è veramente poco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le chitarre acustiche, protagoniste di The Ghost of Tom Joad e Devils and Dust, sono quasi assenti (se non in un paio di episodi), mentre a farla da padrone sono gli archi, proprio come in Working on a dream. Solo che a differenza del cd più deludente di Springsteen, in Western Stars si assiste a un “miracolo”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un miracolo di equilibrio, di compostezza, di senso della misura e soprattutto di voglia di comunicare. Qua non c’è traccia del “famigerato” Brendan O’Brien, produttore che ha portato Bruce ai confini del “commerciale”, del “radiofonico” a tutti costi. Al contrario, questo è un disco da ascoltare seduti davanti a delle buone casse per assaporare l’elegante uso orchestrale dei violini e dei fiati. In alcuni episodi non si aspetta altro che Springsteen smetta di cantare per farsi trasportare in un turbine di musica “pura”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perciò il 17esimo album di inediti del Boss può essere considerato quello più “cinematografico”, vicino quasi a un concetto di colonna sonora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche i testi, fondamentali nella produzione passata del nostro, assumono una veste di accompagnamento. Bruce non vuole spostare l’attenzione sulle parole, ma chiede all’ascoltatore di seguire le note. I brani parlano comunque di uomini solitari (l’autostoppista, il viandante, il cowboy, il camionista, lo stuntman, l’amante deluso) che paiono aver messo una pietra sopra alla possibilità di cambiar vita, vivendo con dignità la propria esistenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In definitiva Western Stars è uno dei dischi più ispirati dell’ultima produzione di Springsteen e uno dei più sinceri e coerenti di tutta la sua storia musicale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Certo, non si può parlare di capolavoro. Mancano quei pezzi in grado di rendere il disco immortale, quei picchi creativi a cui il Boss ci ha abituato nel corso del tempo. Ma è pur vero che l’album non ha punti deboli: si fatica a trovare una canzone deludente tra le 13 che lo compongono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le nostre preferite?
Due su tutte: Western Stars e Stones. La prima è un’ipnotica commistione di pop orchestrale e canto quasi blues che porta l’ascoltatore su territori “epici” da film western, appunto. La seconda è una ballata “sinfonica” che non ha una nota fuori posto, un brano che coniuga una splendida melodia ad arrangiamenti sinuosi con un’entusiasmante coda strumentale.
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