di Alessia Schiavone

Bari, la labirintica Zona Industriale: 700 fabbriche in un "quartiere" nato nel 1960
BARI - Più di 700 fabbriche sparse lungo un reticolato stradale che si dirama per ben ottanta chilometri: è la Zona Industriale di Bari, vera città nella città, con i suoi abitanti, le sue vie dagli strani nomi e i suoi problemi. L’area si estende su quasi duemila ettari di superficie a nord-ovest del capoluogo pugliese e coinvolge i comuni di Bari, Modugno e Bitonto: un labirinto di strade in cui è facilissimo perdersi, a meno che non si sia un imprenditore o un operaio. Solo se si rientra in una di queste categorie si potrà cogliere la logica, i tempi e la peculiarità dell’area.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Noi siamo andati alla scoperta di questo “quartiere”, lasciandoci trascinare dalle occasionali indicazioni stradali, dalle quasi nauseanti rotatorie e da un improvvisato itinerario (vedi foto galleria). Ma prima di raccontarvi il nostro viaggio, ci soffermiamo su un po’ di storia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La Zona Industriale inizia a prendere forma nel 1960 con gli interventi della Cassa del Mezzogiorno e con la costituzione del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale. All'epoca, il presidente del Consiglio era Aldo Moro, che decise di erogare finanziamenti per spostare le piccole e medie imprese artigianali collocate nel centro di Bari (soprattutto nel quartiere Libertà) in una parte più periferica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si decise di costruire l'insediamento industriale nella parte più alta della città (a 50-60 metri dal mare), un'area praticamente intrappolata nelle lame. Tra le prime aziende a essere trasferite ci furono Larocca, la fabbrica di lavorazione dei pomodori ubicata originariamente sull’Estramurale Capruzzi e le storiche officine Calabrese. Tra il 1961 e il 1964 fu invece la volta delle grandi imprese manifatturiere pubbliche e private come la Pignone sud (oggi Nuovo Pignone) e la Breda Fucine meridionali, giusto per citarne un paio. Mentre negli anni successivi, dal 1965 al 1975, si affermarono qui altre realtà imprenditoriali, come l'Alco-Palmera (che prese il posto della Larocca), la Bosch e la Firestone-Brema (oggi Bridgestone Firestone). 

Negli ultimi trent’anni l’area si è notevolmente ingrandita grazie al progressivo insediamento delle piccole e medie imprese e nel 1996 con l'affermazione della Getrag, l'imponente complesso metalmeccanico tedesco, ha acquisito ancora maggiore attrattività. La crisi si è sentita anche qui certo, alcune fabbriche hanno abbassato le saracinesche e diverse strutture sono ormai dismesse, ma la maggior parte delle aziende continua a rendere viva la zona, a differenza di altre aree simili ormai abbandonate, come quella di Barletta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro tour parte da viale Guglielmo Murari. Qui, a segnare l'inizio della zona industriale c'è lo storico ingresso della fabbrica Calabrese, contrassegnato da una cancellata azzurra e verde. L'azienda, che si occupava prevalentemente della produzione di rimorchi e autocarri ribaltabili, ha chiuso mestamente i battenti nel 2004. Oggi rimane solo una cooperativa di ex operai che stanno tentando di far sopravvivere, seppure in scala notevolmente ridotta, uno dei maggiori poli industriali dell’area.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un po' più avanti, sul lato opposto della strada, si distende un enorme piazzale rinchiuso in una recinzione arrugginita. «Si tratta di un vecchio parcheggio ormai in disuso: qui si teneva la grande esposizione dei camion prodotti dai Calabrese, che uno accanto all'altro aspettavano di essere spediti in qualche parte del mondo», ricorda Nicola de Toma, che fa parte dell’associazione Villaggio del Lavoratore, complesso di edifici nato proprio per ospitare gli operai della grande ex raffineria Stanic». Sullo sfondo si intravede anche il passaggio pedonale che permetteva ai dipendenti che provenivano dalla provincia di raggiungere la  stazione delle Ferrovie Appulo-Lucane, ancora oggi esistente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Continuiamo a percorrere la via per qualche centinaia di metri in direzione Modugno, costeggiando di fatto la statale 96, fino a quando scorgiamo sospesa nel cielo l'insegna a caratteri cubitali della Chimica D'Agostino, esperta nella produzione di prodotti chimici nei settori più disparati. I capannoni bianchi della fabbrica, intermezzati da maxi container cilindrici, corrono lungo un tratto di viale Guglielmo Lindemann, occupando un'area di circa 50mila metri quadri. Il contrasto con la Calabrese è evidente. Qui si sente e soprattutto si vede la vitalità dell'impresa, un andirivieni di macchine e operai che entrano ed escono dai magazzini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1988 però, proprio in questa fabbrica, ci fu un'esplosione che provocò addirittura la morte di un lavoratore, oltre a causare numerosi feriti. «Ricordo ancora la nube tossica che arrivò fino alla zona abitata - aggiunge De Toma-. Passavano con gli altoparlanti nel Villaggio del Lavoratore, ordinando a tutti di chiudere porte e finestre. La città era in tilt».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dall’altra parte della 96 si trova  la GE Oli & Gas Nuovo Pignone: l'imponente ingresso della fabbrica è fiancheggiato da una schiera di chiome verdi che sembrano paradossalmente voler rinchiudere in una cornice bucolica una delle pietre miliari della Zona Industriale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma continuiamo a percorrere via Murari. Dopo aver superato un paio di strutture dismesse, la strada prende il nome di via delle Margherite. Da questo punto in poi, non sarà l'unica strada a portar il nome di un fiore: tutta un'intera porzione della zona industriale, nei pressi di Modugno, possiede questa caratteristica. Mimose, gigli, orchidee, gladioli, petunie, rose, sono solo alcuni dei fiori che si inseguono nelle strade dell'industria, contribuendo non poco a disorientare chi le percorre. Probabilmente si voleva rendere omaggio alla campagna che un tempo abitava quei luoghi: innumerevoli furono infatti le terre espropriate ai contadini per poter  rendere produttiva l'area.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Gli immensi campi sportivi sono il biglietto da visita della prossima fabbrica: la Bridgestone-Firestone. E' una delle più grandi tra quelle finora incontrate, oggi proprietà dei giapponesi. Si occupa della produzione di pneumatici e nonostante le diverse crisi affrontate negli anni, è ancora attiva. E' accerchiata da un "filo" celeste che sembra quasi non finire e puntellata da gigantesche apparecchiature di acciaio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sull'altra parte della strada invece, giace nel nulla e affiancata da secchi cespugli una vecchia cabina rossa della fermata dell'autobus, marchiata "Bridgestone". La prima linea urbana dell'Amtab a raggiungerla fu il numero 7. Inizialmente il bus si fermava solo all'ingresso dell’ex raffineria Stanic, per poi spostare il suo capolinea davanti alla Calabrese e dopo ancora di fronte all’entrata della Firestone. Ora il bus raggiunge i nuovi insediamenti produttivi oltre la Motorizzazione, come la Bosch e la Getrag.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ci perdiamo a questo punto in un'arteria secondaria senza uscita: via dei Gigli. Riconosciamo la giovane Cesip, l'Indeco e le bombole di gas della Rivoira, ma a decorare la strada ci sono anche cartelli indicativi che invitano a rispettare l'ambiente e a non gettare rifiuti, ma sono completamente ignorati. La campagna che costeggia il viale è infatti piena zeppa di vecchi pneumatici, residui di divani e pezzi di arredamento. La sporcizia sarà una costante del nostro viaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Torniamo indietro e ci reimmettiamo su via delle Margherite. Lasciamo alle spalle lo smisurato pannello solare della Cesip e dopo aver seguito la strada ed esserci persi più volte tra le rotatorie, ci ritroviamo casualmente in via degli Oleandri. Qui sorge la “Tecnologie Diesel e sistemi frenanti” del Gruppo Bosch, la più rappresentativa fabbrica di Bari, quella con il maggior numero di occupati assieme alla Getrag e alla Magneti Marelli. Di fronte si staglia la struttura moderna colorata di grigio della Siderurgica Pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungiamo la fine della strada, dove la doppia croce di sant'Andrea ci avverte della presenza di vecchi binari che ancora tagliano l'asfalto e, dirigendoci verso destra, ci addentriamo in viale Francesco De Blasio, altro punto cardine della Zona industriale. Qui, una serie di fabbriche e capannoni, collocati ai bordi della spaziosa strada a doppio senso, si fronteggiano quasi a mo' di sfida in un’arena grigia e cupa. Andiamo sempre dritto per circa un chilometro e dopo aver superato l'ennesima rotatoria, ci immobilizziamo davanti alla regale insegna dell'Isotta Fraschini Motori. L'elegante corsivo delle lettere rompe la spigolosità e l'impostata geometria dell’area.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A interromperci subentra però il fastidioso rumore degli attrezzi da lavoro degli addetti alla manutenzione delle strade. Più volte durante il nostro tragitto abbiamo incontrato il cartello "lavori in corso" che ci ha costretti a deviare e cambiare strada. «Uno dei principali punti critici è proprio la viabilità- sottolinea Paolo Bevilacqua, presidente dell'Associazione delle imprese dell'area Asi-. Parliamo di strade dissestate o non mantenute adeguatamente, anche se bisogna ammettere che negli ultimi tempi si sta muovendo qualcosa. Alcuni lavori sono partiti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta che proseguire su viale de Blasio per circa 200 metri, per poi svoltare leggermente a destra in via delle Camelie. Presto questa strada si trasformerà in via dei Pionieri del Commercio e, con nostra sorpresa, ci ricondurrà al punto di partenza: viale Guglielmo Murari. Il nostro viaggio all’interno del quartiere più “underground” di Bari può finire qui.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • vale - la zona industriale....croce e delizia! percorro le sue strade da anni ma perdersi è sempre molto facile! nemmeno i navigatori satellitari ce la fanno! le strade più impervie, via de blasio e co, alle spalle di decathlon. le rotonde son tutte uguali, non ci sono punti di riferimento, insomma il nulla cosmico!
  • nick45 - Come operatore enel vi ho lavorato fino al 95, e ricordo che per raggiungere una cabina elettrica di una determinata fabbrica, dovevo frequentarla più volte per raggiungerla senza giri inutili. Ricordo anche nel '68, alcune fabbriche che chiudevano prima di inaugurarle, "puff" svuotate anche di macchinari. A quei tempi ed anche prima funzionava molto il "CIAPI" dove si fornavano i futuri tecnici e operai qualificati, richiesti da tutt'Italia e dall'estero.


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