di Mariavittoria Scoditti Epicoco

La storia del ''Re Artù'', quel circolo giovanile che segnò la vita culturale di Bari
BARI – Prima dell’avvento dei pub, dei centri sociali e delle sale da concerto, a Bari esisteva un luogo che tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 riuscì a catalizzare l’attenzione della maggior parte dei giovani della città. Si chiamava il “Re Artù”, ed era una sorta di circolo culturale dove, sorseggiando una birra, si poteva assistere all’esibizione di un gruppo rock, a un film, a uno spettacolo teatrale o a un seminario.

Nacque nel 1978 al civico 101 di via Isonzo ad angolo con via Baracca (nella foto ieri e oggi), nel cuore del quartiere Carrassi, per poi spostarsi nel 1980 in via Montello all’incrocio con via Carnia, sempre nello stesso rione. 

A fondare questo posto “mitico” che resterà unico nella storia del capoluogo pugliese, una decina di universitari che avevano voglia di creare un vero polo culturale giovanile in città. Tra di loro Nico Cirasola, oggi affermato regista cinematografico, l’artista Corrado Veneziano, Teresa Ludovico e Lello Tedeschi, entrambi diventati registi teatrali.

«Fu da subito un grande successo - ci dice Veneziano -. Organizzavamo mostre fotografiche, serate dedicate al teatro, concerti e divenimmo così uno dei locali “underground” più famosi del Sud. Spesso eravamo segnalati nella sezione eventi dei giornali nazionali. D’altronde all’epoca era enorme la voglia di cultura e la politica faceva parte della vita di ognuno».

Il circolo ospitò musicisti quali il batterista dei Cream Ginger Baker, la cantante di fado Amália Rodrigues o il trombonista Lou Blackburn e attori di teatro come Flavio Bucci. «Segnammo indelebilmente la vita culturale cittadina – afferma Nicola Catacchio, uno dei soci -. Nel locale si formarono tanti artisti tra i quali non si può non ricordare il tenore Donato Tota e il gruppo punk degli Skizo. D’altronde tutti i personaggi più interessanti che venivano a Bari passavano la serata da noi. Il dopo spettacolo era al Re Artù».


In via Isonzo il locale era costituito da un unico ambiente di 40 metri quadri, mentre in via Montello una scala permetteva l’ingresso in un grande scantinato composto da ben tre sale distinte. Nella prima si organizzavano concerti e spettacoli teatrali, nella seconda mostre e nella terza si trovava un bancone con dei tavolini, dove si poteva bere una pinta alla spina e mangiare un panino.

Una curiosità: nel Re Artù mossero i primi passi i comici Toti e Tata, che all’epoca si facevano chiamare Ust (United states of terronia) ed erano un trio. «Antonio Stornaiolo lavorava con noi, spillava birre e ogni tanto dava una mano al guardaroba – ricorda Catacchio -. Quando doveva esibirsi saltava giù dal bancone e saliva sul palco assieme a Emilio Solfrizzi e Vito Giaquinto». 

Tutto però finì nel 1985, quando il Re Artù chiuse i battenti. Le ragioni? Le più restringenti norme sulla sicurezza che rendevano il locale non a norma, ma anche il fatto che alcuni dei soci misero su famiglia e altri progetti, dedicando sempre meno ore al circolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Tutte motivazioni vere - confessa Veneziano -, ma c’è anche da dire che i tempi erano radicalmente cambiati: tra
tv commerciali, musica pop, abiti firmati e paninoteche, gli anni 80 portarono tanta superficialità. E così i ragazzi cominciarono a passare le serate mangiando e bevendo e Bari pian piano smise di fare cultura».


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  • Lorydana art - Spero ti sia stata utile ...ottimo articolo del mitico Re Artù...


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