di Francesco Sblendorio

Allevamenti intensivi e mancanza di mattatoi: ecco perché a Bari la carne non è più come prima
BARI – Dalla zampina all’agnello, dalle costolette di maiale alla caratteristica brasciola al ragù: a  Bari da sempre la carne è molto apprezzata e lo dimostra il fatto che in città si contino quasi cento macellerie, non considerando poi tutti i banconi dei supermercati e dei mercati rionali. Tuttavia nel tempo è cambiato radicalmente il processo che porta questo genere di cibo sulle tavole del capoluogo pugliese, che di fatto ha perso notevolmente di qualità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anni fa infatti era tutto molto semplice: c’erano degli allevatori locali che dopo aver cresciuto le proprie bestie le portavano ai mattatoi comunali (presenti in ogni singolo paese e anche a Bari), lì dove avveniva la macellazione. Il prodotto veniva così venduto in tutto il circondario, a km0 e soprattutto fresco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi è cambiato tutto. Di allevatori e pastori ne sono rimasti pochissimi, mattatoi non ce ne sono quasi più e la parola d’ordine è diventata “globalizzazione”. I soggetti della filiera si sono moltiplicati, tra allevatori, addetti alla macellazione, grossisti, responsabili della lavorazione e venditori finali e, tranne qualche rara eccezione, la maggior parte della carne proviene dall’estero o dal Nord Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il risultato è che la carne pugliese risulta oggi quasi del tutto assente sulle tavole baresi, se si eccettua una certa quantità di polli e di agnelli. «Tutto arriva prevalentemente da altri Paesi dell’Unione Europea, in primis Francia, Germania, Croazia, Polonia e Bulgaria – afferma Antonio Cassano, gestore dell’antica macelleria Manzari di corso Cavour -. Per quanto riguarda il bestiame connazionale invece, la “geografia” è questa: i prodotti bovini giungono soprattutto da Veneto e Piemonte, il pollame dall’Emilia Romagna, gli ovini da Sardegna e Lazio e i suini, in parte, dalla Basilicata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Globalizzazione che va a influire inevitabilmente sulla qualità. Per due ragioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Primo perché nella stragrande maggioranza dei casi gli animali provengono da allevamenti cosiddetti “intensivi”, nei quali i mammiferi vengono stipati in una stalla, uno accanto all’altro, con poca possibilità di pascolare e nutrirsi all’aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Secondo perché, anche nel caso in cui gli animali provengano da allevamenti “estensivi”, la macellazione avviene comunque lontano da Bari. Se prima  infatti, come detto, c’era un mattatoio comunale in ogni centro del barese, oggi queste strutture sono poche ed esclusivamente private: le troviamo a Ruvo, Palo del Colle, Conversano, Noicattaro e Toritto. Quindi soltanto una piccolissima parte della carne smerciata viene lavorata nel barese e va a coprire giusto una parte del fabbisogno dei paesi in cui i macelli si trovano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il che non è un bene – evidenzia Daniele Forte, titolare di un’azienda che si occupa della lavorazione e del confezionamento della carne -. Meglio sarebbe se la macellazione avvenisse vicino al consumatore finale, in modo che i pezzi usciti dal mattatoio facciano meno chilometri senza essere sottoposti a processi di congelamento e scongelamento, il che comporta inevitabilmente una perdita delle proprietà organolettiche e nutritive del cibo consumato».

Ma alla fine c’è un modo per comprendere se il prodotto acquistato è di qualità? Solo in parte in realtà, perché anche volendo “interrogare” il nostro beccaio, la tracciabilità ci dirà dove l’animale è nato, dove è stato allevato e dove è stato macellato, ma non se ha vissuto in una stalla con 50 o 500 animali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Un segreto però c’è – ci confida Michele, dipendente della storica macelleria Mimì di corso Sonnino -. I grossisti propongono a noi venditori al dettaglio pezzi di qualità diversa a un costo differente in base alla modalità di allevamento e al tipo di lavorazione. Quindi al compratore basta guardare il prezzo finale: se la carne è cara, è buona».


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